Violoncello | Andrei Ioniță |
Direttore | Manfrd Honeck |
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia | |
Programma | |
Johann Strauss II | Una notte a Venezia - ouverture |
Una gita in treno - polka veloce | |
Voci di orimavera - valzer | |
Camille Saint-Saëns | Concerto per violoncello n.1 |
Dmítrij Šostakóvič | Sinfonia n.5 |
Una leggerezza spumeggiante sfavilla nei tre brani del grande musicista della Vienna Belle Époque, cioè Johann Strauss II, “il re del valzer”: Una notte a Venezia, ouverture; la polka Una gita in treno e il valzer celeberrimo Voci di primavera che Brahms si doleva di non aver composto lui tanto è bello e aristocratico. Manfred Honeck, viennese, è uno di quei direttori che hanno la musicalità innata, e non lo dimostra con la platealità, ma con i gesti giusti: accarezzando, sollevando, facendo brillare gli strumentini e gli archi poi, di una levità rara a sentirsi che è tipica della grande scuola ceciliana. Qualcosa di aereo, serenamente riposante e di gran classe.
Il primo Concerto per violoncello e orchestra di Camille Saint-Saens è calmo, avvolgente in un unico grande tempo che passa da scoppi a languori a dolcezze melodiose iniziando con quella "cascatella" di note discendenti che è come un rivolo fresco variato poi e riproposto tra i colori di una orchestra che il gesto sicuro del direttore attenua per non "coprire" il violoncello meraviglioso del trentunenne artista rumeno, al suo debutto a Roma. Andrei Ioniță suona con una bravura disarmante, cesella morbidezze e vortici concentrati e fa uscire un suono pulito, un fraseggio chiaro e un virtuosismo che trascina il pubblico al quale concede due bis.
Quando poi si chiude con l’immensa, travagliata Sinfonia n. 5 di Sostakovic, scomparso 50 anni fa, è il trionfo dell’orchestra in ogni sezione fin dal primo tempo con i violini primi in una breve melodia acutissima e lancinante per poi dirigersi verso zone lunari, anche contemplative - il preciso e dolce primo violino Carlo Maria Parazzoli - e chiudere con una sorta di ironica e grottesca marcia trionfale che ricorda certi volti del pittore Grosz e un sussulto orchestrale violentissimo, universale che nel 1938 dice anche un cataclisma in arrivo.
Honeck fa quasi spremere l’orchestra con gesti ampi e chiarissimi eppure mai superflui, così che l’uragano sonoro di questa sinfonia cangiante, beffarda, triste, ambigua e insieme dolcissima, conquista il pubblico trascinandolo nel vortice finale. Grande successo.
La recensione si riferisce al concerto del 25 gennaio 2025.
Mario Dal Bello