Der Haushofmeister | Alexander Pereira |
Ein Musiklehrer | Markus Werba |
Der Komponist | Michèle Losier |
Der Tenor/Bacchus | AJ Glueckert |
Ein Offizier | Davide Piva |
Ein Tanzmeister | Antonio Garés |
Ein Perückenmacher | Matteo Guerzè |
Ein Lakai | Amin Ahangaran |
Zerbinetta | Sara Blanch |
Primadonna/Ariadne | Krassimira Stoyanova |
Arlecchino | Liviu Holender |
Scaramuccio | Luca Bernard |
Truffaldin | Jacoub Eisa |
Brighella | Daniel Schliewa |
Najade | Maria Nazarova |
Dryade | Eleonora Filipponi |
Echo | Liubov Medvedeva |
Direttore | Daniele Gatti |
Regia | Matthias Hartmann |
Scene | Volker Hintermeier |
Costumi | Adriana Braga Peretzki |
Luci | Valerio Tiberi |
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino | |
84° Maggio Musicale Fiorentino |
Talvolta sono i centenari a moltiplicare le proposte di un titolo solitamente non molto rappresentato, altre volte si tratta di mere coincidenze, come nel caso di Ariadne auf Naxos, forse la più rara - sui palcoscenici italiani - tra le opere maggiori di Richard Strauss, che nel giro di pochi mesi è stata programmata, con tre distinte produzioni, in teatri importanti quali quelli di Bologna, Milano e Firenze.
Nella città toscana Ariadne ebbe la prima rappresentazione italiana nell'originale lingua tedesca, nel 1959 al Teatro della Pergola, come ricordato nella recensione bolognese di Silvano Capecchi, alla quale si rinvia il lettore per la disamina sulla genesi dell'opera. Analogamente, sulla psicologia dei personaggi principali, vi è un'ampia analisi nella recensione milanese di Ugo Malasoma.
Nello stesso Teatro della Pergola il raffinato lavoro straussiano torna a Firenze dopo venticinque anni dall'edizione con Zubin Mehta sul podio e Jonathan Miller alla regia (nel mezzo tra questa e quella del debutto vi erano state le recite al vecchio Comunale del 1977), in una produzione che, senza nulla togliere agli altri titoli in cartellone, nel suo complesso è probabilmente la più stimolante tra tutte quelle viste all’84º Festival del Maggio Musicale Fiorentino.
Merito di uno spettacolo gradevole, di una direzione eccellente, di una compagnia di canto di alto livello e di una... sostituzione quanto mai indovinata la sera della prima. La cronaca consente di iniziare, per una volta, proprio da Zerbinetta, ruolo nel quale era prevista Jessica Pratt, scopertasi positiva al Covid proprio a pochi giorni dalla recita inaugurale. Catapultata all'improvviso in uno spettacolo nato dopo lunghe prove, Sara Blanch si è prestata a sostituire la collega indisposta, previo annuncio del sovrintendente Pereira al proscenio che chiedeva indulgenza e comprensione al pubblico. Una raccomandazione solo scaramantica visto quanto fatto ascoltare dal soprano spagnolo, che non soltanto si è calata scenicamente nel ruolo con la disinvoltura di chi pareva avere partecipato a tutte le prove, ma ha cantato e interpretato in modo non meno che formidabile. Voce rotonda e omogenea, dal timbro morbido e sensuale (agli antipodi delle asprezze e disuguaglianze di altri soprani leggeri o lirico-leggeri) non c'è fiato che la metta in difficoltà e non c'è acuto o sovracuto che non sia luminoso e raggiante. Non guasta certo una presenza scenica deliziosa.
Un vero, lungo tripudio da parte di tutto il teatro ha accolto l'ultima nota della sua grande scena. Cera da aspettarselo, forse, da colei la quale era riuscita ad emergere nel pur breve ruolo di Amore dell'Orphée et Euridice inaugurale (vedi recensione di chi scrive), anche in quell'occasione sostenuta dalla bacchetta di Daniele Gatti. Il nuovo direttore principale del Maggio, se nel titolo che ha aperto il festival è stato assai interessante, in questa Ariadne ha toccato livelli eccelsi, dando prova ulteriore di quella particolare affinità con il repertorio del primo Novecento che già si era apprezzata nel Pelléas et Mélisande del 2015 (vedi recensione di Silvano Capecchi). Non si sa se ammirare maggiormente la limpidezza del suono dell'Orchestra del Maggio, la varietà e nitidezza dei colori, il perfetto dosaggio degli equilibri tra buca e palcoscenico o la capacità di gestire senza effettismo le varietà dinamiche con cui caratterizza la concertazione: dal suono cameristico con cui accompagna i lunghi brani di conversazione che contraddistinguono, in particolare, il Prologo, alle improvvise fiammate iridescenti di certi momenti.
