Fabio Capitanucci non ha certamente bisogno di presentazioni essendo uno dei baritoni brillanti che maggiormente hanno calcato i più importanti palcoscenici internazionali negli ultimi decenni.
Buongiorno Fabio. Devi sapere che tra i nostri lettori vi sono, fra gli altri, tanti giovani studenti di canto ed artisti ad inizio carriera, sempre molto interessati alle storie di chi è riuscito ad affermarsi come artista lirico. Pertanto, sarebbe bello se ci raccontassi un po’ la strada che hai percorso per arrivare al debutto professionale e le ragioni che ti hanno portato ad imboccarla…
Prima di tutto vorrei ringraziarti per questa bella opportunità di raccontarmi e farmi conoscere meglio al vasto pubblico di OperaClick. Grazie davvero Danilo!
La storia e la strada intrapresa per arrivare al debutto partono da lontano… direi da quando, giovane teenager in pantaloncini da mare, cantavo fra le cabine dello stabilimento balneare che frequentavo all’epoca o, infervorato liceale, alle 8:00 della mattina rompevo le scatole ai compagni di classe cantando a squarciagola arie d’opera ascoltate e riascoltate, fra le loro maledizioni, poiché quel baccano non gli consentiva di copiare o aggiustare l’ultima parte della versione di greco tralasciata magari la sera prima a casa e speranzosi di ultimarla in classe l’indomani.
La mia è la storia di un giovane e semplice ragazzo di paese. Provengo da Sabaudia, ridente cittadina sul mare all’interno di un Parco Nazionale molto bello come quello del Circeo, da una famiglia altrettanto semplice che con la musica non aveva assolutamente nulla a che fare eccetto che per Zia Marcella, la zia colta e “signorina” che aveva sempre amato la musica e che cercò in tutti i modi di farla praticare a tutti i suoi amatissimi nipoti. In particolare, Zia Marcella mi fece da vera e propria madre dal momento in cui un tragico evento portò via mia mamma, a me e alle mie tre sorelle maggiori, quando avevo solamente quattro anni.
A quindici anni venni letteralmente travolto emotivamente dal concerto dei Tre Tenori! Quello fu l’evento scatenante della passione da cui nacque il mio amore per questa sacra arte della lirica: del resto venendo da un paese e da una provincia dove non esisteva e non esiste un teatro d’opera ed una tradizione in tal senso, l’evento del 1990 di Caracalla fu dirompente. Da lì in poi giù a cercare cassette, VHS, CD in edicola di tutti i cantanti possibili ed immaginabili e di tutte le opere esistenti: diventai un vero divoratore d’opera lirica in tutte le sue forme.
Ad un certo punto cominciai a cantare nella corale della parrocchia. Il maestro del coro mi notò e mi portò, per avere un consiglio, da un amico ormai prossimo alla pensione: Gabriele De Julis, tenore specializzato principalmente nei ruoli di fianco, classe 1927, diplomatosi a Pesaro e discendente della scuola cosiddetta “melocchiana”. Questo artista era amicissimo di personaggi della grande Lirica degli anni 50,60,70 con i quali aveva cantato e condiviso i palcoscenici di tutto il mondo: da Del Monaco a Di Stefano, Guelfi, Taddei, Protti, Bruscantini, Tucci, Zeani solo per ricordare quelli a cui era più legato negli ultimi anni della sua carriera. All’epoca avevo 17 anni e mezzo. All’audizione cantai “Non più andrai, farfallone amoroso” ed al termine De Julis mi disse: “il materiale c’è. Se vuoi studiare sarai il mio primo allievo – questo perché all’epoca De Julis era ancora in carriera – ma scordati di cantare arie finché non lo deciderò io”. Iniziai a studiare da lui e per almeno otto mesi mi fece fare solo vocalizzi. Ricordo che, non avendo ancora la patente, mi accompagnava mia sorella maggiore e mia nonna veniva con noi per tenerle compagnia durante le circa due ore di lezione. De Julis fu il primo ed unico maestro di tecnica che ebbi. Una curiosità: pur essendo di scuola melocchiana, non lo sentii mai pronunciare il termine “affondo”. All’incontro con questo mio insegnante devo l’inizio dei miei studi, quelli che mi portarono, per così dire, a fare sul serio.
