Ci raccontasti qualcosa di te quando avevi da poco iniziato a muovere i primi significativi passi nel mondo dell'opera; era il 2014 ed eri stato selezionato da Leo Nucci e Cristina Ferrari per interpretare il ruolo di Rodolfo nella Luisa Miller che andò in scena inizialmente a Busseto ed in seguito al Teatro Municipale di Piacenza ed in altri teatri del circuito lirico emiliano. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti ed il nome di Vincenzo Costanzo si è affermato nel panorama tenorile nazionale ed internazionale. Ieri sera hai ottenuto un grande successo personale interpretando il ruolo di Macduff nel Macbeth in scena qui al Teatro Massimo di Palermo.
Sappiamo che la professione del cantante è intensa e logorante, soprattutto dal punto di vista dello stress emotivo. A maggior ragione non dev'essere semplice per chi, giovanissimo, si trova a calcare storici palcoscenici. Torna un attimo indietro con la mente, ai tuoi primi importanti impegni: ci racconteresti come li hai vissuti?
È stato meraviglioso muovere i primissimi passi a Busseto perché ho avuto a che fare con persone di grandissima levatura professionale come il M° Leo Nucci, la Sig.ra Cristina Ferrari ed il M° Donato Renzetti con cui ho cantato ora nel Ballo in Maschera ed è una bacchetta straordinaria che aiuta molto i cantanti; io devo ringraziarli molto perché mi hanno aiutato tantissimo mettendomi del tutto a mio agio. All’epoca non sapevo come si viveva nel mondo dell'opera e quindi, sotto alcuni aspetti poteva sembrare che peccassi un po’ di arroganza, ma in realtà era semplicemente un mio modo di essere da ragazzino napoletano, un po’ ingenuo che non sapeva come muoversi nell'ambiente. In seguito, pian piano, dopo aver preso anche qualche forte batosta, ho imparato a vivere in questo mondo.
All'inizio avrai anche dovuto cercare di crearti delle protezioni...
Assolutamente, ma anche ora; si vive sempre con delle protezioni per cercare di non farsi del male. In questa professione bisogna sempre essere molto forti psicologicamente e non dare modo a nessuno di perforarti.
La tua consapevolezza e le tue paure sono cambiate nel corso di questi primi anni di carriera?
Prima affrontavo tutto con più incoscienza; anche il debutto nei nuovi ruoli.
Ora invece, conoscendo meglio la mia voce, avendo a che fare con direttori di grande caratura, sono più consapevole di quello che posso fare e cosa non posso fare. Quindi, prima di studiare un'opera parlo sempre con il mio maestro, la vediamo a tavolino, ne parliamo e studiamo nota per nota. Quindi è cambiato totalmente l’approccio.
C'è qualcuno che ritieni sia stato per te di fondamentale aiuto in questa prima importante fase di carriera?
Se parliamo dal punto di vista della formazione vocale e tecnica ho sempre avuto a che fare con dei grandi maestri. Questa è stata la mia fortuna.
Infatti in questi anni ti abbiamo visto migliorare costantemente...
Si e penso che questa sia una cosa fondamentale: cercare sempre di migliorarsi e non fare come i gamberi tornando indietro. Io ho iniziato con il M° Marcello Ferraresi, un allievo di Mario Del Monaco, tanto è vero che la mia impronta iniziale è legata alla scuola di Arturo Melocchi. È stata una cosa positiva ma poteva essere anche un'arma a doppio taglio in quanto la tecnica melocchiana si può comprendere male, visto che si parla sempre dell'affondo ma è tutt'altro. La tecnica di Del Monaco è tutta altezza.
Fai bene a sottolinearlo
Del Monaco diceva che i vocalizzi si fanno in un determinato modo e servono per preparare la "sacca" ma poi si deve cantare come i bambini... ed aveva ragione.
