Enrico | Franco Vassallo |
Lucia | Nina Minasyan |
Edgardo | Iván Ayón Rivas |
Arturo | Paolo Antognetti |
Raimondo | Luca Tittoto |
Alisa | Alena Sautier |
Normanno | Manuel PIerattelli |
Figuranti | Diana Dallera, Daniela Palladino, Linda Piardi, Anastasia Crastolla, Simone Campisi, Davide Riminucci, Fabrizio Carli, Martino Ambrosini |
Direttore | Francesco Ivan CIampa |
Regia | Lorenzo Mariani |
Scene | Maurizio Balò |
Costumi | Silvia Aymonino |
Luci | Marco Filibeck |
Video | Fabio Massimo Aquone e Luca Attilii |
Maestro del Coro | Claudio Marino Moretti |
Orchestra, Coro e Tecnici dell'Opera Carlo Felice Genova | |
Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova in coproduzione con la Fondazione TEatro Comunale di Bologna e l'ABAO-OLBE di BIlbao |
Se il polverone sollevato dal vento della burrasca sindacale è stato per il momento spazzato via, allontanando lo spettro dello sciopero totale, un po’ di polvere tuttavia è rimasta sul palcoscenico di questa Lucia: un allestimento vecchiotto, che avrebbe bisogno di una ripulita e di una ventata d'aria fresca. La prima parte dello spettacolo è quasi mortale, ma non per la sagoma impiccata e per l'evocazione del fantasma della donna della fontana (questo, di spettro, lo avremmo invece gradito): è che è tutto cupo, e fin qui va anche bene, ma anche fermo, quasi immobile, ingessato in una scena sempre uguale, con pesanti tendoni ora aperti ora chiusi, in cui l'unico movimento è quello degli alberi fuori dal finestrone; o quello del mare in tempesta, nella più che inflazionata metafora degli animi tormentati. (Scene Maurizio Balò).
Manca pure poi la suddetta fontana, visto che siamo sempre dentro il salone e non nel consueto parco sul far della sera. Nemmeno la violenza ostentata, che dovrebbe essere la cifra di questa lettura registica (Lorenzo Mariani), riesce a smuovere i nervi: non sicuramente il cervo decapitato, ma neppure le pistole, non le aggressioni, neanche i palpeggiamenti incestuosi di un fratello aguzzino; il parallelo tra la brutalità di allora e quella di oggi è senza dubbio uno spunto ghiotto, ma qui non si rivela efficace e Lucia risulta un personaggio vagamente moderno solo perché fuma una sigaretta e veste scarpe décolleté.
La faccenda migliora andando avanti, visto che la scena si movimenta un po’ e i costumi (Silvia Aymonino), sebbene anche loro non proprio appena inamidati, danno una pennellata di varietà cromatica; il ricevimento di nozze non è forse quello delle grandi occasioni, ma qui, a onor del vero, pesano più che altro le defezioni di alcuni membri del Coro che aderiscono comunque allo sciopero, che hanno ridotto notevolmente gli ospiti della festa. Bella la scena della pazzia, globalmente ben sostenuta dalla protagonista, Nina Minasyan, a piedi nudi e avvolta in una camicia insanguinata, molto espressiva nel suo stridente "dialogo" con la glassarmonica e che ha il merito di aver tenuto davvero la platea col fiato sospeso, sgomento dietro ai suoi deliri di giovane sposa. Non male nemmeno la scena che precede il finale, che gioca sulle ombre e sulla netta separazione tra proscenio, in cui si consuma il dolore di Edgardo, e lo spazio di morte di Lucia, dietro una vetrata che pare quasi invalicabile.
In tutto ciò, almeno il cast si disimpegna con dignità, regalando alcuni momenti molto apprezzabili. La presenza scenica e il carisma di Franco Vassallo (Enrico) non sono una novità e il suo personaggio viene fuori con l'adeguata rudezza, spietato, crudele nei confronti della sorella, che diventa un oggetto al servizio dei propri disegni. Piena la voce, intensa la sonorità, anche troppo, con accenti non sempre calibratissimi. Abbiamo già accennato a Nina Minasyan (Lucia), ne rimarchiamo l'espressività e le buone agilità, in crescita nel corso della serata; la voce non è particolarmente corposa, ma è raffinata e ben gestita, con acuti facili e belle sfumature. Buono e veemente, anche dal punto di vista vocale, il Raimondo di Luca Tittoto, molto adeguato sulla scena. Abbiamo apprezzato l'intensità e la bella musicalità di Iván Ayón Rivas (Edgardo), in particolare nel finale, interpretato con grande coinvolgimento, con morbidezza di emissione e ricchezza di nuance espressive. Corretti Manuel Pierattelli nei panni di Normanno e Paolo Antognetti in quelli di Arturo, bene Alena Sautier (Alisa).
Buona la direzione di Francesco Ivan Ciampa, sempre molto attento agli slanci delle passioni e alle sonorità sostenute; qualche scollatura tuttavia con il palcoscenico, sia nelle parti solistiche che in quelle corali.
Il successo c’è. Gli applausi, nonostante il grigiore, sono tanti e spazzano via la nebbia dal castello degli Ashton; e, per il momento, anche dal teatro genovese.
La recensione si riferisce alla Prima del 15 Novembre 2024.
Barbara Catellani