Milano - Teatro Degli Arcimboldi |
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Don Fernando | I. Abdrazakov |
Don Pizarro | E. W. Schulte |
Florestan | R. Dean Smith |
Leonore | W. Meier |
Rocco | H. Tschammer |
Marzelline | L. Aikin |
Jaquino | M. Klink |
Direttore | R. Muti |
Maestro Del Coro | B. Casoni |
Regia | W. Herzog |
Scene | E. Frigerio |
Costumi | F. Squarciapino |
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala |
Grandissimo successo per il Fidelio ieri sera agli Arcimboldi e ovazioni meritate per la direzione del Maestro Muti. Un Muti che ritorna sul Fidelio,dopo l'apertura della stagione '99,con "religiosa" umiltà e, se mi è consentito, con un'aggiunta di approfondimento. Raramente mi era capitato con Muti di ascoltare accompagnamenti al canto mossi da un sincero amore per l'interprete. Una direzione ricca di chiaroscuri,di dinamica mai prevaricante e di partecipazione emotiva. Un'intensità che diveniva cifra interpretativa soprattutto nell'ouverture; nella splendida Leonore, posta come aveva voluto Mahler tra il duetto n° 15 Leonore-Pizarro e il gran finale del 2° atto n° 16 ; nel finale n° 10 del 1° atto ; nell'aria n° 11 di Florestano; nel coro del concertato che chiude l'opera. In modo particolare l'emozione è scattata in tutti gli ascoltatori alla chiusa della Leonore, dopo un rapinoso finale degli archi, omogenei, rotondi, pieni, dove nessuna nota si è persa per strada, ma anzi risultava netta ed espressiva. Ho sentito una umanità pervadere tutta l'interpretazione mutiana,che mi ha sorpreso per il risalto dato al Florestan del bravo tenore Dean Smith. Stupendo è parso il coro nel finale n° 10 "O welche lust"; lo stupore dei prigionieri è divenuto il nostro, prima per l'accortezza nel "raccoglimento" del suono orchestrale e dopo per l' "esplosione" derivante dalla gioia di poter riassaporare l'aria pura e la speranza di una prossima libertà. Maestoso è risultato il coro dei prigionieri e del popolo nel finale n° 16 quando finalmente l'agognata clemenza si realizza. Forse sono risultati un po' troppo spediti la marcia n° 6,poco marziale,l'accompagnamento dell'aria n° 7 di Pizarro e il successivo duetto n° 8 Pizarro-Rocco ,ma devo aggiungere che il Pizarro di Wilm Schulte è parso invero modesto, e questo ha inciso un po' sulla riuscita complessiva dei due pezzi. I cantanti sono parsi funzionali al disegno direttoriale. La Meier delude un poco. Il timbro sembra sbiancato e sfibrato, l'emissione affaticata, i gravi sono poco risonanti e la saldatura con gli acuti non pare perfettamente omogenea. Gli acuti corrono,per carità, ma sono anche troppo voluminosi, senza essere emozionanti. Ecco…proprio questo…tutte le note sono state eseguite, ma non sono riuscito ad emozionarmi, nemmeno dopo l'aria n° 9 del 1° atto. Pochi chiaroscuri, pochi colori, poca dolcezza…eppure a ben vedere i tanti segni di espressione sparsi nella partitura, altre interpreti li avevano messi in risalto(Modl, Ludwig, Janowitz). Lieta novella , come dicevo prima, l'ascolto del Florestan-Dean Smith. Timbro non particolarmente seducente, ma interprete espressivo. E' venuto a capo brillantemente dell'aria n° 11, senza apparente difficoltà nella salita agli acuti. E' stato dolce il giusto in " Euch werde lohn in bessern welten" e ha davvero stupito per la saldezza e la tenuta vocale in " O nomenlose Freude", dove invece la Meier è stata messa in difficoltà. Altra nota positiva, un caldo e risonante, soprattutto nelle note gravi, Tschammer nella parte di Rocco, che ha anche dimostrato di essere molto musicale, catalizzando brillantemente tutti i concertati . Chi come me ha nelle orecchie Frick, non ha udito certamente meraviglie, ma vi assicuro che è stato interprete degno. Corretti la Aikin nella parte di Marzelline ( con i gravi assenti e gli acuti asprigni soliti ) e il Jaquino di Klink. Insignificante il Don Fernando di Abdrazakov e molto deludente il Pizarro di Wilm Schulte. Stupendo il coro, molto emozionante nei propri interventi. Sulla regia posso dire che aver colto quel poco di teatralità insita nell'opera, fa onore ad Herzog. I cantanti sono parsi rispettare le convenzioni teatrali e le didascalie del libretto con buona partecipazione attoriale. La scenografia con il carcere visto dal basso verso l'alto, ha sicuramente un voluto richiamo all'aspirazione dell'uomo di elevarsi dal " buio" della propria condizione miseranda alla " luce" della speranza, della libertà e della gioia. Per finire volevo ribadire il grande successo decretato dal pubblico a tutti gli interpreti,al regista e al Maestro,invero un po' frettoloso nello scomparire dietro il sipario. Ugo Malasoma
Ugo Malasoma