Direttore | Alessandro Bonato |
Pianista | Francesco Libetta |
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino | |
Programma | |
Sergej Rachmaninov | Concerto n. 2 in do minore op. 18 per pianoforte e orchestra |
Piotr Iliyc Chaikovsky | Il lago dei cigni, suite op. 20a |
Capriccio italiano op. 45 |
Continua quello che potremmo chiamare il ”Settembre russo” al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: dopo Dmitry Matvienko che ha diretto Rachmaninov e Prokofiev ecco questo concerto che segna l'esordio di Alessandro Bonato sul podio della Sala Mehta; il giovane direttore veronese presenta pagine di Rachmaninov e Chaikovsky, e a breve avremo Luciano Acocella con Chaikovsky e Mussorgsky. Indubbiamente una programmazione non casuale e molto interessante, che permette di ascoltare ravvicinati alcuni dei maggior compositori russi dell'Otto-Novecento. In più, abbiamo tre pianisti (Bertolazzi, Libetta e Albanese) che, pur appartenendo a generazioni diverse, presentano un approccio italiano ai testi russi.
Il Concerto n. 2 di Sergej Rachmaninov è degli anni 1900-1901 e presenta, esaltate, le caratteristiche di scrittura del grande compositore. La fascinosa pagina porta una dedica che può apparire curiosa, allo psichiatra Nikolaij Dhal, al quale il musicista si era rivolto a seguito delle crisi depressive conseguenti all'insuccesso della sua Sinfonia n. 1. L'alternarsi di dramma, pathos e di frasi melodiche di infallibile presa sul pubblico, il tutto sostenuto da un'orchestrazione sontuosa, ne fanno una delle pagine per pianoforte e orchestra più amate e ammirate.
Il pianista Francesco Libetta si avvicina a questo Concerto n. 2 forte non solo della sua tecnica (come è noto questa composizione è una delle più difficili, tecnicamente parlando, dell'intero repertorio) ma anche della sua sensibilità che si esplica nel tocco bello e vario, nei colori e nel fraseggio, sempre vivo ed interessante. Non sembra badare ai decibel nel tentativo di “bucare” l'orchestra (come diremo dopo, un po' travolto dalla foga direttoriale) ma è ammirevole nel ricercare sempre una classicità, un lirismo sottinteso, e ciò non solo nel secondo tempo Adagio sostenuto ma anche quando la scrittura di Rachmaninov gliene offre l'occasione nei tempi estremi. Una lettura ammirevole che forse non trova perfetta consonanza nell'accompagnamento orchestrale un po' discontinuo: mentre nel primo e terzo movimento (Moderato e Allegro scherzando) Alessandro Bonato si lascia un po' troppo andare all'impulsività e copre in certi punti il pianista (che - pensate un po' - si ritrova in un concerto di Rachmaninov a fare il pianoforte concertante...) trova i suoi lati migliori nell'incessante melodizzare del secondo tempo, ove la collaborazione fra i due raggiunge sicuramente ottimi risultati, con un naturale ”ascoltarsi fra loro” e col fluido trascorrere delle frasi musicali dall'orchestra al pianoforte e viceversa.
Le caratteristiche direttoriali suddette trovano parziale conferma nella seconda parte del programma. La scrittura del Capriccio italiano op. 45 di Chaikovsky sembra fatta apposta per esaltare orchestra e ascoltatori: il pezzo di bravura ispirato a melodie popolari che il compositore aveva ascoltato in Italia e composto negli anni 1879-80, certo non fra i più memorabili del compositore russo, riceve da Bonato una lettura esteriore e un po' troppo d'effetto: si badi bene, questo è il carattere della composizione, ma la lettura datane appare un po' troppo istintiva e non molto meditata, con gli ottoni che sovrastano e sforano in continuazione, anche per le caratteristiche della Sala Mehta (l'acustica è davvero molto generosa: più la ascoltiamo più ci sembra creare qualche difficoltà a direttori e orchestra).
Che il giovane Alessandro Bonato, dotato di un gesto chiaro e deciso, sappia il fatto suo e sia capace di rendere ottimamente un raffinato senso strumentale si evince in maggior misura nella Suite dal Lago dei cigni, ove la collaborazione con le prime parti strumentali della magnifica Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, messa alla frusta e in gran serata, appare ammirevole per pulizia di suono, poesia, sensibilità e ricerca di impasti strumentali, oltre che per bravura tecnica (e le prime parti andrebbero citate tutte anche se ovviamente non possiamo, ci limitiamo a citare uno per tutti, lo splendido primo violino Salvatore Quaranta).
Il pubblico fiorentino era davvero molto numeroso e ha ripagato tutti con grandissimi applausi, ottenendo come bis da Libetta la parafrasi lisztiana dal Rigoletto.
La recensione si riferisce al concerto del 19 settembre 2024.
Fabio Bardelli