In un'Italia musicale falcidiata dai tagli alla cultura e trascurata dalla miopia della politica, sono nate e crescono realtà artistiche alimentate dalla passione e dalla buona volontà dei singoli. Vi abbiamo recentemente presentato Solo Belcanto, un festival che si tiene ogni anno in agosto, in provincia di Siena, per la precisione a Montisi.
Oggi approfondiremo la conoscenza di Vicenza in Lirica, di cui quest'anno si terrà la sesta edizione, parlandone con il suo ideatore ed organizzatore: Andrea Castello.
Andrea, cos'è Vicenza in Lirica e con quali finalità è nato?
Vicenza in Lirica è un festival che mette in primo piano i giovani artisti, soprattutto cantanti lirici, ma anche orchestrali, registi, truccatori, costumisti, che durante il periodo del festival vengono seguiti o, per meglio dire, accompagnati in palcoscenico dall’esperienza di artisti di importante fama che il palco l’hanno vissuto o lo stano ancora vivendo. È questo il motivo per cui Vicenza in Lirica ha riportato in città, durante tutte le sue edizioni, tanti grandi nomi. Un festival deve essere “occasione” per i giovani emergenti, ma deve anche proporre novità nel programma, opportunità, occasioni di confronto e, naturalmente, tradizione; quella tradizione che la nostra bella Italia non deve né “deturpare” con il pressapochismo né costringere nello stereotipo di fenomeno elitario, alimentando quell’alibi che potrebbe portare il teatro lirico italiano a trasformarsi in un asettico museo.
Nelle passate edizioni vi siete tolti delle belle soddisfazioni riuscendo a coinvolgere artisti di rilevanza internazionale. Ne vuoi ricordare qualcuno?
Come ho detto prima, abbiamo riportato a Vicenza e al Teatro Olimpico i grandi nomi della lirica. Ne posso citare alcuni, come: Bernadette Manca di Nissa, Sara Mingardo, Leo Nucci, Roberto Scandiuzzi, Barbara Frittoli, Juan Pons, Gemma Bertagnolli, Norman Shetler, la cara e compianta Daniela Dessì, e quest’anno sarà la volta di Monica Bacelli, Manuela Custer, Serena Lazzarini, Angelo Manzotti e Maurizio Arena. Personaggi che stimo e rispetto, e che hanno qualcosa da offrire non solo al pubblico, ma anche ai giovani artisti che debuttano o si formano durante il festival “Vicenza in Lirica”; personaggi che si distinguono per la non comune levatura professionale, costruita attraverso la gavetta e il sacrificio: valori imprescindibili, che trasmettono ai nostri giovani insieme alla propria competenza tecnica.
C'è un evento fra quelli passati che ti ha dato maggiori soddisfazioni ed emozioni?
Qualsiasi evento che decido di mettere in cartellone mi dà emozione. Ma certo ci sono eventi che mi si sono rimasti particolarmente impressi nel cuore: la mia prima opera allestita al Teatro Olimpico, l’Orfeo di Gluck, di cui ho firmato anche la regia; poi il balletto con i due ballerini del Royal Opera House nel 2016; l’Orfeo di Monteverdi dell’anno scorso, mia seconda regia (che considero molto profonda e con un significato ben preciso, che alcuni non hanno voluto comprendere, forse perché si sono troppo riconosciuti in Orfeo); e poi il grande recital del M° Leo Nucci, il concerto di Sara Mingardo e il concerto nel 2015 tenuto da Daniela Dessì a Monte Berico. Ma è comunque un elenco minimo e riduttivo, perché anche le audizioni con Barbara Frittoli, le master class, le conferenze dove abbiamo unito arte e musica, le presentazioni di libri, mi hanno dato soddisfazione. Insomma in cinque anni il festival mi ha sempre donato soddisfazioni ed il pubblico è stato sicuramente un ingrediente fondamentale: se non fosse stato così, avrei smesso dopo la seconda edizione.
Tu sei nato in provincia di Venezia. Come mai hai deciso di puntare su Vicenza?