Dopo Ferraresi ho incontrato un grande tenore che mi ha formato la voce e me l'ha messa sulla giusta direzione tenorile: Piero Giuliacci, uno dei pochi tenori di oggi che conosce la tecnica vera. Poi mi ha aiutato molto Marco Berti per lo squillo, la proiezione del suono ed il passaggio. Poi ho incontrato Francesco Meli che mi ha aiutato nell'altezza del suono, e soprattutto nella cura del fraseggio.
Come sei riuscito a coniugare la maturazione tecnica e vocale, che ovviamente necessita di tempo ed impegno, con le esigenze derivanti dagli impegni professionali?
Il mio più grande maestro, che ringrazio sempre e tutt'ora ci studio, è stato il palcoscenico. È sul palcoscenico che sono riuscito a trovare le misure con me stesso, con le mie emozioni, imparando a cavarmela. Perché quando si è in scena da soli, nessuno ti può aiutare se non te stesso. Ad esempio, ieri sera ho cantato qui a Palermo la prima recita di Macbeth nonostante i giorni scorsi sia stato colpito da qualche malanno di stagione ed ho ancora un po' di tracheite. Beh mi è successa una cosa stranissima proprio durante la mia aria: mentre cantavo ho sentito un po' di secco dietro e mi si stava chiudendo la gola. In quel momento ho dovuto sbloccare la mente fare ricorso ad una sorta di training autogeno (ride), calmarmi, abbassare il fiato quanto più possibile e sbloccare, altrimenti non avrebbe funzionato. E questa cosa l'ho acquisita sul palcoscenico.
Gli addetti ai lavori hanno compreso correttamente le potenzialità della tua voce? Ritieni che ti stiano proponendo i giusti ruoli?
Questa è una domanda a cui non so se posso rispondere (ride)... Penso che gli addetti ai lavori sappiano bene quel che fanno anche se a volte, qualcuno di loro, ha delle idee un po’ strane. Ma io cerco sempre di ascoltare quello che dice la mia voce. Penso che una cosa giusta per adesso, anche se molti sentono che ho una vocalità brunita, sia il repertorio da lirico puro.
Si, perché il tuo timbro scuretto può trarre in inganno
Esatto! Infatti alcuni di loro mi hanno proposto cose per ora troppo drammatiche a cui ho detto di no.
Se torniamo con la mente al periodo d'oro dell'opera lirica, quindi dai primi del '900 sino agli anni sessanta/settanta del secolo scorso, noteremo che moltissimi celebri tenori mantenevano in repertorio Nemorino dell'Elisir d'amore, pur cantando ruoli donizettiani più drammatici, come Edgardo della Lucia, o addirittura verdiani e pucciniani. Pensi che oggi questo non sia più possibile?
Vero, però c’erano anche tenori che debuttarono con Cavalleria Rusticana a 24 anni. C'erano tenori come Carreras che debuttarono con Un ballo in maschera. Diciamo che non si possono fare paragoni perché è tutto cambiato rispetto a quell'epoca: fra questo il suono dell’orchestra ed anche ciò che vogliono i direttori. Secondo me oggi è tutto più raffinato. Non mi voglio assolutamente paragonare ai mostri sacri del passato però penso che il livello di musica oggi sia un po' più alto
Ho accennato al ruolo di Edgardo: non pensi che possa essere adatto alla tua vocalità attuale?
Certamente. Penso che possa essere un ruolo perfetto per me in questo momento. Infatti alla recita di ieri c'erano parecchi sovrintendenti e direttori artistici di svariati teatri e quando dopo l'opera sono venuti a complimentarsi, abbiamo parlato di varie cose ed io ho proposto proprio questo ruolo e loro erano molto felici della mia idea.
Molti grandi tenori del passato hanno vissuto tutta la carriera con la costante paura di svegliarsi una mattina senza ritrovarsi più la voce. Anche tu hai questa paura?
Io mi sveglio alla mattina e la prima cosa che faccio è provare il falsetto. Questo per lasciarti immaginare le mie paure e le mie fobie. Penso sia una paura generalizzata un po’ a tutti quelli che cantano per professione. Del resto la nostra voce rappresenta tutto per noi… è la nostra vita. Non è soltanto il cantare. Uno può anche cantare a casa, sotto la doccia, per sé stesso però, come diceva il mio maestro Ferraresi: “noi cantanti lirici siamo un gradino più vicini a Dio perché con la voce riusciamo a trasmettere emozioni e queste emozioni aiutano le persone a stare meglio”.