Evidentemente la grossa sfortuna data dalla perdita di mia madre, mi fu parzialmente compensata da una fortunata serie di incontri che mi portarono importanti esperienze ed insegnamenti.
A soli 23 anni eri già approdato all’Accademia della Scala pertanto non tardarono ad arrivare i tuoi primi importanti impegni. Quali sono le esperienze di quel periodo che ricordi con particolare piacere e ritieni siano state particolarmente formanti?
In verità prima dell’Accademia della Scala vi fu l’esperienza del Lirico Sperimentale di Spoleto. Fu il primo concorso importante che vinsi e rappresentò per me una vera e propria palestra di vita dandomi la possibilità di assaporare la vita del cantante (essere fuori casa per diversi mesi e studiare i ruoli provandoli sia scenicamente che musicalmente con lunghe prove di regia e con il Direttore d’Orchestra), e di goderne appieno con tutto l’entusiasmo e la baldanza giovanile. E soprattutto mi diede la fortunata possibilità di lavorare a stretto contatto con grandi e carismatiche personalità del mondo musicale ed operistico di allora come Enza Ferrari, Renato Bruson, Massimo De Bernart e tanti altri.
Subito dopo venne l’Accademia della Scala! Beh, cosa dire? Per un giovane di appena 23 anni fu davvero la realizzazione di un sogno. Ritrovarmi a girare all’interno di quel Tempio Sacro della Lirica, luogo che reputavo inarrivabile solo fino a qualche anno prima e che potevo solo immaginare attraverso l’ascolto di un CD, aveva per me dell’incredibile.
Le esperienze che ricordo con particolare piacere sono di diversa natura, sia come allievo e studente naturalmente, sia come appassionato di opera lirica: le mie giornate erano completamente assorbite dagli studi e poi dalla partecipazione in diverse produzioni della Scala oppure, come spettatore, quasi tutte le sere dal mitico loggione, degli spettacoli a cui non prendevo parte. Insomma, una vera “scorpacciata” di musica e di opera lirica a 360° con i più grandi interpreti sul palcoscenico, sul podio ed alla regia. Davvero mi ritengo di essere stato un privilegiato ed anche fortunato - perché si, la fortuna è molto importante in una carriera, direi essenziale - per aver potuto studiare ed apprendere Arte da grandissimi personaggi come Leyla Gencer, Riccardo Muti, Shirley Verrett, Luciana Serra, Giovanna Canetti, Renato Bruson, Leo Nucci, Bonaldo Giaiotti, Luigi Alva e tanti altri che hanno dedicato del loro tempo a formarci ed insegnarci tanto di questo mestiere.
Così giovane avevi già le idee chiare sul repertorio da affrontare? Avevi una persona fidata che ti dava dei consigli?
No, naturalmente non avevo ancora idea sull’effettivo repertorio da studiare e interpretare. I consigli di questi grandi maestri che ho avuto la possibilità di conoscere e frequentare mi hanno molto instradato ed ho cercato di seguirli con equilibrio ed una buona dose di umiltà, altra grande virtù che ad un cantante non dovrebbe mai mancare.
Devo ammettere che le persone fidate erano diverse. Ho sempre cercato di ascoltare molto e di farmi un’idea, di elaborare e mediare i diversi consigli da parte delle persone di grande esperienza con le quali sono entrato in contatto in quegli anni. Ho sempre avuto la curiosità di chiedere e fare domande, ascoltare e cercare di apprendere, cosa che faccio ancora adesso ascoltando i miei colleghi ed anche i giovani miei allievi del Conservatorio.
