Livorno, una vecchia casa luminosa dai soffitti alti, bei mobili solidi che raccontano una storia, il pianoforte; il cielo e il sole entrano dalle finestre, c’è aria di mare. La casa rispecchia in pieno la proprietaria, una bella donna bruna, serena e radiosa che parlando pacatamente e sempre, sempre, con il sorriso sulle labbra, ci racconta la sua storia.
Sono riccionese e mi sono avvicinata alla musica cantando in un coro. Nella mia famiglia non c’è nessuno appassionato di lirica, tanto che ho conosciuto l’opera solo a quindici anni: fino ad allora nemmeno sapevo cosa fosse. Poi ho ascoltato l’aria della Butterfly e … (non finisce la frase e mi sorride). C’era nel coro polifonico della mia città, dove entrai a dodici anni, una ex-corista della Scala che ci faceva ascoltare arie d’opera: mi innamorai di quest’arte e cominciai a studiare le prime cose, prima da sola e poi con lei; e da allora sono dentro questo mondo meraviglioso.
Il mio percorso musicale è stato un po’ particolare, mi sono laureata in lingue e sempre ho studiato la musica privatamente, poi ho cominciato a fare audizioni e da vent’anni lavoro sempre nel teatro.
Il mio debutto è avvenuto un po’ tardi, con Cherubino a Sassari nel 1996, perché prima facevo tutt’altro: a Riccione avevo un albergo; la mia è stata una carriera che ha seguito l’evoluzione della vocalità, ho fatto l’Accademia Rossiniana, quindi i primi ruoli belcantistici e poi quelli della maturità vocale da mezzosoprano: Aida, Trovatore … Sono stata fortunata perché ho sempre lavorato in grandi teatri, in produzioni importanti, e la mia carriera è andata avanti serenamente fino a quel fatidico giorno del 2015 … (tace per un attimo, poi raccoglie il fiato e inizia di nuovo a parlare) … stavo lavorando a Torre del Lago nella Butterfly, quando una sera, e io dico sempre che qualcuno mi ha mosso la mano, mi sono toccata casualmente un seno, quasi per sbaglio, e ho sentito un nocciolino.
![]() Laura Brioli prima della malattia |
![]() Laura Brioli durante la malattia |
![]() Laura Brioli oggi |
Era mezzanotte e ricordo che ho pensato “Oddio: ho un nodulo. Domani vado subito …” e mi sono addormentata di botto. Come una narcolessia. La mattina dopo ho fatto l’ecografia e subito la sentenza: “c’è da togliere tutto, è già vascolarizzato e quindi va fatto immediatamente”.
Ed è iniziato un calvario durato due anni, dove ad ogni diagnosi avevo una risposta peggiore. È cominciata con il dire che era un nodulo maligno, poi è venuto fuori che i noduli maligni erano due. Alla biopsia è stato visto che uno era già infiltrante, quindi era già “partito”; insomma, nel giro di nove mesi, da una mammografia precedente negativa, avevo sviluppato due carcinomi di cui uno uscito dal suo nucleo. E mi sono ritrovata ad affrontare questa realtà spaventosa, improvvisa, che mi ha cambiato tutta la vita.
Vedi, nel momento in cui rischi di morire e accetti anche la morte, non ti fa più paura niente, quindi mi sono detta: c’è la possibilità che io muoia, perché non si sa dove sia andato questo tumore, cosa abbia colpito … può darsi che io … (allarga le braccia). E lì uno fa i conti con se stesso: cosa ho fatto di buono nella mia vita, cosa lascio … e ti dici: ok, posso morire, ma prima vediamo e affrontiamo le cose. Ho affrontato una mastectomia che è una cosa molto invalidante, poi durante l’operazione si è visto che avevo due linfonodi già metastatizzati ed è stato fatto uno scavo ascellare. C’è stata una grande menomazione, non solo fisica, perché si pensa che togliendo un seno, anche a livello della femminilità, possa essere che … ma questo a me non ha dato nessun problema, il seno ti viene subito ricostruito.