Quindi se un cantante si sveglia e non ha più la parte più grande e più importante di sé stesso, ossia la voce, penso sia veramente tutto finito. È per questo che bisogna sempre studiare per imparare a forzare il meno possibile e salvaguardare così il dono che abbiamo avuto da Dio.
In tempi recenti hai cantato il ruolo di Riccardo del Ballo in maschera di Verdi e ti abbiamo sentito migliorato soprattutto dal punto di vista del fraseggio... a cosa è dovuto questo miglioramento?
Voglio precisare una cosa: ho affrontato ed accettato il ruolo di Riccardo perché era in Opera Studio. Mi avevano proposto lo stesso ruolo in un altro teatro italiano e l’avevo rifiutato. Ma in questo caso ho accettato perché era un'operazione protetta dove si studiava nota per nota e dove tutto era fatto con cura e attenzione. Tanto è vero che ho finito quelle recite di Ballo in Maschera ed ora ho messo da parte il ruolo e forse lo riprenderò tra tre o quattro anni, quando sarò più maturo e lo farò certamente meglio.
Devo anche dire che il ruolo di Riccardo è una grande scuola perché ti insegna a dosare bene, dall’inizio alla fine, le risorse a tua disposizione. Poi alla fine c'è quell'aria straordinaria ma difficilissima, “forse la soglia attinse” e dopo c'è “si rivederti Amelia” e poi il duetto della morte, quindi è tutto un incalzare. Però ringrazio molto Leo Nucci e Cristina Ferrari che mi hanno dato questa opportunità straordinaria.
Beh, quello che stanno facendo a Piacenza è indubbiamente molto importante per tutti i giovani
Secondo me è uno dei pochi teatri italiani che fa queste cose davvero molto bene.
L'anno che si è appena concluso è stato coronato dal tuo debutto americano: cosa ha significato per te e come hai vissuto questa prima importante esperienza oltre oceano e hai già in previsione di tornare a cantare negli Stati Uniti?
La prima volta che sono uscito sul palcoscenico dell’Opera di S.Francisco ed ho guardato il teatro, sono rimasto impressionato da tanto è grande e mi son chiesto se si sarebbe sentita la mia voce. In realtà ha funzionato tutto benissimo ed è stato il teatro e l'opera da cui ho ricevuto maggiori riscontri positivi di critica e maggiori contratti. Quelle recite di Butterfly mi hanno aperto tante strade e questa per me è stata una grande cosa. Ero giunto a S.Francisco con tutte le paure dei ragazzi che si accingono ad andare in un'altra nazione così lontano da casa. È stata un'emozione molto forte ma alla fine ho vinto la sfida e per me è stata una grande soddisfazione
Quanti mesi sei stato a S.Francisco?
Due mesi. E ti assicuro che psicologicamente non è semplice stare due mesi lontano da casa, soprattutto per chi come me, è legato molto alla sua terra.
E poi permettimi, soprattutto alla tua età
Esattamente.
Ora ci troviamo a Palermo dove ieri hai debuttato nel ruolo di Macduff, personaggio tenorile del Macbeth verdiano che non canta tantissimo ma alla fine ha quella splendida aria che è “Ah la paterna mano”. Raccontaci le tue impressioni a caldo.
Già, Macduff non canta moltissimo ma ha quella splendida aria che se per caso la canti male è finito tutto. (ride)
Penso che quello di Macduff sia un ruolo giusto per me in questo momento. Vocalmente mi trovo a mio agio e ieri dopo la mia grande aria ho avuto un riscontro di pubblico bellissimo che mi ha fatto passare di colpo quel fastidio che avevo in gola. E poi l’ultimo duetto l’ho fatto con Manuel Pierattelli, tenore bravissimo e mio caro amico. Alla fine ricevere tutti quegli applausi è stata un'emozione molto forte... non me l'aspettavo.