La tua vocalità caratterizzata da una voce ben timbrata, a fuoco, sonora e di apparente facile emissione, ti ha portato ad affrontare i principali ruoli baritonali delle opere, fra gli altri, di Mozart, Donizetti e Rossini. Tanti Figaro del Barbiere rossiniano, Belcore, Dandini, molte Nozze di Figaro di cui hai cantato pressoché tutti i ruoli (Figaro, Bartolo e Conte), svariati Lord Enrico Ashton ma anche Masetto, Sharpless, Germont padre, Ernesto del Pirata, Nottingham del Devereux, Riccardo dei Puritani, Evgenij Onegin, Gianni Schicchi, parecchi Marcello e Ford. Sei sempre stato attento a non fare il passo più lungo della gamba e questa attenzione alla lunga paga. Che ne pensi di questa considerazione?
Grazie mille per aver fatto questa considerazione! É un aspetto a cui ho sempre fatto attenzione ed è stata un po’ la cifra distintiva della mia carriera. Una delle prime frasi che mi risuonano nella testa da parte dei cantanti più grandi di me e dei maestri ai quali, come dicevo prima ho sempre chiesto consigli, era: “Quando canti un ruolo, soprattutto agli inizi ed ai debutti, lascia che dicano: però, questo ragazzo potrebbe fare di più, anche ruoli di repertorio più importante…”. Per questo ho cercato sempre un canto generoso e verace, genuino, ma equilibrato ed in sintonia con la scrittura richiesta dal compositore, in tutti i ruoli mozartiani, rossiniani e donizettiani che ho interpretato; in seguito, l’esperienza e la maturità vocale mi hanno portato naturalmente ad interpretare anche altri ruoli più lirici e pieni. Quindi tornando alla tua considerazione molto pertinente riguardo il “passo più lungo della gamba”, sono assolutamente d’accordo nel ribadire che non andrebbero mai fatti. Sono consapevole che anche per questo forse ci vuole una buona dose di fortuna (trovare i buoni dispensatori di consigli soprattutto quando si è giovani), ma non lasciamo proprio tutto al caso…Testa, cuore e istinto da ascoltare e mediare con equilibrio hanno una grandissima parte ed importanza nella vita di un cantante… anzi, sono i migliori consiglieri!
A questo punto della carriera non ti viene la tentazione di affrontare ruoli diversi, se non addirittura cambiare repertorio? Stai facendo qualche riflessione in tal senso?
Certamente che mi viene voglia, ma sempre con lo stesso spirito e l’istinto che ha guidato le mie scelte! Ho sempre frequentato il repertorio belcantista e cantato tantissimi ruoli rossiniani, mozartiani e donizettiani, pertanto, posso affermare che si tratti per me di un repertorio congeniale ma non solo per la voce e l’interpretazione (ormai sono 26 anni che li affronto), ma anche per lo spirito che anima la mia voglia di fare Teatro e Lirica…io mi trovo a casa in questo repertorio; è come l’abito o le scarpe più comodi da indossare e non è solo per un discorso di “apparente” facilità, no! É soprattutto per la gioia ed il benessere che provo interpretando questi ruoli, per la simpatia che essi suscitano in me, per il sorriso sempre presente in queste opere e in questo repertorio. Insomma, credo sia fondamentale e direi di grande fortuna poter cantare ed interpretare ciò che ti piace e ti dona un benessere psicofisico.
La riflessione che sto facendo ora ed in questo periodo della mia carriera è di restare sempre nell’ambito di questo repertorio ma passando al debutto di personaggi più “anziani” e quindi, tanto per fare un esempio, dal Belcore al Dulcamara, dal Dandini al Don Magnifico, dal Figaro del Barbiere al Don Bartolo e a tutta la miriade di meravigliosi ruoli di questo vastissimo repertorio… e spero di arrivare presto ad un prossimo debutto di un’opera per me capolavoro come il Falstaff nel ruolo di Sir John.
Se dopo tanti anni di professione artistica sei ancora perfettamente dotato di una voce fresca che ti consente di fare progetti per il futuro, significa che oltre ad avere affrontato ruoli adeguati alla tua vocalità, li hai anche cantati senza farti del male. A tal proposito, qual è il tuo rapporto con la tecnica vocale e quanto ritieni sia importante per fare questo lavoro?
