Turandot | Ewa Vesin |
Calaf | Angelo Villari |
Liù | Jessica Nuccio |
Timur | Jerzy Butryn |
Ping | Alessio Arduini |
Pong/Principe di Persia | Matteo Mezzaro |
Pang | Blagoj Nacoski |
Mandarino | Luciano Roberti |
Altoum | Cristiano Olivieri |
Prima ancella | Cecilia Galbo |
Seconda ancella | Maria Luisa Aleccia |
Direttore | Carlo Goldstein |
Regia | Alessandro Talevi |
Regista assistente | Anna Maria Bruzzese |
Scene e costumi | Anna Bonomelli |
Luci | Marco Giusti |
Maestro d'armi | Ran Arthur Braun |
Assistente ai costumi | Angelica Forni |
Maestro del Coro e Coro voci bianche | Salvatore Punturo |
Coro, Coro di voci bianche e Orchestra del Teatro Massimo di Palermo | |
Nuovo allestimento del Teatro Massimo di Palermo |
Una principessa ferma sulla decisione di non rinnovare lo strazio della sua antenata, che ha vissuto nella convinzione che la speranza “delude sempre” ma che finirà “vinta da un tormento che non sapeva”. La Turandot di Ewa Vesin, protagonista del cast alternativo dell’omonima opera andata in scena al Teatro Massimo di Palermo (qui la recensione della Prima), non è una principessa di ghiaccio, ma è una donna che soffre, che racconta con accoramento il passato dell’ava Lo-u-Ling di cui conserva nel cuore il ricordo e nella quale si identifica. Il suo dolore si evince nell’aria, ma cresce man mano che gli enigmi vengono risolti e culmina nel momento in cui implora il padre di non consegnarla allo straniero.
La Vesin padroneggia l’impervio ruolo, la voce è tagliente, ma trova anche cantabilità in alcune frasi, rendendo il personaggio psicologicamente più complesso. Il soprano affronta con comodità anche il finale composto da Franco Alfano (in quest’occasione eseguito nella sua prima versione integrale): la principessa prova a resistere al sentimento che aveva sempre rifiutato, ma finirà per sciogliersi e riconoscere l’amore come il potere più forte.
Accanto a lei l’energico Calaf di Angelo Villari, tenore dalla voce calda ma squillante, assolutamente a suo agio nel ruolo del principe ignoto. Il tenore siciliano è sempre generoso nell’esposizione e disegna un personaggio assai determinato nella sua ostinazione, ma con cenni di dolcezza, durante la sua prima aria, quando si rivolge alla povera Liù.
A vestire i panni della giovane schiava il soprano palermitano Jessica Nuccio: la sua Liù è dolce e ingenua, lascia trasparire la semplicità dell’amore puro.Il soprano si destreggia agilmente nel ruolo ed emoziona, come aveva già fatto ne La traviata dell’anno scorso, nell’eseguire alcuni passaggi in pianissimo. Sussurra il “mi hai sorriso” del primo atto e prosegue su questa strada nella devota preghiera a Calaf, “Signore, ascolta!”. Al suo fianco Timur è Jerzy Butryn, basso polacco dall’ottima pronuncia e buona proiezione del suono.
La tensione mortale che domina sulla vicenda - anche visivamente sulla scena, dove non mancano teschi e mani insanguinate - fa sì che il terzetto delle maschere (Ping è Alessio Arduini, Pong è Matteo Mezzaro e Pang è Blagoj Nacoski) lasci emergere il suo lato cinico più che quello comico, presentandosi, in modo esaustivo, come esecutore dello spietato potere di Turandot. Alla corte della principessa sono legati il preciso Luciano Roberti, nel ruolo del Mandarino, e Cristiano Olivieri, nel ruolo del vecchio e angosciato imperatore Altoum. Completano il cast Cecilia Galbo (prima ancella) e Maria Luisa Aleccia (seconda ancella) che, insieme al Coro e al Coro di Voci Bianche del Teatro Massimo, entrambi ben preparati da Salvatore Punturo, costituiscono la massa sottomessa al potere folle della principessa.
A tenere le redini della serata è Carlo Goldstein, alla guida dell’Orchestra del Teatro Massimo: il direttore sceglie talvolta tempi un po’ troppo affrettati (creando qualche imprecisione nel coro iniziale e nel terzetto che apre il secondo atto) e volumi eccessivi (ad esempio, tende a coprire il coro durante il finale dell’opera); nel complesso, comunque, lascia emergere la drammaticità e la maestosità della partitura ottenendo uno spettacolo, complice anche un allestimento, curato da Alessandro Talevi, rispettoso del libretto ma focalizzato proprio sulla psicologia della protagonista, che riscuote grande successo fra il pubblico in sala.
La recensione si riferisce alla recita del 26 settembre 2024.
Federica Faldetta