Sir John Falstaff | Giulio Mastrototaro |
Mrs Ford | Gilda Fiume |
Mr Ford | Marco Ciaponi |
Mr Slender | Michele Patti |
Mrs Slender | Laura Verrecchia |
Bardolf | Romano Dal Zovo |
Betty | Eleonora Bellocci |
Direttore | Francesco Ommassini |
Regia e costumi | Paolo Valerio |
Assistente alla regia | Giulia Bonghi |
Scene e projection design | Ezio Antonelli |
Assistenti a scene e projection design | Matteo Semprini, Livio Savini |
Luci | Claudio Schmid |
Responsabile movimenti mimici | Daniela Schiavone |
Maestro del Coro | Roberto Gabbiani |
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona |
Correva l’anno 1975: dopo un lungo restauro il Teatro Filarmonico veniva finalmente riaperto al pubblico. L’inaugurazione della sala ricostruita veniva affidata a un titolo proveniente dal catalogo del “genius loci” Antonio Salieri (nativo per verità di Legnago, non di Verona) di cui allora si celebravano i 150 anni dalla scomparsa: Falstaff ossia Le tre burle su libretto di Carlo Prospero Defranceschi, primo adattamento in lingua italiana de Le allegre comare di Windsor di Shakespare. Cinquant’anni dopo, per celebrare il 200° anniversario della morte del suo autore, lo stesso titolo torna ad inaugurare la Stagione Lirica 2025 nell’edizione critica curata da Elena Biggi Parodi edita da Casa Ricordi.
Tutte le volte che vengono riproposte opere di Salieri c’è sempre il mal costume di confrontarle con quelle di Mozart, per individuare i limiti delle prime ed esaltare i pregi delle seconde. A primo ascolto è infatti inevitabile associare alcuni brani di Falstaff ad altri analoghi della produzione del salisburghese, specialmente a Così fan tutte: le due comari civettano come Fiordiligi e Dorabella, mentre la gelosia di Ford richiama quella del disilluso Ferrando. Spezzando una lancia a favore di Salieri, citare altri compositori (o fargli il verso) era una costante della produzione operistica di fine Settecento, come testimonia la celebre scena del banchetto di Don Giovanni.
Come se non bastasse, nel caso di Falstaff c’è una seconda ed ingombrante pietra di paragone, quella dell’omonima e ultima opera verdiana. Rispetto all'originale e al libretto boitiano, Defranceschi sfronda molti personaggi e incentra la trama, come suggerisce il titolo, sulle tre burle subite dal protagonista (il tuffo nel Tamigi e le percosse subite vestito prima da vecchia e poi da cervo). Ad una lettura più approfondita è tuttavia evidente che Boito conoscesse il testo di Defranceschi a tal punto da citarlo esplicitamente o richiamarne alcune situazioni: tanto per citarne una, il finale primo di Salieri si apre con Falstaff che esclama esultante “Bricconcella! Alfin t’ho colta”.
Senza indugiare ulteriormente in confronti musicali e letterari, il Falstaff di Salieri si rivela un’opera non priva di fascino e interesse, non solo per la bellezza di certi numeri musicali (dei quali segnalo la Sinfonia, il quartetto “Oh quanto vogliam ridere” e le arie di Ford), ma anche per essere in qualche maniera il testamento dell’opera comica del Diciottesimo secolo, redatto da un compositore conscio non solo del proprio valore ma anche dei meriti dei colleghi e dei maestri che gli hanno insegnato e additato la via.
La compagine musicale scelta per questo revival è stata fortunatamente in grado di cogliere il valore della partitura e di renderle appieno giustizia. Gran parte del merito va a Francesco Ommassini la cui direzione procede con leggiadro garbo, rispondendo alle esigenze dei solisti ed evidenziando la familiarità e il buon lavoro svolto con l’Orchestra di Fondazione Arena, molto a suo agio anche in un repertorio poco esplorato e lontano dalle usuali coordinate musicali come questo.
Nei panni del protagonista, Giulio Mastrototaro tratteggia un libertino tronfio, affettato ed irresistibile: il suo Falstaff convince non solo per la disinvoltura scenica ma anche per la robustezza e sonorità della voce che regge per tutta la durata dell’opera.
Brilla al suo fianco la Mrs Ford di Gilda Fiume, matronale e seduttiva al punto giusto, versatile inoltre dal punto di vista linguistico: al suo personaggio è infatti riservata un’aria in tedesco, interpretata con gusto e intelligenza. Non le è da meno il geloso consorte interpretato da Marco Ciaponi, che cesella le bellissime arie riservate a Ford grazie alla linea vocale immacolata con la quale si lancia in colorature fluide e sonore.
Molto bene anche la coppia dei coniugi Slender. La voce calda e pastosa di Laura Verrecchia si amalgama bene a quella della collega Fiume nei molti numeri che le vedono cantare insieme, oltre ad emergere nell’aria “Vendetta, sì, vendetta!”. Tanto bisbetica lei, quanto indolente lui: Michele Patti è uno Slender pacato e ottimista, anch’esso civettuolo nel commentare le smanie gelose di Ford e nell’immaginarsi i vani assalti di Falstaff alla moglie nell’aria “Venga pure il cavaliere”.
Completano il cast lo stentoreo Bardolf di Romano Dal Zovo e la squisita Betty di Eleonora Bellocci, entrambi capaci di farsi valere nonostante l’esiguità delle loro parti.
Nei brevi interventi riservatigli, si impone anche la prestazione offerta dal Coro di Fondazione Arena, preparato da Roberto Gabbiani.
Venendo all’allestimento, Paolo Valerio torna a firmare la regia di un adattamento operistico shakesperiano dopo l’Amleto di Faccio di due stagioni fa, e trova in quest’opera pane per i suoi denti: a parte qualche piccola gag di troppo, lo spettacolo si rivela davvero godibile e divertente, grazie anche ai solisti che riescono nel non facile intento di non trasformare i loro personaggi in caricature.
L’opera scorre senza intoppi grazie alle funzionali e girevoli scene di Ezio Antonelli, autore anche delle proiezioni, alcune delle quali molto suggestive: queste, e i costumi firmati dallo stesso regista, ambientano l’opera non nella Windsor di Enrico IV ma nella Venezia di fine Settecento, facendo di Falstaff una parodia di Casanova.
Positivo anche l’apporto dei numerosi mimi impegnati in scena, i cui movimenti sono stati curati da Daniela Schiavone.
Nonostante la rarità del titolo, il pubblico accorso a quest’inaugurazione di stagione era davvero numeroso. Gli spettatori presenti, divertiti e soddisfatti dal buon livello esecutivo dello spettacolo, hanno decretato un successo caloroso agli interpreti, tributando consensi più calorosi a Ciaponi, Fiume, Mastrototaro, direttore e regista.
La Stagione Lirica del Filarmonico non poteva aprirsi più felicemente se non con scommessa vinta, e con una bella rivincita per Salieri.
La recensione si riferisce alla recita di domenica 19 gennaio 2025.
Martino Pinali