Naturalmente ritengo sia fondamentale lo studio, affinare la tecnica e adattarla alle nuove esigenze fisiche legate alla trasformazione del nostro corpo col passare degli anni. Ed altrettanto fondamentale ritengo sia prendersi cura del proprio organo vocale tenendosi fisicamente in forma cercando di raggiungere uno stato psicofisico ideale. Il “Mens sana in corpore sano” ereditato dai nostri padri latini credo sia un insegnamento perfetto! Solo raggiungendo un ideale stato psicofisico si può davvero affrontare il discorso tecnico al meglio: ne risulterà un canto in pieno equilibrio. Fondamentale per me è sempre stato il ricercare un canto genuino, verace e generoso quanto possibile. Ho creduto sempre molto nella schiettezza della parola, nella chiarezza della dizione ma senza che ciò andasse a scapito della pienezza del timbro e del colore naturale della voce. La ricerca di una emissione naturale e di una “luce nella voce”, una freschezza che la rendesse comunicativa e “apparentemente” facile. Naturalmente si cerca di ottenere tutto questo in una certa percentuale, a volte ci si riesce a pieno a volte no per diverse situazioni, ma è importante che i principi in cui uno crede e i pilastri della tecnica siano sempre ben saldi e a mente. Noi, ed alludo a tutti i cantanti professionisti che calcano i palcoscenici dei Teatri d’Opera di tutto il mondo, veramente ce la mettiamo tutta e cerchiamo di fare sempre del nostro meglio con grande onestà!
Hai mai avuto dei riferimenti tra gli artisti del passato?
Certamente si! Ne ho diversi e tutti dei veri portenti! M’innamorai subito, fin dal primo ascolto, del colore della voce e della nobiltà di canto di Ettore Bastianini. Del modo di porgere la parola e della “grassezza” della voce di Giuseppe Taddei (inarrivabile Sir John Falstaff per ironia ed autoironia e per la capacità di portare in palcoscenico il suo vissuto e le sue esperienze di vita in modo del tutto spontaneo e naturale). Il fascino e la bellezza della voce e del canto di Cesare Siepi, frequentemente commovente! La granitica solidità ed ampiezza della voce di Giangiacomo Guelfi con un colore assai scuro ma sempre proiettata e con uno squillo incredibile. Renato Capecchi con la sua eclettica ed istrionica notevole vocalità, straordinario Jago e al tempo stesso Don Bartolo del Barbiere tanto per rendere l’idea. Sesto Bruscantini con la sua intelligenza artistica e straordinario equilibrio nel canto… davvero la lista sarebbe lunghissima e ci vorrebbero pagine e pagine… sono stati tutti dei riferimenti, per quanto inarrivabili, in quanto all’idea di canto, al modo di porgere, al suono naturalmente emesso senza compromessi, artifizi o effetti.
Fra i grandi artisti con cui hai lavorato, chi ti ha impressionato maggiormente e perché?
Se “per lavorato” vogliamo intendere anche “studiato e confrontato”, e per me il lavoro del cantante parte soprattutto dallo studio e dalla preparazione, sicuramente devo annoverare il grande Renato Bruson che fin dallo Sperimentale di Spoleto passando per il Concorso di Rocca delle Macìe per poi arrivare all’Accademia della Scala mi ha sempre seguito ed insegnato moltissimo…mi ha sempre impressionato in Lui l’enorme spessore interpretativo, l’utilizzo della parola e la messa in pratica del “recitar cantando” ma sempre nel rispetto della sua voce, del suo bellissimo suono brunito e tornito… mai effetti o finte emissioni; i suoi piani e pianissimi erano davvero suoni emessi tecnicamente in modo impeccabile (gola larga e corda vocale addotta alla perfezione con un sostegno notevolissimo, i veri piani insomma).
Naturalmente sulla stregua di questa scuola ed Arte non posso non annoverare gli altri grandissimi cantanti con i quali ho avuto modo di studiare od avere confronti come la Signora Leyla Gencer, la Signora Shirley Verret, la Signora Luciana Serra, i Maestri Luigi Alva, Bonaldo Giaiotti, Leo Nucci.