“Va dove ti porta il cuore”, si dice: il mio cuore mi ha portato in questa bellissima città, ricca di cultura, con un teatro invidiato in tutto il mondo come l’Olimpico. Ero già consapevole che a Vicenza esistevano molte realtà musicali, ma sono partito dal presupposto di creare “ponti” e non “muri” e con la convinzione che qualcosa mancasse, ad esempio i grandi nomi, i titoli operistici indicati per il Teatro Olimpico che, per le caratteristiche della struttura, devono soprattutto essere di repertorio barocco (a parte i recital). A volte è difficile trovare un punto d’incontro con tutti, perché la tendenza a “pensare al proprio orticello” è diffusa... Ma io non mollo. Sto facendo il più bel “lavoro” del mondo: la musica. La musica deve essere un “orticello” senza muri, ma, al contrario, con una bella vista, a cui tutti possono accedere purché ne abbiano rispetto. Non posso concepire che ci sia qualcuno che ti vuole fermare per primeggiare: è un insulto al teatro, ma soprattutto non si trasmette ai giovani il giusto messaggio di crescita e collaborazione. Credo che chi vuole fermare un collega abbia solo un obiettivo: alimentare il proprio portafoglio e non sostenere l’arte, i giovani e la cultura della propria città.
Come hanno risposto le istituzioni e la cittadinanza di Vicenza nei confronti delle tue iniziative?
Sempre molto bene, impegnandosi a far diventare i miei sogni realtà. Ho trovato le istituzioni vicentine disponibili, aperte all’ascolto, anche perché a me piace parlare, trasmettere, emozionare. Anche nel nuovo sindaco di Vicenza, l’avvocato Francesco Rucco, ho trovato un interlocutore attento, aperto e disponibile: e non lo dico per opportunismo, anche perché chi mi conosce sa che non esprimo elogi gratuiti. La lirica e il teatro hanno bisogno di verità ed emozioni, perché abbiamo visto che l’opportunismo ha fatto fallire – a volte anche nel vero senso della parola – istituzioni riconosciute a livello internazionale. Lo dico e lo ripeto: evviva Vicenza e sempre grazie Vicenza!
Sei soddisfatto di ciò che sei riuscito a fare sino ad oggi?
Assolutamente sì. Sono insoddisfatto quando non riesco a farlo per impedimenti (assurdi) burocratici o per le poche risorse disponibili. In questo momento non sono soddisfatto della risposta di alcuni possibili sponsor con fatturati a tanti zeri, che non riesco ancora a sensibilizzare, convincendoli che i soldi spesi per la cultura sono quelli investiti meglio. Poi ci sono quelli che ti dicono: “Bravo Andrea per ciò che stai facendo per i giovani e per la città, non devi mollare e bisogna aiutarti”; poi gli chiedi una borsa di studio di 400 euro per sostenere i giovani che arrivano a Vicenza e rispondono con il silenzio. Non concepisco un comportamento del genere e questo sì mi rende insoddisfatto: non riuscire a trasmettere l’importanza di un gesto concreto. Ma, se Dio vuole, ho tempo.
Quali sono state le difficoltà maggiori che hai dovuto superare e contro cui ti scontri soventemente?
Una l’ho già segnalata: sensibilizzare grandi sponsor o famiglie benestanti, che con un esborso per loro pressoché irrilevante potrebbero davvero fare la differenza per ragazzi seri e impegnati nello studio. Oltre a questo, a volte mi scontro un po’ con la burocrazia, che mi sembra eccessiva. Non discuto sulla sicurezza, sulla salvaguardia degli ambienti e via dicendo, ma a volte, quando organizzi un evento, ti ritrovi angosciato tra mille cose potenzialmente semplici che vengono rese inutilmente complicate, che pendono sulla tua testa come una spada di Damocle. Sinceramente, però, non mi scontro con nessuno, se non con gli opportunisti e i falsi, che vogliono fare del teatro una vetrina per se stessi, o una fonte di guadagno grazie ai giovani, che, per far diventare un sogno realtà, fanno sacrifici enormi: se non potete fare di più, dategli un rimborso spese, un “gettone di presenza”, ma non mandateli a casa senza nulla o spremendo loro somme abnormi per lo studio, solo per arricchire il vostro portafoglio. Non lo concepisco e con questa realtà mi scontro spesso: forse è per questo che non sono ricco.
La sesta edizione è stata presentata alla stampa da pochi giorni. Quali saranno gli eventi di punta a cui assolutamente non bisognerà mancare?
Una domanda difficile a cui rispondere, perché secondo me tutti gli appuntamenti sono di spicco e non sarebbe corretto citarne uno per lasciarne a parte un altro. Abbiamo grandi ospiti protagonisti di recital al Teatro Olimpico, un’opera prodotta attraverso una collaborazione, conferenze di storia dell’arte abbinate alla musica, presentazioni di libri, presentazioni di ristampe discografiche, ma anche cene ed aperitivi in centro storico in collaborazione con le attività commerciali. Se proprio devo, mi espongo con una parola in più per la produzione del festival 2018: l’opera “Polidoro” di Antonio Lotti, in prima esecuzione assoluta in tempi moderni, un evento molto atteso, frutto di un duro lavoro. Come vedi non cito nessuno, per me tutti stanno sullo stesso piano, un piano da cui partono raggi che devono arrivare diretti al nostro cuore senza distinzioni ed arrivare al pubblico che ascolta.