Molto omogenea e affiatata la nutrita compagnia di canto di un'opera senza coro ma dalla moltitudine di ruoli, grandi e piccoli, tutti importanti per definire il carattere della composizione.
Krassimira Stoyanova ripropone la sua Ariadne già vista nella produzione della Scala, mettendo in evidenza la qualità timbrica di una voce sufficientemente ampia, anche se un po' vuota in basso e un'emissione solida che le consente una tenuta sicura anche nelle lungaggini del duetto finale con Bacchus. Canta e interpreta con gusto e classe, proponendo vocalmente e scenicamente un personaggio dall'espressività sobriamente trattenuta, dal fascino da Primadonna ancora ben vivo, anche se un po' decadente, se non sfiorito.
ll ruolo en travesti del Komponist è il vero protagonista del Prologo ed è fonte di soddisfazione se si possiede incisività di fraseggio e di accento quale quella di Michèle Losier, che affronta questa tessitura anfibia con voce discretamente sonora e dal timbro personale, anche se non proprio vellutato (caratteristica che in questa parte non è certo indispensabile, anzi).
AJ Glueckert si disimpegna con molto onore nel consueto ruolo ingrato riservato al tenore da parte di Strauss, che nel caso di Bacchus fu particolarmente sadico. Il cantante americano dimostra perizia tecnica e mezzi vocali robusti. Un unico acuto poco a fuoco è peccato più che veniale: il minimo sindacale dello scotto che in pratica si trova a pagare ogni interprete della parte, dalla tessitura a dir poco scomoda.
Markus Werba è un Musiklehrer elegante e rifinitissimo, oltre che assai rodato dalle recite a Bologna e Milano nelle produzioni anzidette. Liviu Holender è ottimo nel ruolo di Harlekin, affiatati e incisivi Jacoub Eisa come Truffaldin e Daniel Schliewa come Brighella.
Ben distribuito anche il trio delle ninfe con la brillante Maria Nazarova interprete di Najade, Liubov Medvedeva delicata Echo ed Eleonora Filipponi che presta i suoi mezzi personali e imponenti per sostituire Anna Doris Capitelli inizialmente prevista in cartellone (non solo la Pratt, quindi, ha dovuto dare forfait poco prima del debutto) nel ruolo di Dryade.
Completano il cast cinque artisti dell’Accademia del Maggio, tutti disinvolti sia scenicamente che vocalmente: Davide Piva (Ein Offizier), Antonio Garés (Ein Tanzmeister), Matteo Guerzè (Ein Perückenmacher), Amin Ahangaran (Ein Lakai) e Luca Bernard (Scaramuccio). Alexander Pereira ama riservarsi il ruolo recitato dell’Haushofmeister nei teatri che dirige e lo interpreta con piglio sorprendente.
La parte scenica era affidata a Matthias Hartmann, che già aveva firmato la regia (più propriamente una mise en espace) del Fidelio all'Auditorium di cui si scrisse a suo tempo. Le note sul programma di sala riguardanti la cosiddetta “quarta parete” e il tentativo di apertura della stessa, spiegano gli interessanti propositi di Hartmann, che cerca di dire qualcosa di nuovo sul tema ormai più che sviscerato del teatro nel teatro. “Nel Prologo - scrive il regista - un gruppo di personaggi discute di opera, arte e intrattenimento nel salone del ricco committente; la quarta parete è sempre lì ed il pubblico osserva nel modo classico. Nella seconda parte, l'opera vera e propria Ariadne auf Naxos rimane come intrappolata dietro la quarta parete, ma il gruppo di buffi personaggi attorno a Zerbinetta si rivolge direttamente al pubblico, anticipandone l'esistenza, comunicando hic et nunc. La quarta parete per loro non esiste più”.
L'idea è sviluppata in modo abbastanza convincente, di fatto risolvendo la messa in scena nel segno di una gradevole linearità, giocata sui toni dell'ironia. Le interazioni tra i personaggi sono piuttosto semplificate (nulla a che vedere - ahimè, i facili confronti - con il dinamicissimo Prologo visto di recente a Bologna), le scene basate su opere d'arte e oggetti di design del Novecento sono a firma di Volker Hintermeier, i fantasiosi costumi sono di Adriana Braga Peretzki e le appropriate luci sono curate da Valerio Tiberi.
Accoglienza da vero trionfo al termine della recita per tutti, con un minimo di freddezza per i responsabili della parte visiva e ovazioni insistite per Gatti e i protagonisti principali.
La recensione si riferisce alla prima del 7 giugno 2022.
Fabrizio Moschini