Rebeka Lokar, ancor giovane soprano sloveno, si è rivelata agli appassionati d'opera per la bella e importante vocalità ma soprattutto per la sicurezza tecnica con cui affronta e supera brillantemente tessiture impervie come quelle di Abigaille e Turandot. Tuttavia la sua preparazione le consentirebbe di estendere in maniera significativa il suo repertorio verso i grandi ruoli del Belcanto e di confrontarsi anche con quei complessi ruoli verdiani in cui si è già cimentata tra Maribor e Zagabria, quali: Aida, Leonora del Trovatore e della Forza del destino, Elena dei Vespri e altri ancora. Insomma, un'artista che ci auguriamo di poter incontrare sempre più spesso nelle programmazioni dei teatri d'opera.
Intanto approfondiamo la sua conoscenza...
Qual è stata la molla che ha spinto una giovane fanciulla slovena di Maribor, verso lo studio della musica e del canto? La tua famiglia ti ha influenzato in tal senso?
Mi è sempre piaciuto cantare e, sin da piccola, ho cantato nei cori a scuola ed in chiesa. Nella mia famiglia non ci sono musicisti, ma la mia mamma adorava la lirica e spesso la ascoltavamo insieme.
Quando avevo sei anni mi comprò un'audiocassetta di canzoni natalizie cantate da José Carreras; la ascoltavo sempre. A vent'anni, un'amica di mia mamma che era cantante lirica presso il Teatro di Maribor, mi telefonò per avvisarmi che il giorno seguente ci sarebbero state delle audizioni per gli aggiunti del coro. Andai anche se non avevo una voce impostata per la lirica, cantavo musica pop e le canzoni italiane. Mi ricordo che in quel periodo stavo chiusa in camera per ore a cantare sui dischi di Anna Oxa. Ad ogni modo superai l’audizione. Mi chiesero se sapevo leggere uno spartito musicale, risposi di no ma aggiunsi che riuscivo ad apprendere velocemente. Mi misero in mano le parti del coro del Don Carlo di Giuseppe Verdi e la sera stessa andai alle prove. Quando poi sentii cantare Eboli fu una folgorazione e decisi di iscrivermi alla scuola di musica della mia città e di studiare canto.
È stato semplice trovare la strada formativa corretta, utile a raggiungere la dimensione tecnica, artistica, nonché la sicurezza necessaria per esibirti in ambito professionale?
Quando iniziai a studiare tecnica vocale alla scuola di musica facevo lezioni due volte a settimana.
Nei primi due anni non feci grandi progressi e la voce aveva poca estensione.
Un bel giorno a Teatro programmarono Macbeth: io ero come sempre nel coro e nel corso delle prove sentii cantare il baritono Mauro Augustini che interpretava il ruolo principale e che poi divenne il mio Maestro. Sentii questa voce libera, timbrata, facile; il Maestro stava seduto e cantava senza nessuna fatica, apriva la bocca ed usciva un fiume di voce. Gli chiesi se dava lezioni e se poteva ascoltarmi. Disse di si e così cantai per lui un paio di frasi di Azucena. Sinceramente la voce era ancora “bianca” però mi prese ugualmente come allieva. Per me fu la svolta. Dopo qualche tempo mi confidò che quando mi ascoltò per la prima volta non ebbe il coraggio di dirmi che sarebbe stato meglio per me se avessi intrapreso un’altra strada. Ma vide in me anche tanto amore per l'opera lirica e tanta voglia di studiare che non pensò di accettare la sfida e provare a farmi uscire la voce.
Mi recavo da lui a Treviso quattro volte all’anno e per pochi giorni perchè contemporaneamente studiavo inglese, tedesco e lettere, cantavo nel coro e lavoravo in un'agenzia di viaggi. Registravo tutto e poi a casa ascoltavo continuamente ed ogni giorno cantavo da sola in teatro.
Sono sempre rimasta a studiare dal mio insegnante, perché vedevo i progressi, la voce usciva, si sviluppava e diventava qualcosa. Non è stato facile e ci sono voluti anni per costruire la voce. Il mio insegnante in compenso ha avuto tanta pazienza e mi ha insegnato tutto: “il canto deve essere semplice, naturale, mai difficile e bisogna godere quando si canta”. Questo è un po' il suo mantra.
