Sergio Alapont, giovane ma già affermato direttore d'orchestra, incarna la perfetta unione dello spirito della natale Spagna con quello dell'Italia, sua terra d'adozione. Calore e rigore caratterizzano la sua visione della musica, che ci spiega attraverso le domande che gli abbiamo posto.
Direttore d'orchestra si nasce o si diventa?
Ci può essere una predisposizione naturale, come in tutte le cose, ma sopratutto si diventa. É il frutto di tanta passione e sacrificio, fare il direttore d'orchestra è una sorta di matrimonio vitalizio con lo studio.
Ci racconta il suo percorso?
Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di musicisti, crescendo a contatto con la musica fin da piccolo. Dopo il Diploma di flauto ho vinto un concorso in un'orchestra professionale, cosa che mi ha dato modo di avere la prospettiva musicale anche dalla parte dell'orchestra. Contemporaneamente la passione per la direzione d'orchestra si è fatta sempre più forte e ho cominciato ad approfondire i miei studi di direzione. Mi sono formato a Valencia, Madrid, Pescara, Monaco di Baviera e New York, dopodiché ho cominciato a dirigere con un percorso in continua crescita, grazie a maestri che hanno creduto in me e a professionisti che hanno deciso di investire sulle mie capacità.
Quanto è importante trovare buoni maestri?
È fondamentale, senz'ombra di dubbio, trovare un musicista, un direttore, che non solo abbia una carriera affermata, ma che abbia gusto, passione per la docenza e desiderio incondizionato di trasmettere le conoscenze acquisite. É anche importante seguire le prove dei grandi direttori d'orchestra, ma questo solo se si ha già aquisito un buon livello tecnico e culturale.
La Spagna è, come l'Italia, terra di musica. Quanto c'e di spagnolo nel suo approccio ad una composizione da dirigere?
Oggigiorno è difficile sapere che percentuale della tua identitá sia del paese dal quale provieni. Uno dei benefici dello sviluppo delle comunicazioni negli ultimi decenni è l' estrema facilità di essere in contatto con tanti paesi. Devo comunque alla Spagna la mia educazione di base, e di questo glene sono grato.
Quali sono i suoi compositori d'elezione?
Mozart, Beethoven, Rossini, Schubert, Schumann, Donizetti, Bellini, Verdi, Brahms, Gounod, Mahler, Massenet, Puccini, Debussy, Ravel e Stravinsky, sono i compositori per cui sento più predilezione. Come compositori che dirigo raramente ma che ammiro profondamente al pari di quelli citati: Bach e Wagner.
Come si avvicina e come si pone nei confronti di una pagina che dirige per la prima volta?
Prima di tutto studiandone il contesto storico, oltre allo studio del libretto quando si tratta d'un opera. Inizio poi a interpretare le informazioni che il compositore ci ha lasciato nella partitura. Questa parte dello studio è la più lunga, la più complessa, è il momento in cui si scopre davvero la musica, e questo accade anche quando si riprende in mano una partitura già diretta: si trova sempre qualcosa di nuovo. Quando penso di avere già un'idea, un'immagine sonora nella mia mente, quando credo di essermi avvicinato a quello che vuole trasmetterci il compositore, quando ritengo che ho già consolidato una mia visione musicale, mi interessa ascoltare altre interpretazioni della stessa partitura. C'e sempre da imparare qualcosa dagli altri, è sempre un arrichimento il confronto e l'apertura con e verso le idee di altri direttori.
Qual è il suo rapporto con la musica contemporanea?
Provo un grande interesse verso la musica contemporanea. In Spagna e in Italia ho avuto l'opportunità di dirigere alcune prime assolute ed è stato sempre una grande emozione dar vita per la prima volta a una partitura avendo la fortuna di avere la presenza del compositore.
Lei è un direttore giovane. Che consiglio darebbe ad un giovane che volesse intraprendere la carriera direttoriale?
È difficile per me dare un consiglio ai giovani dato che anche io penso di avere ancora tanto da imparare, ma una cosa che direi loro è di tener sempre vivo lo spirito d'osservazione e ascoltare il proprio intuito.
La sua è una carriera internazionale. C'è un paese in particolare, oltre la Spagna, nel quale si sente a casa?
Senza ombra di dubbio in Italia. Sono legato a questo paese per motivi artistici da 15 anni, e non a caso vivo a Firenze, mia moglie è fiorentina, e molti dei miei amici sono italiani, amo profondamente questa cultura. Dunque si, mi sento perfettamente comodo, mi sento a casa.
Dirigere un'opera è profondamente diverso dal dirigere musica strumentale. Lei ha preferenze?
