Almuzir | Konu Kim |
Zoraida | Zusana Markovà |
Abenamet | Cecilia Molinari |
Almanzor | Tuty Hernàndez |
Ines | Lilla Takàcs |
Alì | Valerio Morelli |
Direttore | Alberto Zanardi |
Regia | Bruno Ravella |
Scene e costumi | Gary McCann |
Luci | Daniele Naldi |
Costumista collaboratrice | Gabriella Ingram |
Assistente alla regia | Filippo Rotondo |
Assistente alle scene | Gloria Bolchini |
Assistente aile luci | Paolo Bonapace |
Maestro del Coro | Salvo Sgrò |
Orchestra Gli Originali | |
Coro dell'Accademia Teatro alla Scala | |
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Donizetti in coproduzione con il Wexford Festival Opera |
Da alcuni anni il Donizetti Festival ha in cantiere un progetto quanto mai encomiabile chiamato #Donizetti200 il quale prevede ogni anno l’esecuzione di un’opera scritta dal compositore esattamente due secoli prima.
In occasione di questa decima edizione la scelta è caduta su Zoraida di Granata, il primo melodramma serio del grande bergamasco, che ha avuto una storia a dir poco accidentata.
Scritta nel 1822, l’opera prevedeva originariamente che la parte di Abenamet fosse affidata al tenore Amerigo Sbigoli il quale però, prima del debutto, nel tentativo di superare vocalmente il collega Domenico Donzelli, il quale vestiva i panni di Almuzir, morì vittima di un’emorragia, causata proprio dall’eccessivo sforzo vocale.
Una vicenda quanto mai strana e inquietante che non ostacolò tuttavia il notevole successo del debutto, avvenuto al Teatro Argentina di Roma, dopo che l’autore in fretta e furia ebbe riscritto la parte dell’innamorato per un mezzosoprano en travesti, assegnandola ad Adelaide Mazzanti.
Nel 1824 l’opera venne rivista completamente, la parte di Abenamet fu ampliata e fu affidata al famoso contralto Rosmunda Pisaroni.
Ovviamente è quest’ultima versione ad essere la protagonista del Festival di quest’anno.
Avvincente, seppur poco credibile, soprattutto vista ex post, la trama. L’ambientazione è ovviamente moresca: due rivali in amore, uno (Abenamet) eroico e leale, l’altro (Almuzir) potente e tirannico, si contendono l’amore per Zoraida. Almuzir attraverso losche trame riesce a sposare la protagonista femminile ricattandola, ma viene smascherato sul finale dal suo antagonista il quale eroicamente lo perdona, dice di voler rispettare il vincolo e soprattutto non lo getta in pasto al popolo e ai soldati inferociti. A questo punto interviene il finale a sorpresa che vede Almuzir, quasi commosso per la nobiltà d’animo del rivale, concedere a quest’ultimo la mano di Zoraida in uno splendido quanto poco realistico epilogo all’insegna del “e vissero tutti felici e contenti”.
Estremamente interessante è d’altro canto la partitura che ci rivela un Donizetti giovane sì, ma già attento all’aspetto drammaturgico, piuttosto classico nell’impostazione, ma tecnicamente solido.
Il regista Bruno Ravella ha pensato a una messa in scena contemporanea. La scena si apre su un cortile, che ricorda da vicino alcuni scorci dell’Alhambra, devastato da un conflitto e sormontato dai resti di una splendida vetrata colorata che si ricomporrà nella sua interezza durante il lieto finale.
Subito la mente corre alle tristi immagini che negli ultimi decenni hanno purtroppo invaso i nostri schermi televisivi riportando la cronaca dei tanti laceranti conflitti scoppiati non solo in Europa e ma anche al di fuori di essa.
Le scene di Gary McCann sono di grande impatto e rappresentano un’ideale opposizione a tutte le guerre e un altrettanto ideale appello a quella resilienza che la cultura può rappresentare in contrasto con l’umana stoltezza.
Sul podio Alberto Zanardi si distingue per equilibrio e sensibilità, sempre con un occhio attento volto al palcoscenico. L’utilizzo di strumenti originali contribuisce non poco a rispettare le dinamiche donizettiane, ma al contempo si osserva un lungo lavoro operato sulla partitura evidente nella variegata scelta di agogiche ricche di gusto e personalità, all’interno di una direzione garbata e attenta. Buona la risposta dell’Orchestra Gli Originali.
Complessivamente di grande qualità il cast.
Konu Kim nei panni dell’infido Almuzir brilla per ampiezza vocale; l’acuto è generoso, il fraseggio d’eccellenza, la dizione quasi perfetta.
A vestire i panni del rivale una solidissima Cecilia Molinari brilla per nitore del timbro e per ponderata gestione dei fiati; il canto di agilità si snoda fluido ed armonioso, la presenza scenica è di rilievo e totalmente convincente.
La Zoraida di Zuzana Marková è decisa e dolce al contempo; la linea di canto appare sicura, ben proiettata la voce, preziosa la musicalità.
A loro si uniscono i preziosissimi allievi della Bottega Donizetti: il sicuro Alì dagli splendidi gravi e dalla voce ricca di armonici di Valerio Morelli, la dolce Ines dotata di uno strumento dal bel colore di Lilla Takács e il sonoro Almanzor di Tuty Hernàndez.
Buona la prova del Coro dell’Accademia Teatro alla Scala.
Teatro Sociale gremito, pubblico entusiasta prodigo di applausi per tutti.
La recensione si riferisce alla prima del 16 novembre 2024.
Simone Manfredini