Non so cosa sarebbe successo se avessi continuato con la formazione normale, la scuola di musica prima ed il Conservatorio poi. Ad ogni modo quando iniziai a studiare con il mio insegnante, lasciai la scuola di musica: non vedevo progressi e non volevo mescolare due metodi di insegnamento completamente diversi. Credo comunque che la mia strada sia andata sin dall’inizio come il destino ha voluto. Tutte le scelte sono venute spontaneamente.
In che momento della vita e del tuo percorso di studi hai pensato per la prima volta che avresti dovuto crederci e andare avanti con l’obbiettivo di far diventare il canto la tua professione?
Forse sembrerà strano ciò che sto per dire ma io ci ho sempre creduto profondamente, non ho mai dubitato di riuscirci. Non mi ponevo molte domande, forse ho intrapreso il percorso con una certa dose di ingenuità e d’incoscienza ma, veramente, pensavo solo ad imparare, mi divertivo a cantare nel coro, mi divertivo a stare in scena, a fare lezione. Poi pian piano cominciai con i piccoli ruoli da mezzosoprano nel mio teatro ed era interessante. Nel 2007 ho firmato il mio primo contratto da solista della durata di un anno; la prima volta che come lavoro feci solo la cantante. Poi però dal 2008 al 2012 ho attraversato un periodo difficilissimo, il mio teatro non mi ha rinnovato il contratto, non avevo altro lavoro se non qualche sporadico concerto. Neanche in quel periodo però ho mai dubitato, quasi inconsciamente seguivo il percorso che mi ero prefissa e non ho mai smesso di studiare. Partecipavo a concorsi ed audizioni dove mi dicevano che cantavo bene ma che ero un soprano. Non sapevano che la mia voce era costruita e che occorreva ancora tempo prima che potessi fare il cambio di registro. Nel 2011 passai al registro di soprano e devo dire che il cambio è avvenuto in modo molto naturale e senza alcuna forzatura. Anticiparlo sarebbe stato pericoloso. La voce stessa, una volta compiuto il proprio naturale sviluppo, mi ha indicato in quale direzione volesse andare. Nel 2012 debuttai come Amelia in Un Ballo in Maschera al Teatro Regio di Torino; il mio primo ruolo da soprano.
Poi si fermò un po' tutto; andai a vivere in Belgio dove per un anno svolsi un lavoro di organizzazione senza però mai smettere di cantare. Ogni giorno dopo il lavoro cantavo e lo facevo nonostante mi dicessero che se fino ad allora non era successo nulla, nulla sarebbe successo in futuro. E mi dicevano anche che dovevo smettere di sognare di fare la cantante e sarebbe stato il caso che mi trovassi un altro lavoro. Io rispondevo sempre che ERO una cantante e che quella sarebbe stata la mia vita. Da quel momento non ascoltai più nessun altro se non il mio cuore. Due anni dopo nel 2014, nonostante avessi già affrontato il cambio verso il registro sopranile, sostituii la titolare del ruolo di Amneris in due recite di Aida nel corso di una tournée in Giappone. Dal 2015 invece iniziai a debuttare definitivamente nei ruoli da soprano.
Quali sono state le persone che ti hanno aiutato maggiormente nel tuo cammino verso questa difficile professione?
Assolutamente il mio Maestro Mauro Augustini che ha creduto in me e mi ha aiutato moltissimo e devo ringraziarlo perché all’inizio ha accettato la difficile sfida!
Poi mia mamma, che mi ha sempre appoggiato e, anche quando avevamo difficoltà economiche, non mi ha mai detto di smettere di sognare e di trovarmi un altro lavoro.
Poi devo ringraziare al mio attuale agente Giovanni Montanari che ha creduto in me e che si impegna tantissimo perchè io possa fare una bella carriera: ama veramente la mia voce e crede in me, sia come persona, sia come artista.
Poi devo anche ringraziare il direttore artistico del Teatro di Maribor, il M° Simon Krecic, che nel 2014 mi ha chiamato per la sostituzione in Amneris della quale dicevo poc’anzi e che, credendo fortemente in me, mi ha dato la possibilità di debuttare in tantissimi ruoli.
Hai qualche artista di riferimento o che ammiri ed ami particolarmente?