Amo visceralmente entrambi i repertori, ed è per quello che continuo a dirigere sia opera che sinfonico, trovo sia stimolante e necessario unire l'esperienza nei due campi per avere una maggiore capacità direttoriale.
È difficile dirigere nei teatri italiani?
È una fortuna dirigere nei teatri italiani. È purtroppo la politica che spesso rende difficile la vita dei teatri italiani.
Secondo lei cosa si dovrebbe fare per una maggiore diffusione della musica tra i giovani?
La musica va inserita seriamente nei programmi scolastici di base, come già avviene in alcuni paesi. La musica ha già di per sé tutto il potere di entrare negli intelletti e nell'anima dei giovani, ma è anche un linguaggio che può non essere inmediato. Vi è dunque il bisogno di fornire ai bambini e ai ragazzi gli strumenti per codificarlo affinché possano accedere al mondo sublime della musica creata dai grandi compositori. Questo apre la possibilità di provare dal vivo le auree sensazioni date da uno strumento come un'orchestra, un coro o una formazione da camera , con tutta la forza prorompente che possiede la musica e la rivoluzione interiore che è capace di creare, avendo così l'opportunità di aprezzare ad esempio un pianissimo beethoveniano negli archi, un do maggiore del finale della quinta di Beethoven, un finale de La Bohème che ti fa sentire emozioni paragonabili a quelle che si provano quando ci si trova di fronte a una grande opera architettonica, scoprire la grandezza di chi ha avuto una genialità incomparabile come Mozart, Bellini, Verdi o Puccini. Questo è creare valore: mostrare la forza della bellezza. Tutto ciò è necessario: il mondo ha bisogno di bellezza, poichè essa ci fa sopravvivere alle tante disgrazie che purtroppo esistono.
Come si lavora in Italia? Pregi e difetti.
I pregi sono inmensamente maggiori dei difetti. In campo operistico, la serietà con la quale si elaborano i cast è quasi unica al mondo. Ciò è fondamentale per il lavoro del direttore d'orchestra, e questo a prescindere dall'avere o meno grandi nomi. La cosa più importante è avere le voci adatte per poter esprimere tutto ciò che l'autore ha scritto nella partitura. Le orchestre, i cori, i cantanti, i maestri collaboratori, i tecnici conoscono come nessuno il funzionamento della macchina teatrale. In Italia c'e inoltre un pubblico unico. Mi sento estremamente fortunato per aver diretto e continuare a dirigere frequentemente in Italia. Poi nell'ambito sinfonico ci sono orchestre formidabili che ho potuto dirigere come la Rai di Torino, Maggio Musicale Fiorentino, il Teatro San Carlo di Napoli, I Pomeriggi Musicali di Milano, Orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania, l'Orchestra Sinfonica Siciliana, l'Orchestra di Padova e del Veneto, l'Orchestra della Toscana e tante altre che spero al più presto di poter dirigere. Tutte affrontano il repertorio sinfonico con grande passione, dimostrando così la loro altissima qualità anche sul palcoscenico. Difetti: a volte si potrebbe trovare un modo più pragmatico nel fare le cose.
Sogni nel cassetto?
Dirigere un giorno Tristan und Isolde. Migliorare il livello e la conoscenza culturale delle lingue che già parlo, e magari impararne altre.
Impegni per il futuro?
Concerti con l'Orchestra di Padova e del Veneto, la Suzhou Symphony Orchestra, l'Orquesta Ciudad de Granada, l'Orchestre Symphonique de Mulhouse, l'Orchestra Sinfonica Verdi di Milano, l'Orchestra della Toscana. Per quanto riguarda l'opera dirigerò Norma al Teatro Comunale di Ferrara, Madama Butterfly e La Medium all'Orizzonti Festival, Le nozze di Figaro e un Gala Concert con la Haifa Symphony Orchestra, Lucia di Lammermoor al Teatro Comunale di Treviso e al Teatro Comunale di Ferrara, Opera di Firenze – Maggio Musicale Fiorentino, Orchestra del Gran Teatre del Liceu de Barcelona, La Forza del destino a Las Palmas Opera, un Opera Gala con l'Orchestra del Teatro Real de Madrid e Aida a Wuppertal in Germania.
Cosa ama fare quando non è impegnato con la sua professione?
Amo leggere e ascoltare musica che ancora ritengo di non conoscere abbastanza. Nutro un profondo interesse per la Filosofia. Attualmente mi sono appasionato particolarmente alla lettura degli scritti di Umberto Galimberti.
Grazie mille ed un sincero in bocca al lupo per i suoi numerosi impegni futuri.
Grazie a voi e un saluto a tutti i lettori di OC
Alessandro Cammarano