Il problema mio è stato l’alterazione della mia fisiologia: essendo una cantante, ed essendo un’atleta, perché i cantanti sono atleti, è stato invalidante andare a toccare una parte così delicata per la respirazione come il torace. In più ho dovuto fare la chemioterapia, che brucia le mucose e quindi danneggia le corde vocali; insomma, improvvisamente ho perso la voce (sorride sempre mentre parla, gli occhi scuri fissi nei miei). Ed è stato per me più pesante perdere la voce che perdere i capelli o un seno!
Ogni settimana, quando andavo a fare la chemioterapia e i medici mi chiedevano come io stessi, rispondevo “sì, ho un po’ di dolori, però non ho la voce!”. Loro mi guardavano come se fossi pazza (ride forte), certo pensavano “ma la voce che c’entra??” e mi chiedevano, apprensivi “Ma sta bene??” e io “Ma la voce, ma la voce …”. Non rendendomi conto dell’iter che avrei dovuto fare dopo l’intervento, di queste cure invalidanti, avevo mantenuto l’impegno per un’Aida a Essen, in Germania, nel febbraio del ’16. Ho iniziato la chemio nell’ottobre del ’15 ed ero convinta di riuscire a fare questa produzione, speravo che finita la chemio la voce mi tornasse in fretta. Per me era importante che la malattia non mi impedisse la vita, io volevo avere una vita normale nonostante la malattia: questo è stato il mio principio, la mia lotta. Avevo degli obiettivi che sicuramente mi hanno aiutato a superare tutto quello che ho passato, ma finita la chemioterapia e iniziata la terapia ormonale ho dovuto arrendermi al fatto che il percorso verso la guarigione fosse più lungo di quello che pensavo. Sono partita per questa Aida, sono partita con la parrucca, sono partita senza quasi poter parlare, con un filo di voce; sono andata a fare le prove e lì mi sono dovuta arrendere … non riuscivo a sostenere fisicamente il ruolo; e la voce …? Diciamo che la prima ottava era meravigliosa ma gli acuti non c’erano, e non c’era la forza fisica.
E sono sempre stata sostenuta dal teatro! Quando sono arrivata a Essen e ho detto cosa avevo, sia la direzione che il regista e il direttore mi hanno supportato. Mi dicevano “aspetti, vediamo, vediamo come va … vediamo se recupera, c’è tempo, un’Amneris la troviamo in due ore … aspetti, aspetti …” Non so quanti teatri (pausa) si sarebbero comportati in questo modo con un’artista. Ma dopo una settimana di sofferenza ho visto che non ce l’avrei fatta e sono tornata a casa in uno stato abbastanza difficile, perché mi ero resa conto che tutto quello che io pensavo di poter realizzare, poi alla fine … (allarga le braccia).
Allora mi sono detta “bene, aspettiamo e curiamoci. Per cinque anni ho una terapia da seguire, quindi aspettiamo e speriamo che la medicina faccia un buon lavoro”. E fortunatamente dopo un anno la voce è tornata, mese dopo mese; finita la chemio, il mio corpo ha cominciato a reagire e da un anno ho ripreso a cantare. Ho iniziato facendo, però, attività concertistica, perché non ho voluto forzare il fisico interpretando opere in cui avrei dovuto lavorare tante ore al giorno e devo ringraziare due persone che in quel periodo mi hanno sostenuta professionalmente, Andrea Colombini a Lucca e David Boldrini a Firenze. David è un giovane compositore e la testimonianza della mia rinascita è un suo disco, che uscirà a giorni; lui ha voluto che a tutti costi partecipassi a questa registrazione … addirittura ha composto sulla mia vocalità. Si tratta di uno Stabat mater per soprano e contralto e di una Messa. Mi ricordo che gli dissi “David, ma ti rendi conto che se mi sento male salta la registrazione? Non è che io possa garantirti che ho le forze per incidere”. Lui mi rispose “Io penso che tu ce la faccia”; e in luglio siamo partiti in quest’avventura, siamo andati a incidere e quest’incisione è meravigliosa! Ricordo che tutto lo staff aveva una grande attenzione verso di me e se mi sentivo poco bene “fermi tutti! Siedi, bevi …” (ride) e poi si ricominciava.
