Ferrando | Ryan Speedo Green |
Ines | Briana Hunter |
Leonora | Angela Meade |
Conte di Luna | Igor Golovatenko |
Manrico | Arturo Chacón-Cruz |
Azucena | Olesya Petrova |
Vecchia zingara | Ned Hanlon |
Messaggero | Jeremy Little |
Ruiz | Daniel O’Hearn |
Direttore | Daniele Callegari |
Regia | David McVicar |
Scene | Charles Edwards |
Costumi | Brigitte Reiffenstuel |
Luci | Jennifer Tipton |
Coreografie | Leah Hausman |
Direttore della ripresa dello spettacolo | Paula Williams |
Maestro del Coro | Tilman Michael |
Metropolitan Opera Orchestra | |
Metropolitan Opera Chorus |
Il trovatore è opera fatta di passioni estreme ed esagerate, che diventano credibili solo grazie al genio di Verdi, capace di dare profondità e plausibilità a ogni personaggio. Senza il tocco del compositore di Busseto, chi riuscirebbe a prendere sul serio una frase come “ivi opimi la gloria e l’onor”? Eppure, nonostante la trama e il libretto siano notoriamente difficili da seguire ad un primo ascolto, durante quest’opera si comprende sempre chiaramente ciò che ogni personaggio desidera in ogni scena. A Novembre, il pubblico del revival del Trovatore al Metropolitan di New York, infatti, ha colto senza difficoltà le intenzioni dei protagonisti, apprezzando la splendida voce di Arturo Chacón-Cruz, al suo debutto newyorkese, chiamato all’ultimo momento per sostituire Michael Fabiano, indisposto. La serata è riuscita brillantemente anche grazie alla sua performance e alla straordinaria Azucena di Olesya Petrova.
L’allestimento di David McVicar del 2009 mantiene l’azione in Spagna ma la sposta durante la guerra d’indipendenza spagnola (1808 -1814). In scena, i soldati napoleonici, guidati dal Conte di Luna, affrontano i guerriglieri indipendentisti, tra cui si schierano Manrico e i gitani. Questa scelta dà senso al fatto che i gitani si mobilitino contro un esercito regolare, considerando che il termine stesso "guerriglia" è nato proprio in riferimento al conflitto spagnolo. L'ombra cupa della devastazione bellica permea l'intera opera, con una messa in scena ispirata alle pitture protoespressioniste di Goya, richiamate anche dalle figure urlanti dipinte sul sipario.
Le scene di Charles Edwards, pur mancando forse del fascino di altri allestimenti di McVicar, sfruttano efficacemente il palcoscenico rotante e un imponente muro moresco, alto e diroccato, per dar vita alle diverse situazioni teatrali. Sullo sfondo, grandi crocifissi stilizzati incombono immobili per tutta la durata dell'azione, generando un'atmosfera inquietante. Curatissimi e di grande valore estetico erano i costumi di Brigitte Reiffenstuel, che hanno anche aiutato a collocare storicamente l’azione.
Alla guida dell’orchestra del Met, Daniele Callegari ha dimostrato un buon senso dei tempi teatrali e abilità nel bilanciare voci e orchestra in ogni momento dell’opera.
La protagonista della serata è stata sicuramente Olesya Petrova nei panni di Azucena. La Petrova, che la scorsa stagione era Ulrica nel Ballo in maschera, si dimostra una grande interprete delle parti da contralto un po’ allucinato. La voce è omogenea in tutto il registro, con degli acuti dallo spessore impressionante e un uso espressivo della voce di petto. Tuttavia, a rendere memorabile la sua interpretazione è stata una straordinaria presenza scenica, capace di generare un’intensa carica drammatica in ogni istante in cui era sul palco. Le note basse del “Sul capo mio le chiome” hanno fatto venire i brividi a tutto il pubblico.
Per questa serata era previsto Michael Fabiano nel ruolo di Manrico, ma già nella recita di domenica 17 novembre il tenore del New Jersey aveva dovuto abbandonare dopo i primi due atti per motivi di salute. Anche in questa occasione ha dato forfait all’ultimo minuto per gli stessi problemi, venendo nuovamente sostituito da Arturo Chacón-Cruz, al suo debutto al Metropolitan. Nonostante l’improvvisa sostituzione, il tenore messicano è apparso perfettamente a suo agio sul palco, e anzi si è distinto come uno dei protagonisti più espressivi della serata. Se Fabiano (che avevo già sentito al Met in Carmen) ha una voce da vero tenore drammatico ed una presenza scenica imponente, Chacón-Cruz invece ha la voce e il fisico del tenore lirico, con acuti facili e squillanti, ed un fraseggio tutto italiano. Chacón-Cruz ha reso “Ah sì ben mio” con una bellissima linea vocale ricca di accenti, mentre la “pira” (con tutti i Do di tradizione ma senza il da capo) era di una vivacità trascinante. Questo tenore ha tutte le carte in regola per diventare un habitué dei cast del Metropolitan.
Igor Golovatenko ha dato una buona prova, rendendo un Conte di Luna tenace e convinto. La voce non bellissima è compensata da un bel fraseggio e da acuti ben emessi, da baritono lirico. Meno convincente invece era la Leonora di Angela Meade, che nonostante gli acuti ancora buoni, mi è sembrata poco convincente sia scenicamente che musicalmente. Non fluida nei movimenti e nell’espressività, durante la serata sembrava essere spesso fuori posto in scena.
Tra i personaggi di contorno, mi ha stupito il Ruiz di Daniel O’Hearn, che è membro del Lindemann Young Artist Development Program (il programma per i giovani talenti del Met). Questo tenore dalla voce bella e squillante è già ad un passo dal prendere il posto di Manrico. Speriamo di poterlo sentire in futuro in qualche parte meno risicata.
Tra gli altri elementi del cast, c’era il turbolento Ryan Speedo Green come Ferrando, la brava Briana Hunter come Ines e il messaggero interpretato da Jeremy Little. Quest’ultima parte mi ha fatto notare una cosa curiosa: Verdi voleva ridurre al minimo gli interventi del comprimario, per cui, alla domanda di Manrico, egli risponde dicendo di leggersi il messaggio da solo (“Risponda il foglio che reco a te”), seguito più tardi da un telegrafico “corro”, ed ecco che la parte può adattarsi a qualsiasi corista.
È stato un piacere constatare che il pubblico della serata ha gremito la sala, accogliendo gli interpreti con applausi convinti e la solita standing ovation. Questo fa ben sperare sul futuro del Metropolitan che sta ancora faticosamente cercando di ritornare ai livelli di pubblico precedenti la pandemia.
La recensione si riferisce alla recita del 22 novembre 2024
Francesco Zanibellato