Direttore | Marco Seco |
Pianoforte | Alexander Melnikov |
Programma | |
Wolfgang Amadeus Mozart | Concerto per pianoforte e orchestra n.17 in sol maggiore |
Wolfgang Amadeus Mozart | Sinfonia n.35 in re maggiore "Haffner" |
Wolfgang Amadeus Mozart | Sinfonia n.40 in re maggiore |
Orchestra LaFil Filarmonica di Milano | |
Nato l’anno scorso, il Festival di Trieste-Il faro della musica organizzato in primis dalla Società dei Concerti è approdato alla seconda edizione con un programma raffinato e interessante che coinvolgerà il capoluogo regionale per quasi due settimane.
Trieste, ormai diventata – piaccia o meno, a chi scrive non piace – città turistica ha bisogno anche di manifestazioni di livello per attrarre visitatori e, in questo senso, il Festival va ad arricchire l’offerta culturale perché oltre ai concerti tradizionali include attività didattiche per i giovani, laboratori e interviste ai protagonisti, anche all’aperto.
All’inizio l’avvocato Piero Lugnani, Presidente dell’associazione, ha fatto gli onori di casa con un breve discorso di ringraziamento a tutti coloro che contribuiscono a tenere viva la manifestazione.
A questo punto è necessaria una premessa: il concerto ha avuto un grande successo e il pubblico era numeroso anche se non straripante. Molti giovani, parecchi stranieri, quindi si potrebbe dire mission accomplished se non fosse che gli esiti artistici – che dovranno pur contare, nel contesto – sono stati interlocutori.
Il vernissage di ieri sera, che si è svolto al Teatro Verdi di Trieste, prevedeva un programma tutto dedicato a Mozart.
Si è iniziato con il Concerto per pianoforte e orchestra n.17 in sol maggiore, affidato alle mani esperte del pianista Alexander Melnikov e all’orchestra LaFil Filarmonica di Milano guidata da Marco Seco, Direttore artistico della compagine e della Società dei concerti stessa.
Il brano è caratterizzato da un intenso dialogo tra solista e orchestra – i legni in particolare – e ha un respiro quasi sinfonico. Se Melnikov, con il suo stile un po’ ingessato e lezioso, poi confermato nel bis, ha complessivamente assolto il suo compito altrettanto non si può dire della parte che riguarda l’orchestra.
Marco Seco ha pensato più che altro alla gestione ritmica e la mancanza di un ampio ventaglio di dinamiche ha tolto brillantezza all’esecuzione. Di là di qualche veniale imperfezione, che nella musica dal vivo è quasi scontata, sono mancate fluidità, brio e leggerezza.
Discutibile la scelta di riprendere con la “Haffner” subito dopo, costringendo il pubblico ad aspettare in un ambiente caldissimo che si spostasse il pianoforte. Immagino che ci saranno stati motivi validi ma personalmente avrei preferito l’intervallo, anche perché poi nella seconda parte il programma prevedeva la Sinfonia n.40 che si esaurisce in mezz’ora scarsa di musica.
Per quanto riguarda le sinfonie vale il discorso fatto in precedenza per il concerto, nel senso che le esecuzioni sono sembrate scolastiche, prive di un’identità e impoverite nelle dinamiche che – almeno dalla mia posizione – sono risuonate piatte.
C’è da segnalare comunque anche qualcosa di positivo e cioè l’entusiasmo e il vigore che si percepivano nei giovani dell’orchestra e nello stesso Seco, che sicuramente avranno modo di portare le loro prestazioni a un livello più alto nelle prossime occasioni. Inoltre, e non è certo da sottovalutare perché probabilmente è la circostanza più importante, la positiva risposta del pubblico.
La recensione si riferisce alla serata del 7 settembre 2024
Paolo Bullo