Ci sono tantissimi cantanti del passato che ascolto e che mi piacciono. Le cantanti che amo di più sono decisamente Renata Tebaldi, Montserrat Caballe, Zinka Kunc Milanov, Birgit Nilsson, Ghena Dimitrova, Giulietta Simionato, Fiorenza Cossotto, Fedora Barbieri, Shirley Verret, Grace Bumbry, Antonietta Stella, Anita Cerquetti… Tutte loro mi hanno insegnato qualcosa e non voglio dimenticare neanche le voci maschili che ascolto molto spesso e amo particolarmente: Mario Del Monaco, Franco Corelli, Giuseppe di Stefano, Jose Carreras e poi Bastianini, Cappuccilli, Siepi e potrei andare avanti.
Devo dire che durante tutto lo studio li ascoltavo per ore e mi affascinava la facilità con la quale cantavano, la brillantezza della voce sempre sul fiato, il fraseggio… Purtroppo non mi è stato possibile sentirli dal vivo e beati coloro che hanno avuto questa fortuna.
Quali sono state le tappe più importanti della tua carriera?
Decisamente il mio debutto assoluto in un ruolo sopranile con il personaggio di Amelia al Teatro Regio di Torino, poi il mio debutto l’anno scorso all’ Arena di Verona in Abigaille, il ritorno al Regio di Torino con Turandot, l'esordio al San Carlo di Napoli con La Fanciulla del West, il ritorno all’ Arena di Verona con Turandot ed Abigaille. Inoltre non posso dimenticare i miei debutti al Teatro Nazionale di Maribor con cui ho interpretato per la prima volta i personaggi di Minnie, Turandot, Leonora ne La Forza del destino e ne Il Trovatore, Aida. Ma sono state occasioni importanti anche quelle che mi ha offerto il Teatro Nazionale di Zagabria, dove ho debuttato in Manon e l’Helene de Les Vêpres Siciliennes.
Nel 2016 la Turandot a Torre del Lago e poi non posso dimenticare il debutto nel ruolo di Cio Cio San, a me molto caro, al Teatro Coccia di Novara. Credo che ogni debutto, ogni recita siano stati importantissimi ed hanno creato le basi per la mia carriera.
Come definiresti la tua voce?
Non so… non mi piace molto etichettare la mia voce. Cerco di cantare i ruoli che mi stanno bene, che non mi stancano e che mi sono “comodi”. Se dovessi definirla per colore, grandezza o estensione, direi un soprano lirico spinto o drammatico di agilità.
Quale repertorio gradiresti affrontare nel prossimo futuro e quali personaggi ritieni più confacenti alle tue caratteristiche vocali ed al tuo temperamento?
Mi piacerebbe moltissimo affrontare i ruoli belcantistici, dalle Regine donizettiane a Norma.
Per la mia voce ritengo siano un balsamo i ruoli di Aida, Leonora de Il Trovatore, Leonora de La Forza del destino, Butterfly, Amelia de Un Ballo in Maschera, Manon, Helene de Les Vepres Siciliennes. Mi piacerebbe interpretare Tosca, Elisabetta del Don Carlo, Elvira dell’Ernani…come cantare ancora Minnie e anche Turandot, sempre con la mia voce, mantenendo e sviluppando ancora meglio la sua proiezione, la brillantezza, l’elasticità, la duttilità.
Come ti accosti ad un nuovo ruolo?
Prima cerco di leggere il libretto, di recitarlo, poi comincio a cantare, frase dopo frase, cercando la soluzione tecnica per ognuna di esse. Scrivo gli appunti tecnici su ogni nota per la quale devo stare particolarmente attenta, “non chiudere” oppure “non aprire troppo”. Cerco sempre di trovare la soluzione che mi risulta più “comoda” per il canto e che non mi stanca. Uno studio tecnico rivolto alla ricerca della sicurezza personale, musicale ed interpretativa e sempre, allo stesso tempo, alla ricerca della qualità del suono migliore.
È successo comunque, per esigenze di tempo, di dover studiare un ruolo rapidamente memorizzandolo altrettanto velocemente.
Mi piace tutto il periodo delle prove, dalla regia, alla scoperta completa del personaggio, dall’idea del personaggio alla ricerca di renderlo al meglio. Mi piace il lavoro con i direttori d’orchestra ed i registi. Mi insegnano sempre qualcosa di nuovo, mi fanno capire di più e meglio e mi diverto a recitare.
L'anno scorso hai debuttato su due grandi palcoscenici italiani: quello dell’Arena di Verona e quello del San Carlo di Napoli. L’anno in corso invece l’hai aperto tornando a cantare al Teatro Regio di Torino. Che ricordo ti hanno lasciato e che emozione hai provato nel cantare su quei palcoscenici?
