Il Conte d'Almaviva | Xabier Anduaga |
Don Bartolo | Carlo Lepore |
Rosina | Jessica Pratt |
Figaro | Davide Luciano |
Don Basilio | Riccardo Fassi |
Berta | Daniela Cappiello |
Fiorello | Clemente Antonio Daliotti |
Ambrogio | Armando De Ceccon |
Un ufficiale | Giuseppe Scarico |
Direttore | Riccardo Frizza |
Regia | Filippo Crivelli |
Scene | Emanuele Luzzati |
Costumi | Santuzza Calì |
Maestro del Coro | José Luis Basso |
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo | |
Produzione del Teatro di San Carlo |
Successo quasi trionfale per il Barbiere di Siviglia al San Carlo: teatro gremitissimo e pubblico partecipe con applausi a scena aperta e ovazioni finali.
Fu vera gloria? Sì e no.
Lo spettacolo era la nuova ripresa (già ce ne fu una nel 2014) della produzione nata nel 1999 con le scene di Emanuele Luzzati che ancora oggi si rivelano il vero tratto distintivo dell'allestimento, un piacere per gli occhi in linea con lo stile dell'autore: elaborate, colorate, ironiche. Che si trattasse di una strada di Siviglia o degli interni della casa di Don Bartolo era un trionfo di colori, come all'aprire di uno di quei libri per bambini di tanti anni fa dove girando le pagine ogni volta veniva fuori un'illustrazione tridimensionale. Al loro interno si integravano benissimo i bei costumi di Santuzza Calì.
Ma in questo involucro così vivace la regia, che portava la firma di Filippo Crivelli e ripresa da Luca Baracchini, è stata quasi latitante. Staticità, cantanti al proscenio, poca interazione fra i personaggi non hanno reso giustizia alla commedia rossiniana. Se si uniscono i recitativi monotoni spesso tirati via con una certa fretta e poco approfonditi negli accenti si ha il quadro di un Barbiere che acquisiva colore e vivacità più dal contorno di scene e costumi che non dal gioco scenico.
Sul podio Riccardo Frizza ha posto molta cura nella direzione, proponendo un Barbiere senza tagli e ottenendo dall'Orchestra del San Carlo, ancora una volta da elogiare per la qualità dell’insieme, un suono ricco, con un buon dosaggio dei volumi ma con dinamiche pesanti e senza brio: una lettura minuziosa, irreprensibile ma accademica, poco spiritosa, e con in più il difetto di coprire (almeno dal posto in cui ci trovavamo) le voci degli artisti in più di un'occasione, addirittura nel concertato del finale primo.
Davide Luciano era molto atteso, ed è stato un Figaro in moto perpetuo, instancabile motore dell'azione. Se ha mantenuto le promesse per quanto riguarda la bellezza del timbro il giovane baritono ha offerto una vivacità abbastanza generica, poco fantasiosa nel fraseggio e stranamente in affanno spianando qualche difficoltà soprattutto negli acuti.
Jessica Pratt ci ha portato nell’universo delle Rosine-usignolo, in un mondo di variazioni e agilità che hanno conquistato il pubblico che le ha tributato speciali ovazioni anche a scena aperta. Variazioni che andavano da quelle di tradizione (Una voce poco fa) a quelle più libere e floreali (duetto con Figaro) fino a quelle di Heinrich Proch per Deh! Torna mio bene, brano che ha sostituito Contro un cor che accende amore, scelta che la cantante mise in pratica già nel 2014 all’Arena di Verona, ma che non è sembrata né opportuna né vincente, dato che nel tripudio di coloratura la precisione e il controllo non sono stati ferrei, come un po’ lungo tutta la sua prestazione. In effetti la Pratt non ha convinto senza riserve come fu per la Sonnambula di pochi mesi fa sempre a Napoli, ma resta un’artista di alto calibro.
Carlo Lepore ha cantato molto bene il suo Don Bartolo, dominando tra l’altro felicemente il sillabato di A un dottor della mia sorte. In più ha riempito la scena con vitalità ma non eccedendo con effetti di farsa. Xabier Anduaga ha esordito bene con le due serenate, dove la voce risuonava con piacevole chiarezza soprattutto quando si liberava con leggerezza nelle zone acute. La stessa voce si faceva però stranamente piccola e più ingolata nel canto meno sfogato e più in generale al centro, soprattutto nei recitativi dove oltretutto la pronuncia si faceva confusa. Il rondò è stato eseguito con correttezza ma quello che latitava erano il carattere e quella spavalderia propria del Conte di Almaviva.
Molto bravo Riccardo Fassi, Don Basilio, che con timbro grave e omogeneo ha dato una bella evidenza alla Calunnia e ha partecipato efficacemente alle scene d’insieme.
Nei tempi andati le Rosine soprano erano accoppiate a Berta mezzosoprano: non così stavolta dove il timbro della brava Daniela Cappiello ha condiviso gli acuti del finale primo con la Pratt, ma si è rifatta con Il vecchiotto cerca moglie, eseguito con padronanza. In linea col resto del cast Clemente Antonio Daliotti (Fiorello), Giuseppe Scarico (Ufficiale) e Salvatore Totaro (Notaio) nonché Armando De Ceccon nella parte muta di Ambrogio.
Molto bene il Coro del San Carlo in formazione maschile, guidato da Josè Luis Basso: una volta tanto si sente all’inizio un “piano… pianissimo” che è cantato davvero “piano, pianissimo”, e la prestazione della compagine procede tutta su questo livello di sicurezza, divertimento e precisione.
Del successo di pubblico si è detto: nonostante il caldo, e a dispetto delle recenti defezioni per altre occasioni altrettanto pregevoli, il teatro era quasi esaurito.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 12 luglio 2022.
Bruno Tredicine