Quanto è importante lavorare accanto a grandi professionisti come, in questa occasione palermitana, con Luca Salsi che poi purtroppo si è ammalato ed è stato sostituito da un altrettanto valido Giuseppe Altomare? E poi Anna Pirozzi?
Penso che lavorare con i grandi sia tutto; non è che influisce qualcosa... penso sia veramente tutto.
Lavorando con i grandi si assorbe come delle spugne. Naturalmente ci vuole l'intelligenza di capire quello che cercano di darti. Non potrò mai dimenticarmi durante il Nabucco messo in scena la scorsa estate nella reggia di Caserta, quando Leo Nucci cantava “chi mi toglie il reggio scettro”, c'era un'energia talmente forte che sono rimasto paralizzato e non ho attaccato la mia battuta. Era una cosa straordinaria perché in quel momento lo osservavo e stavo capendo l'appoggio guardandolo da dietro che si gonfiava come un salvagente. Quindi si impara tanto da questi grandi.
E dopo Palermo?
Dopo Palermo canterò La Rondine a Mosca in forma di concerto e dopo ancora La Rondine, ma questa volta a Berlino con la regia di Villazon; poi canterò nella Madama Butterfly al Teatro Real di Madrid, successivamente debutterò nel ruolo di Carlo nei Masnadieri che andranno in scena a Bilbao ed inoltre potrebbe esserci un progetto che non posso ancora dire e stiamo valutando se accettare o meno. Diciamo che complessivamente il 2017 sarà un anno di debutti importanti.
È una nostra impressione o ti rimane pochissimo tempo per riposare e fare un po' di vacanza?
Ma quando si vive così bene in giro, la tua famiglia diventa il teatro. Sinceramente mi ritaglio parecchio spazio per me: alla sera esco e non è che stia a casa a fare il pippistrello. No, esco con gli amici e vivo la mia vita normalmente.
e tu da buon napoletano ti fai voler bene e ti fai amici un po' ovunque...
fortunatamente si. Io cerco di essere sempre me stesso, genuino, sincero e le persone mi vogliono bene. Purtroppo questo è un ambiente fatto di molte maschere per cui quando si trovano quelle poche persone che veramente sono sé stesse, è naturale che vengano apprezzate.
Della vita che stai facendo quali sono gli aspetti positivi e quali, quelli negativi o comunque più pesanti...
Di positivo ci sono le grandi soddisfazioni che a 25 anni sto avendo in tutto il mondo. Essere un tenore italiano affermato in campo internazionale è una cosa che mi dà soddisfazione e mi inorgoglisce per il mio paese. Però la cosa più difficile penso sia dal punto di vista psicologico non cedere e perseverare... perché è difficile salire ma ci vuole un nanosecondo per scendere.
Ci raccontasti che inizialmente i tuoi nonni non erano tanto contenti di questa tua propensione artistica. Avevi conseguito la laurea triennale in informatica e ti era giunta una buonissima proposta lavorativa che rifiutasti per seguire il tuo istinto artistico.
Si perchè dovevo andare a Busseto per tre mesi per questo master di Luisa Miller
Oggi si sono ravveduti? Ci viene difficile pensare che non siano felici dei successi che stai conseguendo...
Si, ma già allora loro credevano in me però sai, persone di una certa età con altra mentalità, persone che vengono dalla guerra... ad ogni modo io devo tanto a loro. Ora loro sono molto felici di me ed io senza di loro non sono nulla. Loro sono la mia forza. Quando sono triste, mi basta una chiamata di mia nonna che mi rende l'uomo più forte del mondo... mia nonna è una donna straordinaria... con mio nonno.
Hai anche un fratello più giovane di te...
Si, si chiama Andrea ha 19 anni ed a lui sono legatissimo e da fratello maggiore mi sento molto responsabile nei suoi confronti.
Che importanza dai alla critica?