Dopo l’operazione hai comunque continuato a fare i tuoi esercizi, i vocalizzi?
Ogni mattina mi alzavo, provavo e non usciva nulla … la mia fortuna è stata di essere chiamata nella scuola a insegnare la mia materia: sono docente di canto al Liceo Musicale di Livorno già da tre anni e questa è stata una svolta importante nella mia vita, perché ho potuto mantenermi … Sai, improvvisamente ho dovuto cancellare due anni di lavoro, prendere il telefono, chiamare i miei agenti e dire “io non posso cantare”. Quindi la scuola è venuta in aiuto e ho potuto vivere insegnando canto, nonostante per alcuni mesi non abbia avuto la possibilità di far sentire un esempio cantato, poi se Dio vuole è tornata la voce …
E ti è tornata gradualmente?
Sì, gradualmente. E percepivo giorno per giorno questo miglioramento. È stata una gioia enorme … è stato come per i capelli (si tocca la bella chioma) che sono ricresciuti più folti di prima e ricci …
Ma rispetto a prima è cambiato il tuo modo di affrontare il pubblico?
Sì! Molto. Sono cambiate molte cose, innanzi tutto devo dire che quest’anno ho fatto un corso dell’Università di Bologna, tenuto dal professor Franco Fussi, che possiamo dire sia il foniatra per eccellenza in Italia per quello che riguarda il canto, e sono diventata esperta in “vocologia artistica”. Essendomi dovuta fermare nella mia attività come cantante, mi sono detta “vorrei fare … vorrei fare tutte quelle cose che non ho mai fatto nella vita” e, quindi ne ho approfittato per studiare. Questo è stato fondamentale perché avendo avuto una difficoltà fisica, attraverso la conoscenza profonda di tutti i meccanismi muscolari sono riuscita a superare questa difficoltà; attraverso lo studio delle strutture muscolari ho più coscienza della mia voce e dei meccanismi che la producono e adesso canto meglio di prima! Prima cantavo grazie ad una grande natura, anche con incoscienza se vogliamo: era facile cantare, c’era la voce! Ora me la godo al centoventi per cento e quando vado a cantare è per me una vittoria infinita: cantare non è più la normalità, è una vittoria sudata con il sangue! E tutto assume un altro aspetto: poter esprimermi con la voce è per me un miracolo, perché tu non sai cosa vuol dire non riuscirci … cioè, avere nella mente il suono … (le si rompe la voce, gli occhi pieni di lacrime) mi commuovo in questo momento perché io non sapevo se mi sarebbe tornata come prima, so di colleghi che non hanno avuto questa gioia … Vedi, di un cantante malato non si parla … non se ne parla … i miei agenti mi chiesero di non dirlo e io per mesi sono stata zitta. Ma a un certo punto ho detto “perché devo mentire a me stessa, agli amici, al mondo? Non è una colpa il fatto di essermi ammalata” quindi un bel giorno ho fatto coming out e l’ho scritto su Facebook ed è stata una liberazione. Dover fingere di stare bene quando passi l’inferno è terribile, è una doppia sofferenza. Ed ora aver ritrovato la mia vocalità è per me una seconda vita!
Mi ricordo che nell’estate del 2015 ti incontrai a Torre del Lago, durante una cena dopo opera; tu facevi Suzuki in Butterfly. Eravamo una tavolata numerosa ed ebbi la sensazione che tra te e il mondo ci fosse un velo spesso.