Invece ho avuto l’onore e la fortuna di lavorare in palcoscenico con altri grandissimi artisti: con Mariella Devia nella Lucrezia Borgia del Teatro alla Scala, nel Don Giovanni al Teatro Regio di Torino e nel suo debutto nel Roberto Devereux a Marsiglia; con Edita Gruberova sempre nel Roberto Devereux a Monaco di Baviera; con Natalie Dessay in Traviata a Vienna; con Alessandro Corbelli in Elisir D’Amore a Monaco di Baviera ed ho potuto toccare con mano la sua maestria nel ruolo di Dulcamara; ma anche Enzo Dara e Ugo Benelli, Luciana Serra ed Alfonso Antoniozzi nel discusso Viaggio a Reims eseguito a Genova nel 2003 con la regia di Dario Fo…ma ancora Bernd Weikl, Kurt Rydl, Paata Burchuladze , Roberto Scandiuzzi, Roberto Frontali ecc ecc. Veder lavorare questi immensi artisti è stata davvero una scuola senza prezzo: esperienze del valore di mille masterclass.
Devo aggiungere che vi sono anche moltissimi Artisti più vicini alla mia generazione con cui ho lavorato e dovrò lavorare in futuro che mi hanno impressionato e per i quali nutro grandissima stima; mi hanno insegnato molto e vederli in scena ed essere al loro fianco in palcoscenico è stata ed è la scuola di canto più importante che si possa avere. Così con Juan Diego Florez e la sua perfezione, Ambrogio Maestri e la sua vocalità incredibile, Sir Bryn Terfel ed il suo carisma immenso, Michele Pertusi e la sua classe inconfondibile, Jonas Kaufmann e la sua musicalità, Anna Netrebko e la sua solidità tecnica e tantissimi altri.
Ci sono tanti studenti di canto che fanno un gran peregrinare da un insegnante all’altro, quasi fossero alla ricerca del Santo Graal. Cosa ne pensi? Hai qualche consiglio da dare in merito a questo argomento?
Questo è un argomento molto delicato! Penso che trovare un buon insegnante di canto col quale capirsi sia molto difficile. Anche qui penso ci voglia una buona dose di fortuna! Sono convinto altresì che non basti solo un bravo insegnante ma che ci voglia molta determinazione, spirito di sacrificio e talento anche da parte dell’allievo. La peregrinazione da un insegnante all’altro non mi convince molto. Non vorrei fosse una pratica un po’ troppo abusata per evitare delle crude verità oppure per ricercare altrove ciò che invece andrebbe ricercato in sé stessi. Non credo che il Santo Graal sia nelle tecniche d’insegnamento di un maestro di canto. Purtroppo, vi sono molti improvvisati anche in questo campo e dunque altra dote principale dell’allievo, futuro cantante, dovrebbe essere quella di essere in grado di discernere la bontà delle cose spiegate, dette e non dette da parte dell’insegnante. Oggi giorno sono vastissimi i modi, grazie alla tecnologia piuttosto che ai social, per confrontarsi, per scambiarsi opinioni, riascoltarsi e avere delle idee più chiare e convincenti. Certamente consiglierei ad un giovane di scegliere in modo intelligente cercando di capire chi ha di fronte. La fiducia che deve nascere dal rapporto tra un insegnante ed un allievo è fondamentale e questa può aversi soltanto con la stima ed il rispetto. Credo che un allievo di razza abbia un istinto giusto per capire quasi da subito. Penso che un insegnante debba essere massimamente onesto e sincero e non debba in alcun modo illudere l’allievo; dette così possono sembrare ovvietà, ma non lo sono, purtroppo!
Un domani, quando tra trenta o quarant’anni non canterai più , ti dedicherai all’insegnamento?