L’Arena è pura magia. Non esiste un’emozione simile, perché ti trovi davanti a 10.000 persone o più, su un palcoscenico enorme e ti rendi conto che sei li anche tu, dove prima di te ci sono stati i più grandi della lirica ed affronti questo palcoscenico con un rispetto grandissimo, sperando di dare anche tu un’emozione… e quando dopo una romanza senti gli applausi e i “brava”, provi dentro di te una profonda gratitudine per essere li a cantare, per fare ciò che ami di più al mondo con la speranza di essere riuscita a dare qualcosa anche agli altri.
Questo vale anche per il San Carlo, per il Regio e per tutti i teatri.
Cantare a Torino quest’anno è stato per me veramente molto difficile, perché all’antegenerale di Turandot è morta mia mamma. Nonostante l’indicibile dolore ho cantato tutte le recite perché, quando la vidi in ospedale per l’ultima volta, mi fece promettere che in nessun caso avrei lasciato la produzione e così feci. Per lei era importantissimo, nonostante tutto, che non mollassi; infatti mi disse: « abbiamo fatto troppi sacrifici... ». Ho cantato per lei, pensando e sentendo nel mio cuore che fosse in prima fila ad ascoltarmi. Canto per lei ogni volta.
Questa estate sei ritornata in Arena e hai cantato con grande successo sia Nabucco sia Turandot poi, caso più unico che raro, sei subentrata in due recite di Aida e sempre prima della terribile romanza “O cieli azzurri”. La notizia ha fatto, per così dire, il giro del mondo. Ci puoi raccontare il tuo stato d'animo in quei momenti?
Alla prima sostituzione di Aida, mi trovavo in un ristorante presso l’Arena a cena con amici. Quel giorno avevo studiato due ore Nabucco con il pianista e dopo mi sono avviata a vedere la recita di Aida, perchè Amneris era la Sig.ra Violeta Urmana che ammiro tantissimo. Al 2° Atto ha iniziato a piovere ed allora siamo andati usciti dall’Arena per cenare. Verso la mezzanotte mi chiamano dalla produzione, chiedendomi dove mi trovassi e se potevo recarmi con urgenza in Arena. A quel punto ho capito cosa stava succedendo e, sinceramente, tremavo. In dieci minuti mi hanno vestita, truccata e, mentre lo facevano, io cantavo il terzo atto con il M° Bernacer, almeno per vedere i tempi, e poi via in scena a cantare O cieli azzurri. Quando sono entrata in scena non sentivo più nessuna traccia di agitazione. Ero tanto concentrata ed è andata benissimo. Dopo l’aria un fiume di applausi e poi ha ricominciato a piovere di nuovo e lì è finita definitivamente la recita. Il 27 luglio ho sostituito un'altra volta la protagonista di Aida e sempre dal 3° Atto, ma questa volta terminando la recita. È andata cosi: al termine del 2° atto sono andata a salutare una mia amica che quella sera cantava nel ruolo di Amneris. Volevo tornare al residence, il giorno dopo dovevo cantare Abigaille, faceva tanto caldo e volevo riposarmi. Appena arrivata ai camerini, mi hanno vista e mi hanno detto di andare dal Maestro Oren. Lui mi ha chiesto se sapessi il ruolo e, alla mia risposta positiva, mi ha detto « Tu guardami » . Cosi mi hanno preparato di nuovo in circa 10 minuti, ho cantato un po’ mentre mi vestivano tanto per provare un po' la voce e poi via in scena. È andata benissimo ed ho ricevuto anche delle bellissime critiche.
Fra i tuoi impegni futuri ci sarà finalmente anche Aida, questa volta completa, all’Arena di Verona?
Lo spero con tutto il cuore. Sempre che la Fondazione mi inviti anche nella prossima stagione. Mi piacerebbe cantarla, specialmente in Arena credo sia un sogno per ogni soprano. Lo so che mi ripeto ma cantare Aida in questo storico anfiteatro romano è veramente magico.
Un'artista si nutre anche delle collaborazioni artistiche vissute: quali ti senti di ricordare e cosa ti hanno dato?
Sono nate bellissime intese con tanti direttori d’orchestra, registi e colleghi. Ogni collaborazione ti dà qualcosa, ti insegna qualcosa. Mi ricordo il lavoro su Les Vepres Siciliennes con M° Niksa Bareza, molto in dettaglio, attento ad ogni nota, ogni colore, ogni espressione. Lui è un direttore molto esigente, mi ha insegnato tantissimo e abbiamo fatto delle recite bellissime assieme.
