Regine si nasce e non si diventa. Ne è prova concreta Edda Moser, la cui interpretazione come Regina della notte è consegnata allo spazio. Il brano infatti fa parte del Golden Record, una capsula del tempo mandata in orbita nel 1977 che raccoglie suoni e immagini del pianeta Terra. "La moglie di Sawallisch non mi voleva per la parte. Quando sono finalmente entrata in sala di registrazione, dopo l'intervento del produttore, ero bella carica. Sawallisch mi chiese da quale aria volessi partire e io gli dissi, facciamo la seconda... L'ho dedicata a sua moglie”.
Donna fiera e decisa, è partita in auto da sola da Monaco e dopo una breve sosta in Trentino per recuperare la figlia e la sua ex agente, ha proseguito il suo viaggio fino a Pordenone, dove ha ritirato il premio "Premio Pordenone Musica" intitolato alla pianista Pia Baschiera Tallon.
Ovviamente ha guidato sempre lei.
Come ha affrontato le scelte di repertorio in relazione alla sua vocalità?
Il mio ruolo preferito è Gilda, ma non l’ho cercato, me l’hanno offerto e ho pensato: lo canto? Va bene per me? Il mio sogno era cantare Wagner, tuttavia bisogna essere capaci di aspettare. Poi desideravo fare la Traviata, ma era troppo presto, così l’ho affrontata solo molti anni dopo, ma mai in Italia. Anche perché bisogna trovare il tempo per studiare i nuovi ruoli, io facevo molti concerti e Liederabend, quindi ne avevo poco. Inoltre non si può decidere tutto da soli, c’è bisogno di un bravo consigliere che ti dica questo va bene, questo no. Io mi affidavo a una pianista. Infine un cantante deve avere un buon manager che non pensi solo ai soldi, come spesso accade oggi.
Da osservatrice come è cambiato il mondo dell’opera negli anni? In termini di scelta del repertorio, professionalità?
È un mondo triste, ma parlo della situazione in Germania, non in Italia. Qui c’è molto buon gusto e pochi soldi, i tedeschi hanno i soldi e cattivo gusto.
Ma secondo lei il problema sono i cantanti, i registi... chi?
Io credo che ci siano cantanti molto validi. Ad esempio pochi giorni fa ero a Dresda a vedere l’Olandese volante, Senta fra l’altro è stato uno dei ruoli che ho cantato. Christian Thielemann dirigeva la Dresden Staatskapelle ed è stato meraviglioso. La regia invece era praticamente un’altra cosa. Alla fine dell’opera Senta prendeva una valigia e se ne andava via… In Germania si dà troppo valore alle regie perché i tedeschi sono stupidi. È un’altra generazione rispetto alla mia. Anche in passato però c’erano difficoltà. Ad esempio nel Don Giovanni di Losey: lui non conosceva l’opera, era troppo pigro, e Maazel non ha diretto bene. Alla mattina faceva Luisa Miller a Londra, poi prendeva l’aereo per Parigi e registravamo Don Giovanni. Dormiva a Parigi, la mattina successiva riprendevamo e dirigeva mezzo addormentato. Tuttavia il produttore Liebermann aveva troppo rispetto per Maazel e non l’ha cacciato, ma sarebbe stato meglio un altro direttore. Io Raimondi e la Kiri Te Kanawa eravamo molto delusi. Che peccato! Eravamo a Vicenza, circondati dalle meraviglie del Palladio e Losey non è stato capace di afferrare l’essenza di Don Giovanni: la sua solitudine. È un uomo solo, impotente, che cerca solo di passare la sua esistenza. Noi abbiamo fatto del nostro meglio, ma avrei preferito anche un Don Ottavio diverso. Avrei tanto voluto Gedda, con cui avevo cantato la parte al Met, invece hanno trovato un certo inglese che era così basso che non avrei mai potuto confonderlo con Don Giovanni nella scena iniziale, soprattutto considerando che Raimondi era alto due metri. Tirando le somme il film non c’entrava nulla con Don Giovanni, ma fu un successone.
Ha avuto la fortuna di lavorare coi più grandi direttori del secolo. Chi ricorda in modo particolare? Chi è stato il più grande o chi sono i più grandi con cui ha lavorato e perché?
Difficile rispondere. Karl Richter è stato il mio direttore preferito. Lui... lui non era di questo mondo. Böhm era un mestierante, Karajan era un uomo d’affari. Devo dire grazie a lui per avermi lanciato, ma dopo ho cantato da sola. Bernstein era inaffidabile: alla mattina dirigeva delle prove fantastiche e alla sera era un disastro. Un altro direttore fantastico era Leopold Hager, soprattutto nel repertorio mozartiano.
Ho un bel ricordo anche di Riccardo Muti, con cui ho fatto Iphigénie en Tauride a Firenze e La clemenza di Tito a Salisburgo. In occasione della Clemenza abbiamo fatto tutte le prove con l’assistente e lui è arrivato alla generale. Ha incominciato la prova, un macello. Non gli piaceva la regia degli Herrmann. Ha messo giù la bacchetta e ha detto “andate avanti voi che io me ne torno a casa”. Non ho visto nessun altro fare una cosa del genere. Poi è stato sostituito da Kuhn e quello fu il suo grande debutto.
Quale può essere il vademecum per i giovani cantanti che vogliono eccellere nel campo della lirica?
Esercitarsi, esercitarsi e ancora esercitarsi. Io non posso dare il talento e la voce, posso solo aiutare, ma se uno non ha la diligenza, la costanza, la disciplina, allora io non posso far nulla.
Sono una buona insegnante, ma molto severa. Chi sopravvive a me ha già fatto un buon passo verso la carriera. Ripeto, l’importante è trovare il giusto manager che non voglia solo far soldi, ma ti aiuti a costruire la carriera un po’ alla volta. Oggi è tutto un po’ superficiale invece.
Un altro grosso problema attuale è che ci sono molti cantanti dell’est che gridano come scimmie. Hanno voce, ma non hanno la minima idea di cosa sia l’interpretazione, la cultura. E in questo caso io non ho nulla da dire.
Pensate al Lied tedesco. Bisogna cantare e capire parola per parola. Quando io li cantavo mi mettevo al servizio del Lied, abbracciavo il pubblico, volevo trasmettere emozioni. E di questo si è capaci oppure no. Inoltre serve la cultura per sapere cosa si canta, non basta aprire la bocca e cantare.
Per concludere una curiosità. Nel 1991 ha preso parte alla produzione di un Re in ascolto di Berio in Francia. Come è stata quell’esperienza? C’è stato un incontro con il compositore e come è stato approcciarsi al quel tipo di repertorio per lei che aveva un background diverso?
Ah sì mi ricordo. Fu terribile. Ho cantato altre volte musiche di autori contemporanei come Henze ad esempio, ma quello era balsamo per la mia voce. Berio invece fu terribile. Sono solo una cantante, tutte queste cose intellettuali non mi interessano. Spero di non averla offesa se le piace Berio.
Andrea Bomben