Direttore | Antonio Pappano |
Pianoforte | Bruce Liu |
London Symphony Orchestra Kaunas State Choir |
|
Programma | |
Hector Berlioz | Ouverture Il Carnevale romano |
Frédéric Chopin | Concerto No.1 in mi minore op.11 per pianoforte e orchestra |
Gustav Holst | Suite The Planets |
Al Festival di Lubiana, come da tradizione, a cavallo tra agosto e settembre arrivano le grandi orchestre. Ieri è stata la volta della London Symphony Orchestra guidata da Antonio Pappano, direttore principale della prestigiosa compagine, e il pianista Bruce Liu più volte vincitore di numerosi concorsi internazionali.
La sera precedente si è svolto un altro concerto con la LSO, con una scaletta diversa e la violinista Vilde Frang.
Il programma prevedeva tre pagine musicali piuttosto disuguali: una complessa Ouverture, un concerto per pianoforte e una suite.
Si è principiato con Il Carnevale romano di Berlioz - brano riarrangiato e tratto dalla sfortunata opera Benvenuto Cellini – in cui tutta la fantasmagorica esuberanza del compositore si manifesta pienamente.
Pappano ne ha dato un’interpretazione mirabile, traendo dalla sua orchestra un suono rigoglioso, generoso nelle dinamiche e stringente nelle agogiche e al contempo equilibrato e trasparente. Un’esecuzione pittorica, in cui i cromatismi della partitura sono apparsi vividissimi.
Dopo una sfoltita all’orchestra, è stata poi la volta del Concerto No.1 in mi minore op.11 di Chopin, una scelta a mio parere un po’ discutibile, non certo per il valore intrinseco del brano ma perché avere una grande orchestra disponibile e costringerla a un sostanziale accompagnamento del solista mi è sembrato – sia detto con simpatia – uno spreco di risorse.
Di là dei miei gusti personali, del tutto ininfluenti, ovviamente l’interpretazione di tutti è stata magistrale sia nella lunga introduzione sia nel feeling tra solista e orchestra.
Bruce Liu si è disimpegnato magnificamente, grazie a un tocco delicato ma scevro da sospetti di melassa che ogni tanto affliggono le esecuzioni della musica di Chopin. Anche il virtuosismo – segnatamente nel Rondò – non è stato mai esibito, ma implementato in un fluido scorrere di inquietudine e malinconia sottili. Fantastici i due bis che hanno contribuito a un trionfo meritato e spettacolare.
Dopo l’intervallo è stata eseguita la famosa suite The planets op.32 di Gustav Holst durante le quale – sempre a mio modesto parere – si è ascoltato il meglio della serata. Tra l’altro fu proprio la LSO, nel 1920, a tenere a battesimo la prima esecuzione ufficiale del brano.
Nella suite convivono felicemente suggestioni di molti dei compositori coevi a Holst: da Stravinskij ai compositori della Seconda scuola di Vienna con qualche reminiscenza dei tardoromantici.
Nell’orchestra, davvero imponente, abbondano le percussioni che sono state fondamentali per l’eccellente riuscita dell’esecuzione. Non si può tacere però della straordinaria capacità di Pappano di dare omogeneità e coerenza a una musica così schizofrenica, che percorre territori impalpabili improntati ora all’onirismo ora a una ferrigna materialità.
Buona la prestazione del coro femminile, forse un po’ troppo fioco.
Per quanto riguarda l’orchestra nell’arco di tutta la serata è stata impeccabile: ho ammirato in particolare la compattezza degli archi, la lucentezza degli ottoni, la delicatezza dei legni e ovviamente la sulfurea esuberanza delle percussioni.
Pubblico foltissimo e attento, che ha tributato un trionfo a tutti i protagonisti.
La recensione si riferisce al concerto del 29 agosto 2024
Paolo Bullo