Certo che davo quella sensazione, sapevo di avere un tumore addosso! Mi sono operata il 26 di agosto, avevo una recita dopo quella data e al Festival mi permisero di cambiarla. Vivevo un momento incredibile; facevo una cosa meravigliosa com’è l’opera e intanto facevo tutti quegli scanner che mi davano continuamente brutte notizie e poi salivo sul palcoscenico a cantare. E ti assicuro che ero in trance, stavo vivendo due realtà totalmente diverse. Ricordo che durante le recite, nel momento in cui stavo dietro al palco mentre c’era il coro a bocca chiusa, mi mettevo a guardare il lago; ascoltavo questa musica meravigliosa e pensavo a tante cose … era un turbinio di emozioni, soprattutto pensavo al mio figliolo, mi chiedevo se lo avrei visto crescere … era una cosa stranissima: la sofferenza ti amplifica i sensi , ricordo che provavo e sentivo emozioni al di sopra del normale, era come se il corpo fosse in allerta e quindi ricordo quei momenti come molto intensi. Nel male poi ti senti viva. Durante i giorni della chemio, dei controlli, avevo una forza, che poi è forza della disperazione e spirito di sopravvivenza, quasi adrenalinica. Avevo un appuntamento dopo l’altro e c’era un contatto con il senso della realtà, della vita e della morte, che posso definire “affascinante”, perché da ogni parola che ti dice il medico dipende la tua vita. Anche ora, che sto bene, quando vado a fare i controlli guardo quel dottore e penso che dalle sue parole dipende la mia vita. Se mi dice “Signora, qui c’è qualcosa” la mia vita cambia.
So che presto farai Nabucco, qui a Livorno; lo consideri una sorta di “nuovo debutto”?
Sì, e lo sarà in una città e in un teatro che amo; questa è l’ottava o la nona produzione che faccio qui.
Ricordo bene quando facesti la Cavalleria, per la riapertura del teatro nel 2004.
Facevo il secondo cast, c’era la Ildikó Komlósi e dirigeva il maestro Massimo de Bernart … che stava morendo. Ho pensato tante volte a lui. Fui chiamata a sostituire una collega e arrivai una settimana prima della prima; ricordo l’audizione e ricordo la prima prova: eravamo lui, la Laura Pasqualetti ed io. De Bernart aveva la sigaretta in mano, stava morendo e fumava … e faceva musica come se fosse la sua unica ragione di vita … era malato terminale e non l’avresti mai detto, era disperatamente attaccato a quella produzione ed io non posso dimenticare “come” ho fatto Cavalleria con lui. Ricordo che voleva una pausa quando Santuzza dice (e accenna il canto) “Io no, ci deve andare … chi sa di non aver peccato”, voleva una pausa “di emozione”. Io andai direttamente all’assieme e tutta presa dalla regia, dal canto, dimenticai questa pausa e lui urlò “Mi fai perdere tempo!!” (si commuove) … mi fai perdere tempo, capisci?! Mi sentii morire e pensai “Quest’uomo non ce l’ha il tempo …”. Da allora, quando canto Cavalleria faccio sempre quella pausa. Un’altra cosa che ricordo è che lui usciva a prendere gli applausi dopo di me e la Luigina Monferini, assistente di scena e sua grande amica, mi diceva “Laura, tienilo”, e io lo tenevo per mano e lui me la toglieva, con stizza. Poi alla terza recita, eravamo a Lucca pochi giorni prima che morisse, si sentì male durante l’Intermezzo e quando uscì per gli applausi fu lui a sussurrarmi “Tienimi”… (ancora ha gli occhi lucidi) e quindi quando io penso a come sono stata male mi viene in mente quest’uomo, e mi dico “ma quanta forza ha avuto!” e la devo avere anche io una forza così.
Dopo tutto quello che hai passato, quale pensi che possa essere, tra i ruoli che hai in repertorio, quello che ora ti rispecchia di più?
Mah … bella domanda! Forse Carmen, che sa di morire e affronta la morte con la rabbia … sì, Carmen! Se mi vedo cantare adesso, mi vedo nell’ultimo atto di Carmen. In lei c’è la coscienza della morte e assieme l’urlo della vita: libre elle est née et libre elle mourra! Sì, Carmen: perché anche io nella morte ho voluto essere libera, e forse la cosa più importante di questo percorso è stata proprio l’accettazione della possibilità di morire. Perché noi non l’abbiamo questa cosa, c’è l’istinto di sopravivenza che ti porta a sentirti immortale; ma nel momento in cui ti arriva una cosa del genere e c’è la vera possibilità di morire, la morte la guardi … io dico che la morte mi ha accarezzato, mi ha abbracciato, è stata con me per diverso tempo. E io l’ho guardata in faccia, l’ho accettata e questo mi porta a vivere ogni giorno … (fa un bellissimo gesto con le mani, come se cercasse di trattenere una cosa impalpabile).