Anche su questo argomento ho avuto una buona scuola dai grandi insegnanti che citavo prima i quali mi hanno fatto capire che la critica è giusta quando è costruttiva. Tutti noi cantanti lirici, buttiamo il sangue su ogni singola nota e siccome non siamo dischi – perché oggi tutti siamo abituati ai dischi – non è sempre possibile essere perfetti: una sera stiamo benissimo, un’altra ci sentiamo bene e un’altra sera magari non siamo al top. Penso non sia giusto fare delle critiche distruttive, ma delle critiche costruttive sono bene accette.
Ma è vero che i tenori sono i cantanti che guadagnano di più ma soprattutto, è vero che fanno strage di cuori? Come sta il cuore di Vincenzo Costanzo?
(ride)... fortunatamente ora sto molto bene di cuore. Ho raggiunto una mia serenità grazie alle persone che mi stanno accanto; perché è importante circondarsi delle persone giuste. Io credo molto nelle energie negative e positive, e quando si è con persone positive si sta meglio. Ed in questo senso ora sto bene.
Poi il fatto di guadagnare: non sono più i tempi di Del Monaco con la Rolls anche perché le tasse ci ammazzano, quindi anche se si guadagna un tot, bisogna sempre togliere il 60%. È tutto diverso da una volta: prima la lirica era amata visceralmente ed ora noi giovani dobbiamo cercare di farla rivivere. Quando i giovani, magari colleghi, mi dicono: la lirica è morta! Io non l'accetto. Siamo giovani e non possiamo dire questa cosa altrimenti saremo noi ad ammazzarla. Quindi a tutti i miei colleghi coetanei dico che anche da noi deve arrivare l’impulso necessario a rilanciarla.
Ma io insisto: negli anni '60 e '70 con la nascita dei grandi complessi rock nacquero anche le groupies, quelle giovani che si buttavano letteralmente nei camerini delle star rendendosi disponibili in tutto e per tutto. Il fascino dell'artista ha ancora questa grande attrazione? Insomma, le devi tenere a bada con decisione?
(ride)... nooo. Penso che dobbiamo sempre essere sempre noi stessi così le persone ci apprezzano per quel che siamo veramente.
Apprezziamo la tua diplomazia
Tra l'altro sappiamo che sei anche un ottimo cuoco... Quali sono i tuoi cavalli di battaglia in cucina?
È vero, lo ammetto. Tra l'altro quando sono in giro per lavoro mangio spesso a casa in quanto anche io, come molti altri colleghi soffro di reflusso gastroesofageo, quindi devo stare attento a quello che mangio. Penso che la cucina mediterranea sia la migliore al mondo. Qui a Palermo ho mangiato del pesce straordinario, freschissimo; io adoro il pesce crudo. E per il fatto che mi so destreggiare in cucina devo ringraziare mia nonna che mi ha aiutato molto nella vita.
Che rapporto hai con il pubblico? Ti piace entrare in contatto con chi ti segue a teatro?
Assolutamente si perchè il pubblico è sovrano e bisogna accettare tutto da loro: un buu, un fischio, un applauso. E mi piace parlare con chi mi viene a salutare dopo la recita ed ascoltare le opinioni. Del resto si può migliorare anche ascoltando i pareri di chi viene a teatro. Però penso che il cantante lirico non sia un attore e nemmeno un cantante di musica leggera; questo per dire che se incontro il pubblico prima di una recita, mi stanco vocalmente dato che la posizione del parlato è la cosa più dannosa per il canto. Però mi fa molto piacere incontrare il pubblico dopo le recite ed io li ringrazio sempre perché loro sono la mia vittoria e mi hanno portato dove sono.
Beh tu sei molto giovane, hai delle grandi potenzialità e stai dimostrando di impegnarti, continui a crescere per cui il pubblico, soprattutto italiano, ti vuole bene, è dalla tua parte e ti sostiene. E noi di OperaClick ci associamo al resto del pubblico facendoti tanti auguri per i tuoi prossimi impegni.
Grazie di cuore e un grande saluto a tutti i lettori di OperaClick
Danilo Boaretto