Violino | Franco Mezzena |
Pianoforte | Pina Napolitano |
Arnold Schönberg | Satzfragment einer sonate für geige und klavier |
Johannes Brahms | Sonata per violino e pianoforte n. 2 in la maggiore, op. 100 |
Arnold Schönberg | Fantasia per violino con accompagnamento di pianoforte, op. 47 |
Johannes Brahms | Sonata per violino e pianoforte n. 3 in re minore, op. 108 |
Anton Webern | Quattro pezzi, op. 7 |
2024 - Odradek | |
Producer | John Anderson |
Note di copertina | Hugh Collins Rice |
Una tendenza che nella storia delle espressioni artistiche ha sempre avuto un forte appeal – sia per chi la produce che per chi la consuma – è la saga. Ancora oggi, soprattutto nel campo letterario o cinematografico ci sono saghe che vorresti non finissero mai, anche quando a ogni nuovo capitolo ci viene da pensare che anche basta, l'autore non ha più nulla di interessante da aggiungere.
Non è questo il caso. Già all'uscita di Brahms the Progressive vol. 2 scrivemmo che attendevamo con impazienza il vol. 3. Ecco, quel momento è finalmente arrivato, e ne siam ben felici. Dopo il primo disco dedicato alla musica per pianoforte solista e il secondo per pianoforte e orchestra, Pina Napolitano si concentra ora sulla musica da camera di Brahms e ricerca le derivazioni primonovecentesche delle sue composizioni. Lei, più di tutti, ha preso alla lettera la famosa conferenza di Schönberg in un gioco di accostamenti tra Brahms e la seconda scuola viennese con risultati affascinanti.
Fascinazione dovuta anche a un'allure sonora che in queste sonate per violino e pianoforte trova un partner strepitoso in Franco Mezzena: il suo è un violino dal suono scuro, alle volte quasi rustico e dal sapore popolaresco, un timbro che si fonde a meraviglia con quello ambrato del pianoforte di Napolitano. Esecuzioni di altissimo livello che trovano unitarietà discografica nell'affiatamento della coppia, aiutato anche dalla disposizione della track list, certamente ben studiata: il Satzfragment schönberghiano, ad esempio, in neppure cinquanta battute, intesse una fitta relazione tra i due interpreti, e quel suo finale dal sapore di incompiuto sembra quasi far da introduzione alla Sonata n. 2 di Brahms, dove Napolitano e Mezzena esaltano la peculiare intimità della composizione con un affiatamento che ci sembra abbia pochi eguali. Composta nel 1886 è una sonata in cui Brahms rinuncia agli afflati virtuosistici del violino, o ai contrasti tematici tra i due strumenti. Vige un clima di serena collaborazione, paritetico. Cordialità e amicizia, ciò che traspare anche dai nostri due interpreti. Dovessimo scegliere un momento rappresentativo di questa affinità, citeremmo il secondo movimento, dallo stato d'animo così ambiguo e affascinante nel suo alternarsi tra un tema lento e melodioso e un altro dal sapore di scherzo.
Negli stessi anni e negli stessi luoghi – il lago di Thun, in Svizzera – è nata anche la Sonata n. 3, più incline al tradizionale virtuosismo del genere, pur senza rinunciare agli afflati intimistici tipici di tutte e tre le sonate brahmsiane. Certamente si tratta di una pagina di musica più esuberante, che nella lettura di Mezzena e Napolitano non ha nulla da invidiare ad altre storiche esecuzioni. Anzi, seguendo l'ordine della scaletta del CD, si ha quasi l'impressione di scorgere un'idea di continuità, di connessione con la Fantasia per violino e pianoforte op. 47 di Schönberg, posta a separare le due sonate di Brahms. Qui il violino fa la parte – molto impegnativa – del leone, e non è un caso che il titolo originale riporti «Fantasia per violino con accompagnamento di pianoforte»: in origine concepita per violino solo, Schönberg decise in seguito di aggiungere il pianoforte in questa che è una delle sue ultime, e più compiute, opere dodecafoniche. Nell'interpretazione del duo è una composizione che sviluppa una forte energia cinetica, la quale, lasciando scorrere il disco, si ha l'impressione che si trasferisca direttamente nella successiva Sonata n. 3 di Brahms.
Chiudono il disco i Quattro pezzi op. 7 di Anton Webern, quattro piccole gemme pregnanti e cariche di futuro: scritti nel 1910, pubblicate solo nel 1922, sono quasi uno squarcio di futuro nella musica post 1950, coronamento di una degna fatica discografica che non può mancare nella discoteca degli appassionati del genere.
Emiliano Michelon