A scuola come si sono comportati i ragazzi, quando hanno saputo di quello che stavi passando?
Non è stato semplice, ma già il mio inserimento non lo era stato. Forse se avessi insegnato in un conservatorio sarebbe stato diverso, ma sono entrata al liceo musicale con il mio “pesante” bagaglio di esperienza e professionalità, ho preso dei ragazzini di quattordici anni che non sapevano nulla del canto e ho cominciato da zero. Ho dovuto frenare tutto il mio impeto, la mia esuberanza ed entrare in un ambito che ha delle regole particolari, altre dinamiche e quindi è stato molto difficile rendermi conto che quello che ero io al di fuori, nella professione, dovevo dimenticarmelo e fare un'altra cosa. Ma la cosa bella(e si appassiona) è stato il rapporto con i ragazzi, perché quella è un’età meravigliosa! Dai quindici ai diciannove è l’età in cui si forma la personalità e dove tu puoi creare qualcosa di bello, di vero … e devo dire che con loro c’è un rapporto bellissimo, io adoro loro e loro adorano me. Magari sono presuntuosa a dire così, però sento l’amore, sento il rispetto … e anche hanno apprezzato la mia passione e assieme la mia decisione, perché sono una docente che pretende: pretendo il rispetto, pretendo che studino, che si impegnino. E in questo c’è stato veramente un grande scambio, tant’è che insegnare mi piace.
Poi mi sono appassionata alla tecnica vocale e continuo a studiare; adesso farò altri corsi e ho dei progetti di studio sulla vocalità lirica in collaborazione con i professori che mi hanno istruito. Mi sono appassionata al metodo Estill voice training, che è uno studio americano sulla conoscenza delle strutture muscolari e dove ci sono delle risposte incredibili! Noi cantanti, soprattutto quelli della mia generazione, abbiamo studiato su del materiale abbastanza “povero”: la vocologia artistica si è sviluppata solo negli ultimi dieci anni grazie a Franco Fussi, che è un pioniere della foniatria artistica. Quello che mi dispiace è che c’è poca informazione sugli effetti della chemioterapia sul canto, ho anche fatto molte ricerche, ma c’è poco, poco … un po’ i cantanti che hanno subito questa cura non ne parlano, anche perché un cantante ha sempre bisogno di dimostrare che sta bene, così lo chiamano … (e ride), e invece è normale anche avere dei momenti no.
So anche di alcuni cantanti che nonostante la chemio non hanno perso la voce, quindi sarebbe bene parlarne serenamente. Io ho voluto farlo, perché forse avere il supporto di altri cantanti, avere uno scambio su quello che succede, può essere di aiuto nell’affrontare la cosa. Parlarne è liberatorio; sapere che altri hanno avuto il tuo stesso problema e sapere come l’hanno affrontato può essere un aiuto a non sentirsi soli. Va detto che io ho recuperato completamente la mia vocalità, tutta l’estensione! Va detto che ho recuperato la qualità della voce, che è tornata più bella di prima! Come è accaduto per i capelli che sono cresciuti più folti, è probabile che la mucosa delle corde vocali si sia ricostruita “nuova” e quindi la vocalità è proprio fresca e questo va detto! Potrebbe essere di aiuto a qualcuno che sta passando gli stessi brutti momenti che ho passato io … Ed è un messaggio molto importante: tutto si affronta!
Poi, chi fa il mio lavoro e subisce una menomazione come l’ho subita io, ha dei grossi problemi proprio a livello di catena muscolare; è una questione di postura, tant’è che ho affrontato una riabilitazione molto pesante, dolorosissima, qui all’ospedale di Livorno. In seguito mi sono avvicinata al metodo ideato da Daniele Raggi, un medico di Milano; lui sta facendo un lavoro meraviglioso sulle catene muscolari, partendo dalla tecnica Mézières, e si sta specializzando sulla risoluzione dei problemi posturali per il cantante. Sto facendo questa terapia, qui a Livorno sono seguita dalla dottoressa Michela Cavagnaro e nel giro di pochi mesi ho recuperato il movimento della schiena, del collo, della laringe e del diaframma; cioè si è sbloccato tutto.
