Pianoforte | Yulianna Avdeeva |
Programma | |
Fryderyk Chopin | Polacca-Fantasia in la bem. magg. op. 61 |
Barcarola op. 60 | |
Preludio in do diesis min. op. 45 | |
Scherzo n. 3 in do diesis min. op. 39 | |
Andante spianato et Grande Polonaise brillante op. 22 | |
Sergej Prokof'ev | Sonata per pianoforte n. 8 in si bem. magg. op. 84 |
Il cartellone dello Stresa Festival, giunto alla 63a edizione, si presenta ricco, interessante e vario, e con un doveroso omaggio anche alla musica pianistica. Oltre al Quarto concerto di Beethoven con Schiff (sostituito poi da Seong-Jin Cho), spicca nella programmazione il recital solistico di Yulianna Avdeeva, tenutosi lo scorso 25 agosto presso la Stresa Festival Hall.
Com’è noto la pianista russa ha vinto la sedicesima edizione del concorso “Chopin” di Varsavia, nel 2010. Un vittoria che ha suscitato diverse contestazioni anche in considerazione della presenza di diretti concorrenti da qualcuno giudicati forse più meritevoli (si pensi che al terzo posto si piazzò un certo Daniil Trifonov….).
Ma, polemiche a parte, chi scrive ha avuto modo di ascoltare ripetutamente le prove della vincitrice, ricavandone la convinzione che non si sia certo trattato di una vittoria usurpata. Le doti musicali, tecniche, e l’ammirevole equilibrio della pianista russa ne fanno tutt’ora un’artista di rilievo, come testimoniato anche dal prestigio delle istituzioni presso le quali essa viene regolarmente invitata.
Il programma di questa serata si articolava in una prima parte dedicata interamente a Chopin, con una sorta di viaggio a ritroso nella produzione del genio polacco, e in una seconda parte dedicata a Prokofiev. La pianista russa ha dato prova di essere nel complesso un’eccellente interprete chopiniana, benchè la partenza sia stata un po’ a freddo, con qualche difficoltà a rendere al meglio la complessa poetica della Polacca-Fantasia op. 61. Meglio la Barcarola op. 60, ma soprattutto gli altri pezzi (Preludio op. 45, Scherzo op. 39, Andante spianato e Grande Polacca op. 22). Il Preludio, composizione non facile da interpretare per via della sua mutevolezza armonica, è stato reso con una sonorità adeguata ma senza indugiare troppo sui colori “lunari”, e quindi senza indebiti appesantimenti. Notevole il virtuosistico passaggio a doppie note che precede la coda. Molto bello il Terzo Scherzo: dovendo scegliere tra le concitate sezioni iniziali e il corale che funge da secondo tema, si darà prevalenza a quest’ultimo, per via dell’abilità della pianista nel riprodurre piani sonori completamente differenti (tra corale vero e proprio e scintillante cascata di notine). Ottima anche la coda, sciorinata ad una velocità non eccessiva, e ben disegnata quindi in tutta la potenza delle sue figurazioni ascendenti e discendenti. Stesso discorso, infine, per l’op. 22. A fronte di un Andante spianato forse un po’ troppo spinto sull’acceleratore, si è stagliata un Polacca vigorosa, dai contorni netti, piena di spirito cavalleresco e ben risolta virtuosisticamente. Anche qui però la parola virtuosismo ha poco a che vedere con lo sfoggio di velocità. Si tratta invece di un superiore controllo che consente di restituire nella sua pienezza la nobiltà dei temi e l’ornamentazione mai solo decorativa di cui è intessuto il brano. Spia di questo lodevole atteggiamente è stata, ancora una volta, la coda del brano: la pianista ha impostato un limite di velocità ritenuto ideale per rendere al meglio il vigore della pagina, concedendo solo qualche ragionevole fuoco d’artificio negli arpeggi finali, pensati d’altronde per chiamare l’applauso del pubblico.
Nella seconda parte l’Ottava Sonata di Prokofiev è stata ancora più sorprendente. E’ ragionevole pensare (e in sala da concerto si avverte talvolta in modo palese) che un vincitore del premio Chopin si senta sempre “messo alla prova”, anche dopo aver eseguito quei brani centinaia di volte. Aggiungiamo che Chopin è un compositore particolarissimo, la cui personale cifra stilistica richiede sempre un’adesione totale e senza compromessi a quella poetica. In Prokofiev la pianista è sembrata ancora più libera di esprimere il proprio potenziale, dando vita ad un’esecuzione efficacissima più per le sonorità restituite e l’idea generale del brano, che per il virtuosismo richiesto (pur ingente). Non siamo certo di fronte all’autenticità storica di un Richter, né allo spolvero virtuosistico di un Kissin o di un Bronfman, eppure le misteriose sonorità del primo movimento, l’arcaica leggiadrìa del secondo, e la visionarità rapsodica del terzo sono state sempre ben inquadrate dell’interprete.
In definitiva Yulianna Avdeeva è una pianista notevole, completa, sempre ben preparata, razionale ma anche dotata di un giusto temperamento. La caratteristica principale del suo stile, come è emerso dalla descrizione della sua performance, è una certa plasticità nel riprodurre il discorso musicale, sempre ben definito nei suoi contorni ma senza apparire monumentale. A ciò devono aggiungersi un suono sempre pulito e mai casuale nella sua intensità e nei rapporti con ciò che precede e segue nella logica del pezzo. Infine si segnalano una ottima abilità nel realizzare piani sonori diversi ma coesistenti, e una tendenza (peraltro mai troppo accentuata) a evidenziare le voci interne di accordi o di passaggi contrappuntistici.
Una pianista, in conclusione, in grado di scrollarsi di dosso l’etichetta di vincitrice del prestigioso concorso, emergendo con la forza di una personalità più che mai matura. Soddisfatto il pubblico in sala, abbastanza numeroso nonostante il caldo umido della giornata, e plaudente anche nei due bis chopiniani gentilmente concessi dall’artista.
La recensione si riferisce al concerto del 25 agosto 2024.
Lorenzo Cannistrà