Francesca Aspromonte |
Claudio Monteverdi |
Giulio Caccini |
Francesco Cavalli |
Stefano Landi |
Luigi Rossi |
Pietro Antonio Cesti |
Alessandro Stradella |
Alessandro Scarlatti |
Il pomo d'oro |
Enrico Onofri, direttore |
1CD |
PENTATONE |
PTC 5186 646 |
Self Distribuzione Srl |
Il Seicento musicale italiano è una risorsa infinita: più si scava, si indaga e si approfondisce e più meraviglie emergono. In questo lavoro di ricerca sono impegnati da decenni numerosi musicisti, in origine eroi solitari cui si sono aggiunti, negli anni, sempre nuovi interpreti/studiosi che, soprattutto in Europa, tengono vivo e rafforzano un repertorio sterminato. Prologue nasce da un’idea di Francesca Aspromonte ed Enrico Onofri. La prima è un giovane soprano di eccellente formazione, mentre Onofri è parte integrante e storica della rivoluzione che ha investito la musica rinascimentale e barocca a partire dagli anni Ottanta. A entrambi si deve il progetto che sta alla base di questo compact disc pubblicato dalla casa discografica olandese Pentatone, basato sull’idea di isolare i prologhi dal contesto delle opere cui erano destinati, ricomponendoli in un virtuale atto unico. Nel melodramma secentesco il prologo era sempre avulso dalla vicenda. Spesso si rivolgeva al dedicatario dell’opera, o al mecenate, o riconduceva, con riferimenti aulici, alle occasioni politiche o religiose cui era destinato. Sulla scena si incarnava in divinità, muse o idee astratte. Si susseguivano così avanti l’opera la Musica, la Tragedia, Iride (dea messaggera di novità funeste), Roma, la Pittura, l’Armonia, la Pace, Venere, la Gloria, come testimonia questa raccolta. Se la Musica, scelta da Claudio Monteverdi per introdurre l’Orfeo, ci è consueta, più curioso è il duetto che vede Francesca Aspromonte, la Pittura, alternarsi con sé stessa nella parte del Coro di Rivi, nel sorprendente prologo de Il palazzo incantato, ovvero la guerriera amante di Luigi Rossi. Il programma non ha stacchi, ogni brano si fonde con il successivo come se fossero parte di un’opera unitaria. Oltre a Monteverdi e a Luigi Rossi, la scelta comprende Giulio Caccini, Francesco Cavalli, Pietro Antonio Cesti e Alessandro Stradella, ciascuno con la propria cifra ben definita ma idealmente impegnati a dare il meglio di sé e dell’epoca di cui sono stati protagonisti.
Francesca Aspromonte sa come si compone un programma che vada oltre i limiti del recital, performance sovente autoreferenziale, destinata più spesso a mettere in luce le qualità dell’interprete che a dare risalto ad una scelta musicale compiuta. Musicista completa e profonda, tra l’altro suona anche l’organo nella Toccata dell’Orfeo di Monteverdi, mette a disposizione la sua voce limpida e chiara a un repertorio delicato e complesso. Non basta cantare bene, bisogna porgere il testo con chiarezza onorando la musica attraverso le parole. Enrico Onofri, alla direzione de Il pomo d’oro, mette in risalto la personalità di un ensemble che, come vuole l’estetica dell’epoca, non si limita ad accompagnare ma intesse con la voce una trama cui fornisce spessore e verosimiglianza, pur restando nella sublime astrazione dei miti rivisitati.
Daniela Goldoni