Andrea Chénier | Samuele Simoncini |
Carlo Gérard | Kim Gangsoon |
Maddalena di Coigny | Federica Vitali |
Bersi | Shay Bloch |
La Contessa di Coigny / Madelon | Alessandra Palomba |
Roucher | Alessandro Abis |
Mathieu / Fléville | Fernando Cisneros |
Un incredibile / L'abate | Marco Miglietta |
Schmidt / Fouquier | Gianluca Lentini |
Il maestro di casa / Dumas | Giorgio Marcello |
Direttore | Francesco Pasqualetti |
Regia | Andrea Cigni |
Scene | Dario Gessati |
Costumi | Chicca Ruocco |
Luci | Fiammetta Baldiserri e Oscar Frosio |
Coreografia | Isa Traversi |
Maestro del Coro | Marco Bargagna |
Orchestra Filarmonia Veneta | |
Coro Arché | |
Coproduzione tra Teatro di Pisa. Teatro Sociale di Como AsLiCo, Teatro Grande di Brescia, Teatro Ponchielli di Cremona, Teatro Sociale di Rovigo e Teatro del Giglio di Lucca |
Rivedere uno spettacolo mesi dopo aver assistito alla sua prima rappresentazione è sempre illuminante nel rammentare quanto un buon rodaggio possa giovare a una produzione. È il caso di Andrea Chénier di cui si scrisse in occasione del già complessivamente felice debutto pisano (vedi recensione), coprodotto con quattro teatri lombardi (Grande di Brescia, Sociale di Como, Ponchielli di Cremona e Fraschini di Pavia), oltre che con il Sociale di Rovigo e con il Giglio di Lucca, teatro alla cui pomeridiana domenicale si riferisce questa cronaca.
La data scelta ha consentito di ascoltare tre voci diverse nei rispettivi ruoli principali rispetto a quelle della prima di Pisa, identici restando tutti gli altri interpreti. Lo spettacolo di Andrea Cigni è evidentemente ben pensato per spazi diversi (il palcoscenico del Giglio è piuttosto alto e profondo, ma non largo quanto quello del Verdi) e funziona egregiamente anche in questa occasione, mettendo nuovamente in luce il solido lavoro di Dario Gessati per le scene, di Chicca Ruocco per i costumi, di Fiammetta Baldiserri e Oscar Frosio per le luci e di Isa Traversi per le coreografie.
Il nutrito cast, già efficiente al debutto, appare ancora più disinvolto e affiatato, avendo evidentemente affinato le parti assegnate. Per la descrizione e l'analisi dell'allestimento delle prove dell'Orchestra Filarmonia Veneta, del Coro Arché diretto da Marco Bargagna e delle parti di fianco si rinvia alla recensione della prima, rilevando in questa occasione un contributo più convincente di Alessandra Palomba, la quale accenta con buona personalità i personaggi della Contessa di Coigny e di Madelon. Invariate le buone impressioni per Alessandro Abis e Shay Bloch, rispettivamente Roucher e Bersi, Fernando Cisneros (Mathieu e Flèville), Marco Miglietta (Un incredibile e l'abate), Gianluca Lentini (Schmidt e Fouquier) e Giorgio Marcello (Maestro di casa e Dumas).
Stessa impostazione rispetto al debutto per la direzione di Francesco Pasqualetti, che non rinuncia all'impeto barricadero della sua lettura, ma pare più rifinito e avere smussato qualche piccolo eccesso nell'ampiezza dei tempi, fermo restando il solido controllo dell'orchestra.
Samuele Simoncini si accolla da diversi anni il repertorio più oneroso di tenore spinto e drammatico e anche in questa occasione mette in luce le conosciute doti di robustezza vocale e generosità dei fiati, proponendo un canto stentoreo, pur addolcito dalla cura negli accenti, conforme a una certa tradizione esecutiva e, tutto sommato, anche alla scrittura musicale di Giordano che a Chénier chiede di mostrare la capacità polmonare più che il carattere di poeta innamorato. Sicuro lungo tutta l'esecuzione dei primi tre quadri e puntuale nei relativi - e applauditi - momenti solistici (l'Improvviso, “Credo a una possanza arcana”, “Sì, fui soldato”), si può tranquillamente affermare che non molti altri tenori in attività potrebbero sostenere a questo livello una parte del genere, a maggior ragione considerando che Simoncini al Giglio aveva cantato anche venerdì sera, nel primo cast. Forse anche per questo accusa un po' di stanchezza nell'ultimo quadro, in particolare nel duetto finale con Maddalena, eseguito in tono, dove è sovrastato dal soprano e mostra un certo affanno in un paio di acuti.
Nei panni della protagonista femminile Federica Vitali ha modo di rivelare notevoli doti di interprete. La voce del soprano tende ad oscillare leggermente nei cantabili in zona centrale, ma è questione di poco conto a fronte di una proiezione del suono impeccabile e di un temperamento non comune che le consente una prova in crescendo, culmine un'emozionante esecuzione di “La mamma morta” che strappa meritati e lunghi applausi e a un duetto finale in cui fa scintille.
Più ordinario Kim Gangsoon, che non demerita nel ruolo di Carlo Gérard, eseguito con diligenza e mostrando una pronuncia italiana curata e uno strumento ben esteso in acuto, ma anche di timbro arido e povero di polpa.
Il teatro piuttosto gremito tributa un buon successo per tutti.
La recensione si riferisce alla recita del 19 gennaio 2025.
Fabrizio Moschini