In verità quella dell’insegnamento è un’esperienza che sto già vivendo da circa tre anni. Da diverso tempo infatti partecipo ai bandi concorsuali per le inclusioni nelle graduatorie d’istituto dei vari Conservatori d’Italia. Ho avuto modo d’insegnare a Venezia presso il Conservatorio Benedetto Marcello per un anno e per due anni presso il Conservatorio Giacomantonio di Cosenza dove attualmente insegno e sto terminando il terzo anno su cattedra. Sono felicissimo perché l’insegnamento mi appassiona molto ed il rapportarmi con i giovani ancor di più. Vedere in loro l’energia e l’entusiasmo durante le lezioni dà grande soddisfazione ed energia anche a me. Mi piace avere un rapporto molto informale, diretto e sincero. Mi pongo nei loro confronti come un collega più grande e di maggior esperienza che spiega il canto, la tecnica e il repertorio ad un collega più giovane e meno esperto. In fin dei conti anch’io sono ancora uno “studente” che continua a studiare col proprio maestro di canto e maestro pianista ripassatore. Studio gli spartiti per i nuovi debutti o li ripeto per tenermi in allenamento e, allo stesso tempo, sono anche il collega più grande che riporta a lezione le esperienze appena vissute in palcoscenico. Al momento questo è lo spirito che anima il mio essere insegnante. Mi trovo bene e ho il giusto riscontro da parte dei miei allievi.
Ultimamente si sente sempre più spesso dire che alcune direzioni artistiche, prima di scritturare un artista, controllino anche il suo numero di followers. Questo perché, in un momento di innegabile crisi del teatro come quello che stiamo vivendo aggravato anche dai due anni di pandemia, fa comodo avere artisti che più di altri abbiano il potere di attirare il pubblico. Bufala o realtà? Che ne pensi?
Onestamente e al netto di diverse anomalie derivanti dal preponderante utilizzo ed abuso, mi verrebbe da dire, dei social, non credo che questo sia il modus operandi per l’ingaggio degli artisti da parte di importanti direzioni artistiche. Voglio credere ancora nella consueta ed efficace pratica del segretario o direttore artistico di recarsi a Teatro per seguire questo o quel cantante, vederlo ed ascoltarlo in azione in palcoscenico e ritenere o meno se sia opportuno invitarlo nel proprio Teatro. A me spessissimo è capitato questo e posso testimoniarlo in prima persona. Poi che al tempo di oggi ci possa essere qualche addetto ai lavori che abbia l’abitudine di seguire le vicende di un cantante da scritturare anche dai social e che lo reputi adatto ad un certo ruolo solo per il grande numero di followers potrà anche essere, ma la ritengo una pratica poco consona. Il pubblico si attira scritturando bravi artisti, professionisti seri e creando dei cast omogenei; li si sceglie seguendoli ed andandoli a vedere e sentire in Teatro.
Come è il tuo rapporto con i social?
Con i social ho un rapporto abbastanza contenuto. Tanto per intenderci ci vado pochi minuti al giorno e nemmeno tutti i giorni. Sono presente con un mio profilo sia su Facebook che su Instagram. Mi piace mantenere dei contatti e pensare di essere in una grande piazza virtuale dove è facile incontrare moltissime persone a cui rivolgere un saluto o esprimere un pensiero, una bonaria presa in giro o qualche battuta ironica ma mai offensiva. Io personalmente ritengo che sia giusto esprimere liberamente i propri pensieri, il mostrarsi come ognuno vuole mostrarsi, ma ciò non dovrebbe prescindere da un certo stile, garbo e educazione: come nella vita reale non sopporto chi parla ad alta voce urlandoti addosso, così sui social non sopporto la maleducazione e la prepotenza di certi post, e soprattutto la mancanza di sensibilità. Sempre più spesso noto menefreghismo nel pubblicare post e pensieri senza la minima preoccupazione di poter ferire la sensibilità di altre persone: questa superficialità e mancanza di stile veramente mi urta. Oltretutto da noi artisti, operando in un certo ambito che dà visibilità, ci si aspetterebbe un certo equilibrio e misura; insomma, quell’attenzione particolare alla sensibilità di cui parlavo sopra.
Pro e contro dell’essere un cantante lirico?