Credo che tu sia sempre stata una persona costante e caparbia! Percepisco in te tanta volontà ma anche tanta irriducibilità!
(Ride) Non ho mai mollato, sono cosciente che si vince tanto anche attraverso la mente. È importante anche accettare e assieme lottare; prendi per esempio il discorso sulla chemio: è vero che la chemio “fa male”, ogni farmaco ha uno aspetto benefico e uno malefico, e la chemio distrugge tutto … mi ricordo che dicevo all’oncologo “Ma io non ho la voce” e lui rispondeva “Per forza, signora, le guaine dei nervi sono bruciate! Lei dà impulso, ma quello non arriva alle corde!” e pensavo “allora devo aspettare” … cioè, io ho creduto e credo tantissimo nella medicina, credo che nonostante il dolore che si prova a fare queste cure la risposta ci sia. Io per ora sono la prova, così come tante altre persone, che queste cure funzionano. Mi sono fidata dei medici, anche se ci sono stati momenti in cui ho vacillato e mi dicevo “perché mi devo andare a intossicare, curarmi per stare male e rischiare altri tipi di tumori?”, l’endometrio, per esempio, va tenuto sotto controllo. Ma poi mi sono sempre fidata e ho sempre lottato, anche contro le mie paure … e la paura c’è sempre, la paura di una recidiva è grande, però io vivo giorno per giorno come se fosse l’ultimo.
E la tua famiglia?
Ho un figlio e un compagno adorabili, che mi sono sempre stati vicino. L’amore si vede in momenti come questo. Se guardo le fotografie post cura mi spavento, ero trasformata, gonfia, stravolta nel viso, senza capelli e credo che se un uomo non ti ama veramente non ce la fa a sopportare questo; ma lui tutte le mattine, quando ero senza capelli, mi guardava e mi diceva “come sei bella!” e io rispondevo “ma sei pazzo!”. Lui lo pensava veramente e quindi se hai la fortuna di avere accanto un uomo che ti ama riesci a superare tante cose … sì, la famiglia mi ha aiutato tantissimo. All’inizio ho nascosto la gravità della cosa a mio figlio, che ora ha quattordici anni, poi mi sono detta che la bugia non funziona. Mi sono rasata i capelli assieme a lui e al mio compagno, tutti assieme in bagno e loro mi hanno aiutato; io l’ho quasi presa a ridere, l’ho fatto partecipe. Lui ha avuto una reazione bella, mi proteggeva; forse tutto questo l’ha aiutato a crescere, era l’inizio dell’adolescenza e doveva crescere, ma io mi preoccupavo e pensavo “mi va a capitare tutto questo proprio nel momento in cui ha più bisogno di me!”.
Comunque ho sempre cercato di farcela, anche durante la chemio ho lavorato sempre, andavo a scuola. Ma quando stai così male tutto è difficile, anche il solo uscire per andare a fare due passi; cioè, non ti rendi conto di cosa voglia dire fare una vita normale finché non provi l’impossibilità di fare una vita normale … quindi io, adesso che posso fare tutto quello che voglio senza dolore, sono una regina! Tutto quello che faccio, lo faccio gustandomelo; cambia completamente il senso della vita. Noi artisti abbiamo sempre bisogno del faro su di noi, del dover dimostrare, di lavorare … ho passato mesi che mi mettevo a piangere ogni volta che aprivo Facebook, vedevo i miei colleghi che erano in giro a cantare e io su una sedia che non mi muovevo. Piangevo perché avevo perso la possibilità di fare un mestiere che amo profondamente e che facevo in piena regola. Adesso guardo tante cose con un senso di ironia, perché mi fanno un po’ ridere; leggo di certe cose futili che paiono drammi quando io il dramma vero l’ho vissuto e mi sento superiore a certe cose … quando c’è qualche piccolo problema, nel quotidiano, non lo considero neanche. I problemi gravi sono altri, e per questo ora vivo bene.
