Il Principe | Adam Smith |
La Principessa straniera | Ekaterina Gubanova |
Rusalka, ninfa dell'acqua | Asmik Grigorian |
Vodník, lo spirito delle acque | Gabor Bretz |
Ježibaba, la strega | Anita Rachvelishvili |
Hajný, il guardiacaccia (nella visione del regista, Padre di Rusalka) | Peter Hoare |
Kuchtik, lo sguattero (nella visione del regista, Madre di Rusalka) | Maria Riccarda Wesseling |
Prima ninfa | Julietta Aleksanyan |
Seconda ninfa | Iulia Maria Dan |
Terza ninfa | Valentina Pluzhnikova |
Lovec, il cacciatore | Andrey Zhilikhovsky |
Direttore | Dan Ettinger |
Regia e scene | Dmitri Tcherniakov |
Costumi | Elena Zaytseva |
Luci | Gleb Filshtinsky |
Video Designer | Alexej Poluboyarinov |
Lead Animation Artist | Maria Kalatozishvili |
Drammaturgia | Tatiana Werestschagina |
Maestro del Coro | Fabrizio Cassi |
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo | |
Nuova produzione del Teatro di San Carlo |
Ultima apertura di stagione dell'era Lissner al San Carlo, con la Rusalka di Dvořák, che mancava a Napoli dal 2013, intervallo tutto sommato nemmeno lunghissimo alle nostre latitudini, se si pensa ad opere di più comune repertorio che mancano da vari decenni.
Era grande l'attesa per la protagonista Asmik Grigorian al suo debutto nella sala borbonica. L'artista non ha deluso in un ruolo che le calza come un guanto sia musicalmente che per carattere. La cantante ha il dono di introiettare il personaggio e di costruirne il fraseggio in modo aderente ad ogni sfumatura, con rigore e una concentrazione che non viene mai meno, un approccio che esclude qualsiasi enfasi negli accenti o scatti melodrammatici. Coerenza mantenuta anche nel celebre “Canto alla luna”, eseguito con precisione e senza abbandonarsi a quegli struggimenti sentimentali a cui siamo un po' abituati. Tanto che forse la Grigorian è stata più emozionante nel momento solistico del terzo atto, “Necitelná vodní moci” (Spietata forza dell'acqua), dove la situazione drammatica l'ha portata a un coinvolgimento più febbrile.
Vocalmente la parte del Principe non è una passeggiata, impervia e ricca di insidie com'è. Adam Smith è venuto fuori progressivamente nel corso della serata con mezzi vocali non enormi per volume o per estensione ma che sa gestire bene. È stato sempre più convincente man mano che il dramma prendeva corpo, quando l'immedesimazione e l'impeto drammatico hanno dato energia e passione al suo canto.
Bel ritorno sulle scene napoletane di Anita Rachvelishvili, pienamente a suo agio nei panni di una Jezibaba esuberante, colorata sia vocalmente che per l’atteggiamento scenico, insinuante e minacciosa. In complesso la Rachvelishivili ha dato smalto ad un personaggio così di carattere col suo timbro scuro e misterioso, che travolgeva la smarrita ondina. Gabor Bretz è stato un ottimo Vodnik, spirito delle acque. Purtroppo la regia lo ha tramutato nell'allenatore di una squadra di nuoto sincronizzato incline ad atteggiamenti assai poco paterni verso Rusalka, ma la qualità del suo canto, il peso specifico della voce, e la nobiltà degli accenti hanno reso giustizia almeno musicalmente a Ondin.
La parte della Principessa straniera non è enorme ma è fondamentale nel corso del secondo atto, ed Ekaterina Gubanova le ha dato rilievo con accenti taglienti e impeto vocale. Peter Hoare e Maria Riccarda Wesseling sono stati rispettivamente il Guardiacaccia e lo sguattero, qui diventati, come si è già accennato e non in modo indolore, i genitori di Rusalka, ed entrambi hanno risposto comunque con professionalità alle nuove identità.
Molto bene le nuotatrici-ninfe di Julietta Aleksanyan, Iulia Maria Dan e Valentina Pluzhnikova così come il Cacciatore di Andrey Zhilikhovsky. Il Coro del San Carlo diretto da Fabrizio Cassi si è fatto valere. Nelle sonorità nette che riflettevano l'animazione della festa o nei misteriosi interventi fuori scena la compagine è stata evocativa e precisa.
La direzione di Dan Ettinger è stata impetuosa e veloce, senza prendersi il tempo di indugiare e mettere in luce gli infiniti preziosismi della partitura con le sue specificità e la sua varietà di colori e di umori. La stessa orchestra del San Carlo ha mostrato più imprecisioni delle ultime volte: bene gli archi, meno gli ottoni e i legni per quanto riguarda fermezza e dinamiche.
Al regista Dmitri Tcherniakov Rusalka non piace, l'ha detto più di una volta: "Ammetto onestamente che non sognavo certo di metterla in scena"... "ero incuriosito da quello che potevo trarre da un materiale che non mi piaceva". Una sfida, quindi su cui ha lavorato molto, stimolato da un cast di cantanti-attori che lo hanno spinto ad accettare. Insieme a Tatiana Werestschagina responsabile della drammaturgia ha eliminato tutta la parte fiabesca partendo dall'assunto (sbagliato in Italia) che tutti conoscano la vicenda fantastica, ma facendo così contrariamente alle sue intenzioni i personaggi non hanno acquistato spessore psicologico rimanendo invece prigionieri soprattutto nel primo atto di un'impietosa dicotomia fra la parola cantata e l'azione.
Idea portante della regia è un cartone animato (Video Designer Alexej Poluboyarinov e Capo animazione Maria Kalatozishvil) proiettato a tutta scena che va avanti con andamento a scatti e non fluido, non sappiamo se per calcolo o per difficoltà tecniche. All'interno di esso si aprono delle finestre di varie dimensioni che inquadrano i cantanti i quali si sostituiscono ai disegni animati con una tecnica che ha fatto venire in mente un video pop anni '80, quello della canzone "Take on me" dei norvegesi A-Ha.
Idea divertente ma anche claustrofobica perchè le varie scene dell'opera si svolgono sempre in spazi circoscritti senza respiro, ne è esempio il già citato Canto alla luna dove alla protagonista resta un quadratino come un francobollo che incornicia la sua testa mentre tutt'attorno domina il cartoon, nel quale si vede il suo contraltare animato che insegue il principe per strada.
Nel secondo atto il dramma diventa più stringente e viene ricondotto su binari che conducono al nucleo originario della vicenda, con momenti anche di singolare commozione quando Rusalka mascherata da sirena coi capelli biondi viene esibita agli ospiti della festa. Nel finale dell'opera invece Tcherniakov non resiste alla tentazione di introdurre l'ormai usuale dose di violenza, e vediamo Ondin che uccide il Principe con le sue mani, con tanto di gemiti e lamenti del giovane morente e di Rusalka a coprire le ultime note della magnifica partitura. Costumi presi dalla vita quotidiana di Elena Zaytseva, luci di Gleb Filshtinsky.
San Carlo gremito ma con molti vuoti in sala, troppi per un'apertura di stagione. Alla chiusura del sipario sono partiti un paio di buh molto sonori e si pensava al peggio quando fosse venuto fuori il regista, invece anche Tcherniakov è stato accolto da applausi senza dissensi, a confermare un successo indiscutibile e compatto.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 20 novembre 2024.
Bruno Tredicine