Cosa sogneresti di poter fare per il futuro di Vicenza in Lirica?
Ogni anno m’invento qualcosa. Sicuramente mi piacerebbe incrementare sempre di più la tradizione di allestire le vetrine del centro storico con un tema musicale, affinché il festival diventi ancora di più un evento di richiamo per turisti e cittadini, operazione rilanciata da noi tre anni fa. Un desiderio forte l’ho già espresso e lo ribadisco: sensibilizzare sempre di più gli sponsor a finanziare il nostro festival ed in generale la cultura, esortandoli a leggere e verificare i progetti che vengono loro sottoposti. Solo questa sensibilizzazione può far diventare i miei sogni realtà. Con la cultura non è affatto vero che la visibilità per uno sponsor sia ridotta (inferiore rispetto a quella dei cartelloni esposti in un campo da calcio, per esempio): basta trovare un’associazione o un’istituzione che sappiano davvero premiare il sacrificio degli sponsor e noi, senza peccare di immodestia, su questo fronte ci diamo molto da fare.
Sappiamo che sei anche presidente dell'archivio storico Tullio Serafin e da qualche mese sei impegnatissimo ad onorare il 50° anniversario della morte avvenuta nel 1968. Vuoi dirci qualcosa in proposito? Ricorderai il grande Maestro veneziano anche nell'ambito di Vicenza in Lirica?
Abbiamo finalmente creato l’Archivio storico Tullio Serafin insieme agli unici eredi del Maestro (i pronipoti Jacopo e Federica Conte), con il dott. Guido Faggion e con la storica dell’arte Valentina Casarotto. Da anni cercavo di far riemergere dagli scatoloni il materiale appartenuto al grande Maestro e l’anno scorso finalmente ci sono riuscito. È stato un lavoro difficile ma gratificante, nonostante alcuni pensino che tutto ciò mi stia arricchendo o che io abbia voluto portare il materiale lontano da Rottanova, paese natale mio e del Maestro. Finché il materiale rimaneva a Rottanova, Tullio Serafin non avrebbe potuto avere il riconoscimento che merita: se non è successo in cinquant’anni figuriamoci ora. Quest’anno, quindi, con l’associazione, della quale sono presidente, ho istituito le celebrazioni ufficiali dedicate al Maestro, che hanno ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica. Un grande lavoro con tutti i più importanti teatri italiani e del mondo nei quali Serafin ha diretto, che hanno aderito ad una “Call” internazionale che termina comunque il 31 dicembre, ed è quindi aperta ancora ad altre adesioni. Anche durante il festival Vicenza in Lirica ricorderemo il Maestro attraverso due appuntamenti fissati per il 1° settembre, giorno esatto del 140° anniversario della sua nascita. Il primo sarà a Palazzo Chiericati alle 16, con la consegna del premio Archivio storico Tullio Serafin al Maestro Maurizio Arena, suo sostituto per circa dieci anni; per l’occasione avremo anche l’intervento del celebre contralto Serena Lazzarini. Il secondo evento, la sera alle 21 al Teatro Olimpico, sarà il recital del mezzosoprano Manuela Custer, accompagnata al pianoforte dal Maestro Raffaele Cortesi: il programma spazierà tra brani di Montemezzi, Malipiero e Pizzetti, compositori in stretto rapporto con Tullio Serafin anche attraverso una corrispondenza conservata nel nostro Archivio e che in parte pubblicheremo. Spero che qualcuno dal mio-nostro comune natale venga a Vicenza, per rendere omaggio ad un concittadino che ha reso onore alla propria terra”.
Sogni per il futuro?
Mi piacerebbe sicuramente diventare direttore artistico o assistente del Sovrintendente di un Teatro, perché è un lavoro che mi piace moltissimo, che mi dà soddisfazioni e che mi mette completamente al servizio della musica. Nel mio cuore, però, rimane sempre il canto lirico e la mia voce di basso baritono, che spero ancora di far ascoltare, dopo averla dovuta mettere un po’ da parte... E se devo dire un grazie per la mia voce, in questo momento, lo devo dire a Barbara Frittoli
Danilo Boaretto