Ugo Orlandi | Mandolino |
Mauro Squillante | Liuto cantabile |
Domenico Scarlatti | Sonate L, XXXVII, XX (partite), XLIV Gigha |
Gianfrancesco de Majo | Sonata a mandolino e basso |
Giuseppe Giuliano | Duetto in do maggiore (M 15-21) |
Giuseppe Lauro | Sonata a mandolino e basso |
Gabriele Leone | Sonata V (II libro) |
Emmanuele Barella | Sonata intitolata Arlecchino, Arlecchinessa, Rosetta e Pulcinella |
Giovanni Battista Gervasio | Sonata (VI) in re maggiore |
Si fa presto a dire Mandolino. Considerato comunemente un simbolo di musica popolare, quasi un parente povero degli altri strumenti a plettro, abbiamo imparato anche che alcuni musicologi lo liquidano come 'lo strumento dei barbieri'. Eppure ha un passato nobile ancora da scoprire.
La Fondazione Turchini di Napoli gli ha dedicato una giornata e ha diffuso in streaming gli “Incontri con il mandolino alla Pietà dei Turchini”, inquadrati nel progetto sul “Mandolino a Napoli nel Settecento”, che esordì nel 2018 con due giorni di incontri tra studiosi e musicisti.
Nella conversazione tra Mauro Squillante e Ugo Orlandi, protagonisti del successivo concerto, ed esperti della storia di questo strumento (Anna Rita Addessi dell'Università di Bologna e il musicologo Francesco Nocerino), si sono inseriti Paologiovanni Majone del S. Pietro a Majella di Napoli e Mariafederica Castaldo direttrice artistica dei Turchini, ed è venuta fuori una storia antica e molto più nobile di quanto si pensi comunemente.
Il mandolino era usato nell'educazione musicale anche dell'aristocrazia, come testimoniano vari ritratti di nobildonne, tra cui quello della Pompadour, ed era presente in partiture "alte" come il Don Giovanni mozartiano o Achille in Sciro di Domenico Sarro, l'opera che inaugurò il San Carlo nel 1737, a riprova che era già in uso prima di quanto si immagini.
Tutto molto interessante e, per chi volesse approfondire, la conversazione è ancora disponibile sul canale YouTube della Fondazione.
Rimesse le cose in chiaro, il concerto che ha concluso la giornata è stato ancora più godibile, pur con tutti i limiti di una fruizione attraverso gli altoparlanti di casa mai paragonabili all'ascolto dal vivo.
I due musicisti si sono esibiti con strumenti moderni, un mandolino (Squillante) e un liuto cantabile (Orlandi), e ci hanno regalato un excursus nella storia della scrittura mandolinistica lungo tutto il Settecento, "una dedica alla tradizione napoletana ed ai suoi esponenti più significativi", come afferma lo stesso Squillante, attraverso brani ancora poco conosciuti e autori fra i meno frequentati.Un cammino che mostra una crescente ricchezza di scrittura e virtuosismo e che ha avuto i punti di forza con due figure fondamentali, musicisti e teorici, come quel Giovanni Battista Gervasio, autore del primo metodo per mandolino che apparve un anno prima di quello firmato da Gabriele Leone, il quale non fu scevro da gelosia verso il collega.
Ma già dall'inizio tutti i pezzi in programma hanno calamitato l'ascolto, a cominciare dalle quattro Sonate di Domenico Scarlatti che hanno aperto il concerto fino alla Sonata di Gianfrancesco de Majo, il cui Larghetto ha toni quasi da Notturno. Belli anche i toni da danza popolare nell'Allegro comodo che apre l'analoga Sonata di Giuseppe Lauro.
Come si diceva, però, è stato con le composizioni di Leone e più ancora con la la Sonata(VI) in re maggiore di Gervasio che ha chiuso l'appuntamento, che si è svelata una scrittura innovativa, variata nelle melodie e nelle dinamiche, nel virtuosismo e nell'intreccio di suoni. Una trama fitta resa dai due solisti con trasparenza ma allo stesso tempo con virtuosismo vertiginoso.
Così come l’incontro che lo ha preceduto, anche il concerto è disponibile sul canale YouTube dei Turchini.
La recensione si riferisce allo streaming del 7 novembre 2020.
Bruno Tredicine