Vorrei ricordare La Fanciulla del West con il M° Juraj Valčuha , con la regia meravigliosa di Hugo de Ana. Nabucco con il grandissimo Pierluigi Pizzi. È nata anche una bellissima intesa con il M° Francesco Ivan Ciampa: insieme abbiamo fatto Turandot a Sassari e quest’anno all’Arena di Verona. Poi con il M° Jordi Bernacer, con il quale abbiamo fatto Nabucco all’Arena quest’anno e anche l’anno scorso facendomi scoprire sempre cose nuove.
La collaborazione con il regista Stefano Poda a Torino per Turandot e con il M° Noseda.
E poi quest’anno ho avuto la fortuna di cantare Nabucco con il M° Daniel Oren a Shanghai con cui è nata, credo, una bellissima intesa. Sapevo che il Maestro è molto esigente ed avevo un po’ di timore ma è andata benissimo. Già lo scorso anno in Arena ho avuto modo di osservare l’energia ed l’amore per la musica che possiede quest’uomo e di come riesca a colpirti profondamente nel cuore.
La mia seconda sostituzione in Aida, come dicevo, è stata sotto la sua direzione.
Il M° Oren è stato con me su ogni nota, ha respirato con me, soltanto con lo sguardo e con il gesto mi ha mostrato tutto ciò che voleva che io facessi con la voce… mi lasciava tenere i suoni filati. È stata una poesia per me cantare cosi, un piacere ed un divertimento allo stato puro anche se le circostanze erano stressanti non dimenticherò mai questa Aida.
Quali desideri hai per il tuo futuro artistico?
La prima cosa che vorrei è mantenere la salute e la voce sempre in forma, Questo credo sia fondamentale. Vorrei poter cantare il più a lungo possibile perché amo profondamente il mio lavoro ed il canto, mi diverte e mi dà tante soddisfazioni. Desidererei un giorno mettere in scena i ruoli che amo e che ancora non ho debuttato, tornare nei bellissimi teatri dove ho avuto l’onore di cantare, debuttare anche negli altri grandi teatri che rendono importanti le carriere ed arricchirmi professionalmente con collaborazioni sempre più significative.
Quali sono le cose che ami maggiormente della tua professione?
Amo tutto di questa professione. Amo andare a studiare ogni giorno, cercare di migliorarmi e mi arrabbio se non ci riesco… ma gioisco se risolvo bene le cose. Amo stare in palcoscenico, recitare, amo provare, dai costumi al trucco. Amo quando si può provare tanto. Amo il battito forte dell’ansia prima di andare in scena e che sparisce appena inizia il canto.
Sulla base di questi primi anni di esperienza professionale, c’è qualcosa che soffri particolarmente dell’ambiente teatrale? Hai notato delle differenze da come si vive l’ambiente artistico in Italia rispetto agli altri paesi?
Sono abituata a trovare ostacoli per strada, penso che sino ad oggi non mi sia stato regalato niente. In questi ultimi tre anni sono successe tante cose bellissime e continuano a succedere. Speriamo vada sempre cosi ed anche meglio. Devo dire che sono riuscita a lavorare bene in qualsiasi parte del mondo sia stata.
Cosa avrebbe fatto Rebeka Lokar se non fosse diventata cantante lirica? Avevi pronto un piano “B”?
Studiavo per diventare una maestra di lingua inglese e tedesca. Non ho perso comunque la passione per studiare lingue straniere.
Immaginiamo che in Slovenia siano molto orgogliosi di te. Nella tua Maribor ti hanno già dedicato il nome di una via o una piazza? Nel caso non l’avessero ancora fatto, lanciamo noi l’idea attraverso questa intervista… :-)
La mia Maribor mi vuole bene ed io voglio bene a Lei. Sono orgogliosa del mio Teatro e della mia città e vi tornerò sempre a cantare. Lì ho cominciato, lì ho trovato la mia strada e questo non si può assolutamente dimenticare. Tornerò anche per tutti i miei cari e per tutto il pubblico che mi vuole bene. Però una via o una piazza non me l’hanno ancora dedicata. (ride)
Grazie per la chiacchierata e in bocca al lupo per i tuoi impegni futuri.
Grazie mille e viva il lupo!
Danilo Boaretto