Tu hai cantato tanto fuori Italia…
Sì, Germania, Spagna, Francia … anche paesi lontani … tante soddisfazioni.
Intendi riprendere?
Mah …! Guarda: io ora sto facendo una vita molto bella, ho il mio lavoro, ho la mia casa … e non mi manca lo stress della performance. Sono stata un’artista che ha sempre sofferto di ansia da prestazione, non lo nego; quando lavoravo ero molto ligia, facevo teatro-albergo, albergo-teatro. Avevo molta coscienza e sapevo che se mi fossi ammalata avrei perso la recita … sono sempre stata molto attenta e così facendo mi sono persa tante cose della vita. La serenità che ho adesso è impagabile e se tornassi a fare la carriera di prima la vivrei sicuramente in modo diverso. Però non so cosa mi riservi il futuro, perché ancora per tre anni ho la spada di Damocle sulla testa. E quindi, se mi arriva una produzione e so di potercela fare, io l’accetto: vocalmente posso farcela, non ho dolori. Però mi sento libera dall’assillo della carriera e questa è una grande libertà. La mia carriera si sta spostando sull’insegnamento, i ragazzi che seguo stanno facendo un percorso incredibile e questo mi affascina, mi affascina molto. Ho molte strade davanti a me, tante … e anche se il mio percorso come cantante dovesse terminare qui, io sono già contenta! La mia carriera l’ho fatta, ho coscienza di chi io sia, di quello che ho fatto, di quello che so. Se quindi questa conoscenza, questo valore “mio”, invece di portarlo su un palcoscenico lo porto in un’aula didattica, va bene! Sono sempre io!
Mi manca un po’ quel senso di follia che c’era nell’arte, quel senso del domani che non sai come sarà: ti chiamano da Tokyo improvvisamente, prendi e vai … mi manca quella leggerezza di vita. Però mi rendo conto che per avere quella dovrei pagare tanto e quindi non lo so se … Quando fai la chemio è come invecchiare di vent’anni, veramente! Il corpo invecchia, tu invecchi … mi è mancata quella sensazione di giovinezza, ma adesso sta rientrando. Non ho grossi disturbi, mi muovo bene, ho ritrovato i miei lineamenti … sai che quella era una cosa spaventevole?! Il guardarsi allo specchio e non riconoscersi. Insomma mi sta tornando il senso della leggerezza, ma è ancora più forte l’altro senso, quello della coscienza. Devi accettare l’età, accettare tutto, il cambiamento è inevitabile e se riesci ad accettare le cose come sono, ecco: è una grande vittoria!
E trovo che sia bello invecchiare … Tutto si può fare, non bisogna avere paura di niente e l’importante è “stare collegati”(si tocca prima la testa e poi il cuore), essere coscienti, accettare ed essere coscienti. La “resilienza”, no? Direi che ora sono serena, anzi, sono quasi più felice adesso di quando avrei potuto esserlo senza problemi. Sono più tranquilla e la tranquillità è impagabile …
Marilisa Lazzari
Note aggiuntive: qui sotto vi diamo la possibilità di ascoltare due brani audio registrati da Laura Brioli in tempi recentissimi. "Stride la vampa" è tratto da un concerto cantato a Lucca durante i primi giorni di ottobre 2017 mentre il "Quando corpus" è un momento dello Stabat Mater di David Boldrini (di cui ci parla nell'intervista) la cui pubblicazione del CD è prevista per il mese di novembre; in questo brano Laura Brioli canta accanto a Laura Andreini. Interpreti, autore ed editore hanno concesso ad OperaClick la pubblicazione di questo brano in anteprima esclusiva.
It look's like you don't have Adobe Flash Player installed. Get it now.
Il Trovatore - "Stride la vampa" - Laura Brioli, Dir. Andrea Colombini, Orch.Filarmonic di Lucca. Lucca, ottobre 2017
It look's like you don't have Adobe Flash Player installed. Get it now.
Stabat Mater di David Boldrini - "Quando corpus". Laura Brioli e Laura Andreini
Marilisa Lazzari