Come in tutte le attività artistiche anche quella del Canto Lirico presenta dei meravigliosi pro e dei difficili e duri contro. Credo che chiunque intraprenda questo tipo di carriera sia consapevole di questo o comunque dovrebbe esser messo al corrente.
Al netto di tutto ciò non posso che dare un messaggio assai positivo sull’esser un cantante lirico! Lo reputo il lavoro più bello del mondo e mi sento assolutamente un privilegiato. Far suonare uno strumento come la voce, uno strumento che certamente non si è scelto ma che abbiamo trovato nel nostro corpo lo ritengo già una cosa del tutto speciale. Altro aspetto che mi affascina è il poter fare musica e condividerla con altri musicisti cercando di trasmettere emozioni al pubblico, anch’esso appassionato. Ancora, perché essere un cantante lirico ti porta ad avere esperienze e scambi culturali, tra i più disparati, in tutto il mondo, intrecciando relazioni umane ed amicali molto salde e vere. Ti porta a conoscere luoghi d’arte meravigliosi. Dà grandi opportunità di ampliare i propri orizzonti e di aprire la mente. E poi credo che, come in tutti i lavori, poter trasformare una propria passione in un’attività lavorativa e poter vivere di questa sia davvero il massimo. Sento di affermare che rifarei quasi tutto ciò che ho fatto senza tralasciare che anche i momenti difficili della mia carriera mi hanno molto rafforzato e sono assolutamente serviti per migliorarmi ed essere più sicuro di me…ma così del resto è la vita!
Passioni e hobby?
Beh una delle mie più grandi passioni, peraltro nota “all’universo e in altri siti” , è quella della cucina. L’hobby di visitare i mercati delle varie città in cui ho cantato e canto e di scegliere la materia prima anche sconosciuta, farmi raccontare come utilizzarla al meglio, venire a scoprire nuove ricette o tecniche di cottura è per me un momento piacevolissimo! Poi concretizzare il tutto in cucina preparando i piatti è la soddisfazione più grande. Credo di aver cucinato la mia Carbonara in mezzo mondo ed averla fatta provare a parecchi colleghi! Scusate, ma quando parlo di cucina divento un po’ sbruffone, lo so… son debolezze! Comunque, per quanto riguarda la cucina ho seguito diversi corsi ed ho cercato di studiare ed acquisire alcune tecniche fondamentali e necessarie. É una passione che mi consente di condividere con amici e colleghi momenti gioiosi e conviviali, e mi rilassa molto! Altra mia passione è il cinema e devo ammettere di aver patito molto durante questi due anni di lockdown e chiusure, ahimè! Ma finalmente le cose stanno andando meglio per i teatri e pian pianino anche per i cinema. Naturalmente la passione nasce per il grande cinema neorealista italiano e per i fantastici registi ed interpreti che l’hanno realizzato.
Su quali palcoscenici potremo vederti prossimamente?
Prossimamente, a settembre, sarò Don Bartolo al Maggio Musicale Fiorentino nella messa in scena di Damiano Michieletto e sotto la direzione del Maestro Daniele Gatti. A seguire sarò impegnato in una nuova produzione de La Gazza Ladra come Fabrizio Vingradito presso An Der Wien Theatre con la regia di Tobias Kratzer e sotto la direzione del Maestro Antonino Fogliani, dove debutterò nel ruolo e nel Teatro. In febbraio sarò nuovamente Don Bartolo del Barbiere di Siviglia al ROH Covent Garden di Londra nella produzione di Moshe Leiser e sotto la direzione di Rafael Payare e vi sarà come Don Basilio d’eccezione il grande Sir Bryn Terfel col quale ho condiviso il palcoscenico già diverse volte come suo Ford. Questi gli impegni a breve…in seguito altri bei progetti e debutti importanti che preferisco non spoilerare per correttezza.
Grazie per la bella chiacchierata e in bocca al lupo
Crepi il lupo e grazie per questa piacevolissima chiacchierata! Un caro saluto a tutto il vasto pubblico di OperaClick!
Danilo Boaretto