Violinista | Sergey Khachatryan |
Direttore | Chung Myung-whun |
PROGRAMMA | |
Johannes Brahms | Concerto per violino e orchestra in re maggiore |
Ludwig van Beethoven | Settima Sinfonia |
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia | |
Sempre più esile ma interiormente infuocato, il direttore sudcoreano dipana con un gesto flessuoso e senza troppi movimenti l’inizio monumentale del Concerto per violino e orchestra in re maggiore di Johannes Brahms, opera in continuità con il concerto beethoveniano. Le onde musicali scorrono con quella morbidezza tipicamente brahmsiana ed una luce crepuscolare che ne è la caratteristica, finchè il violinista armeno Sergey Khachatryan “entra” e stupisce per la luminosità del suono in armonia con l’orchestra dalla sensibilità lirica che lo accompagna dietro al gesto del direttore. Questo primo movimento del concerto, dalla bellezza chiaroscurata, dopo la cadenza finale eseguita con tranquillo virtuosismo, suscita una emozione palpabile nel pubblico che inusualmente applaude.
Il secondo movimento “Adagio” con l’incipit dolcissimo dell’oboe rimanda ad una certa atmosfera celestiale che il violinista morbido e vellutato incarna alla perfezione. E’ una melodia breve ma infinita suonata con l’anima e un sottinteso gemito da parte di un virtuoso sensibilissimo che lascia attoniti per l’incanto che sa sprigionare. Chung Myung-whun, finora pacato, si scatena nel terzo movimento “Allegro giocoso ma non troppo vivace”. In verità il ritmo è quanto mai sostenuto, il direttore padroneggia una orchestra duttile con una vivacità splendente. Chung si lancia, accentua, preme, incalza e lui, il violinista, capace di sobrietà e di poesia, ora risponde con fuoco, ma non gigioneggia: ha la musica dentro di sé, sa andare insieme al direttore. Una lezione di come si possa far musica in concordia.
Nella seconda parte della serata, Chung affronta il ritmo della Settima Sinfonia di Beethoven. Tutto è moto, vibrazione fin dal primo tempo, lunghissimo sino allo spasimo. Chung sostiene con fermezza l’orchestra che passa dal primo tempo “Vivace” al celebre Allegretto : ma il direttore non esaspera il tono malinconico, bensì si concentra sul lirismo cantabile sopra il ritmo sostenuto ma pacato, si direbbe di una luce tiepida, che poi ha bisogno del Presto per risvegliarsi e scatenarsi in quell’Allegro con brio finale che è un vortice cosmico. Chung fa esplodere l’orchestra in una danza universale, un ritmo che forse prelude al secondo movimento della Nona Sinfonia e che è tumultuoso, bello, affascinante e si direbbe scioccante per il pubblico. Successo pieno.
La recensione si riferisce al concerto dell'11 gennaio 2025
Mario Dal Bello