Nel mezzo del secondo maggio di Lucca Classica, un vero Festival con musica e musicisti che invadono e riempiono, fisicamente e di suoni, l’intera città.
Quando a Lucca si pronuncia il nome di Giacomo Puccini l’aria si smuove e la città sedentaria, genuflessa sul patrimonio medievale rinchiuso nelle sue mura, si sveglia correndo alla ricerca dei luoghi che ne ripropongono le gesta, li affolla e gli ridà respiro, vita e partecipazione emotiva. Perché Puccini è il figlio di tutti qui, è il ragazzo che se ne andò ancora ventenne a Milano per cercar fortuna e poi comprò la villa e l’auto fuoriserie dopo avere invaso i teatri di tutto il mondo con la sua musica.
Così, all’annuncio del ritrovamento di 48 pagine autografe di suoi lavori per organo, Lucca sé trovata smossa da una voglia incontrastabile di dare suono a quegli abbozzi, schizzi e appunti che il diciassettenne Giacomo consegnava al suo sarto porcarese perché venissero suonati nella Chiesa di San Giusto a Porcari a sette o otto chilometri da lì.
Coinvolto il Centro Studi Giacomo Puccini nella sistemazione e ricostruzione delle pagine arrivate in ordine sparso con un’email da Boston, le 25 composizioni prendono forma e si fanno per la prima volta corpus musicale nell’esecuzione di Liuwe Tammiga, venerdì 5 maggio 2017 nella Chiesa di S. Pietro Somaldi in Lucca, suonate sullo stesso organo dove un secolo prima metteva le mani il giovane Giacomo, allora organista.
Sul corpus confuso e multiforme c’è poco da dire. Scritti giovanili di un autore che, a intuir da quello, ben difficilmente avrebbero lasciato intendere il potenziale di lì a poco espresso.
Sonate e Versetti, Marcette e Valzer, in cui l’allegria dell’adolescenza e i richiami delle passioni musicali del tempo emergono con la prepotenza che solo a quell’età si possiede. Così le composizioni, eseguite probabilmente in condizioni dello strumento non perfette, si susseguono senza il fil rouge che ci si sarebbe potuti aspettare. Il senso liturgico, mistico, è completamente sovvertito dall’emergenza dell’occasione. Forse all’uscita di Messa, forse a un battesimo o a una cresima, il pensiero di Giacomo pare sempre rivolto a ciò che accade e mai alla sacralità delle funzioni. È l’organo che non t’aspetti quello che ascolti in S. Pietro Somaldi, è l’organo di un giovane che vive di suggestioni viennesi e di passioni e ritmi incalzanti. Con ingenuità imbarazzanti e qualche spunto interessante.
Bello da scoprire nella sua estrema semplicità, nell’ostentazione dell’immenso desiderio di lasciare i confini della sua bellissima, ma buia, Lucca per affacciarsi sulle rive danubiane, dove gli Strauss facevan danzare gli angeli, o sulle Americhe più esotiche dove Carlo Gomes, nel suo Guarany, rivendicava i diritti degli indiani in lotta coi conquistatori europei.
David Toschi