Soprano | Lisette Oropesa |
Pianoforte | Alessandro Praticò |
Programma | |
Maurice Ravel | Chants Populaires “Chanson Espagnole” / Vocalise Étude en forme de Habanera |
Leo Délibes | Boléro: “Les filles de Cadix” |
Jules Massenet | Chanson andalouse / Sevillana: “A Séville, belles Señoras” |
Georges Bizet | “Oeuvre ton cœur” / “Adieux de l’hôtesse arabe” |
Gioachino Rossini | da Soirées musicales, “L’invito” |
Saverio Mercadante | “La stella” / “La primavera” |
Giuseppe Verdi | “È la vita un mar d’affanni” |
“Stornello” | |
“Chi i bei dì m’adduce ancora” | |
“Perduta ho la pace” |
|
da Les vêpres Siciliennes, “Merci, jeunes amies” |
“Ti aspettavamo da luglio”: così, in modo polemicamente affettuoso alcuni spettatori hanno colto di sorpresa Lisette Oropesa, alla fine del suo recital al San Carlo. Il riferimento era alla Traviata prevista a Napoli e che il soprano cancellò la scorsa estate, con ovvia delusione degli ammiratori.
Lei non l’ha presa a male e senza por tempo in mezzo ha inserito a sorpresa fra i bis un “Amami, Alfredo” eseguito da belcantista qual è, coronato da tanto di inchino e baci al gruppo di fan riottosi.
Da qui si è capito che l’atmosfera dell’atteso recital è stata fra l’entusiastica e l’informale, con qualche imprevisto divertente (lei a girare vorticosamente le pagine dello spartito o pronta a risolvere un piccolo incidente nell’abbigliamento del pianista) ma anche un esito musicale di alto livello.
Il programma era diviso in due parti, la prima di arie francesi e la seconda tutta italiana. Arie francesi quasi tutte di ispirazione iberica, in un clima da "esotismo della porta accanto" come spiritosamente suggerisce Paologiovanni Majone, autore delle note del programma di sala. Tra canzoni spagnole o andaluse, Habanere, Bolero e Sevillane il soprano si è mostrato subito in ottima forma: la voce sembra maturata, piena anche nelle note più basse, cosa che le conferisce un maggiore spessore drammatico e ad onore del vero il repertorio d'oltralpe sembra quello che si addice meglio alle sue qualità d'interprete, con la sua vaga sensualità e l'aria di ironica seduzione..
Qui la cantante è stata interprete generosa con una miriade di screziature espressive nascoste fra le note e fra i versi, ad esempio della “Chanson espagnole” di Ravel, con cui ha aperto l’esibizione, o nei due brani di Bizet che hanno chiuso la prima parte, “Ouvre ton coeur”, dall'Ode sinfonica Vasco de Gama, e “Adieu de l’hôtesse arabe” in tempo di bolero.
Ugualmente la Oropesa ha inquadrato perfettamente il “Vocalise-étude en forme de Habanera”, sempre di Ravel, con tutte le prodezze necessarie fra lunghe note acute, scale e trilli ma dove l'aspetto tecnico è stato superato dalla creazione di un'atmosfera tra il misterioso e il suadente.
La varietà dinamica e i giochi di colori sono un’altra caratteristica di questa prima parte transalpina del concerto, con più evidenza in un “Les filles de Cadix” di Delibes eseguita con il sorriso sulle labbra.
Tutto questo già aveva fatto capire che Lisette Oropesa non è un soprano usignolo, ma le due pagine “spagnole” di Massenet lo hanno messo ancora più in luce, sia con le ripetute progressioni verso le zone più alte della “Chanson andalouse” che nell'espressività più marcata di "A Séville, belles señoras", adattamento vocale di un intermezzo della poco fortunata opera Don César de Bazan.
Il pianista accompagnatore, l’ottimo Alessandro Praticò, si è ritagliato due spazi solistici, il primo con “Sevilla” dalla Suite española di Isaac Albéniz che lo ha confermato esecutore accurato e sensibile. Il suo secondo “a solo” è stato il celebre “Sonetto 104 di Petrarca” dagli Années de pèlerinage di Franz Liszt, reso con una lettura appassionata, dal tocco preciso e asciutto, in cui l’alternanza fra declamazione e ripiegamenti meditativi è stata un'efficace chiave interpretativa.
Nella seconda parte "italiana" del concerto, due momenti dedicati a Rossini. Il primo nel programma ufficiale, "L'invito", dalle atmosfere ancora spagnoleggianti in cui ha fatto capolino qualche inedita nota di petto. Il secondo invece nei bis, la celeberrima “Danza” che la Oropesa ha affrontato come un vero tour de force, ad un tempo fin troppo rapido che l’ha lasciata quasi senza fiato.
Nei due brani di Mercadante “La stella” e “La primavera” si è messa in luce la vera natura belcantistica dell'artista: lì dove un soprano più drammatico avrebbe esibito temperamento e accenti accorati, lei ha preferito toni più tenui e riservati, esaltando l'eleganza della linea di canto e il suo senso del legato.
Ultima parte del concerto è stato un tutto-Verdi, compreso uno spiritoso “Stornello”. Qui a tratti la Oropesa ha mostrato qualche accenno di stanchezza come in “Chi i bei dì m’adduce ancora” (con versi di Goethe tradotti in italiano). Come già detto a proposito del bis rossiniano, anche nel Bolero dai Vespri siciliani “Merci, jeunes amies”, pagina adatta indiscutibilmente al suo talento, e qui proposta in francese, pur restando ad un alto livello, un tempo meno vertiginoso avrebbe reso l'esecuzione più godibile.
Dopo avere riservato applausi calorosi durante la serata, al termine il pubblico si è scatenato in ovazioni e acclamazioni interminabili, da qui una serie di bis: dalla Danza rossiniana di cui abbiamo detto a un’aria dalla Zarzuela Las Hijas del Zebedeo di Ruperto Chapí, terminando con “I’ te vurria vasa’”, omaggio a Napoli commovente per lo scrupolo esecutivo e l’intensa espressività messa nei versi, tra l’altro con ottima dizione. Bellissima chiusa per una serata da inserire fra le migliori di questa stagione sancarliana.
La recensione si riferisce al concerto del 9 gennaio 2025.
Bruno Tredicine