Salonen e Philarmonia in tournée
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Salonen e Philarmonia in tournée
Bravi, bravissimi, però, amatissimo Esa-Pekka, dove hai lasciato la Tua magia?
Ho ammirato gli attacchi morbidi e tesi degli archi, come da tanto tempo non ascoltavo alla Scala, ma ho avuto l’impressione di una prova di virtuosismo, talvolta anche un po’ muscolare, più che di ricerca di poesia. Persino nei due bellissimi bis pucciniani, per me il vertice della serata proprio per la bellezza della musica.
Devo ammettere che la musica di Bartok e di Sibelius mi è sembrata un po’ “inutile” dopo la meraviglia del Rheingold.
U
Ho ammirato gli attacchi morbidi e tesi degli archi, come da tanto tempo non ascoltavo alla Scala, ma ho avuto l’impressione di una prova di virtuosismo, talvolta anche un po’ muscolare, più che di ricerca di poesia. Persino nei due bellissimi bis pucciniani, per me il vertice della serata proprio per la bellezza della musica.
Devo ammettere che la musica di Bartok e di Sibelius mi è sembrata un po’ “inutile” dopo la meraviglia del Rheingold.
U
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Re: Salonen e Philarmonia il suono di Dio
E' banale e da mania di classifica definirlo il massimo direttore vivente (ancorché legittimo). E' banale definirlo.
E' mio coetaneo e siamo nati ad un giorno di distanza. Lui il 30 giugno 1958, io il giorno dopo. Si vede che il Padreterno, subito dopo aver creato un capolavoro, si e' riposato abbassando di molto il livello della creativita'.
Nomino Dio non invano perche' Esa-Pekka Salonen e' il solo direttore vivente di fronte al quale, da 40 anni che lo ascolto, non ho spiegazione umana da dare, soprattutto in quanto al suo rapporto con il suono, solo Karajan dal vivo era "cosi'", nel mio ricordo. Salonen lo era a 25 anni, lo e' sempre stato fino ad oggi. A 66, a quei suoni si e' solo aggiunta la frase dal cuore, come un sorriso in musica.
Ma continuo a non saper spiegare. Quel suono, quei suoni, mi travalicano. Posso solo pensare che siano, o riflettano, il suono di Dio.
Cosi e' stato, piu' che mai, questa volta alla Scala. In Bartok, in Sibelius, e nello sconvolgente Puccini da Le Villi che accende l'idea di ascoltare quel suono in una Manon, in una Fanciulla. Per sortirne senza spiegazione umana.
marco vizzardelli
E' mio coetaneo e siamo nati ad un giorno di distanza. Lui il 30 giugno 1958, io il giorno dopo. Si vede che il Padreterno, subito dopo aver creato un capolavoro, si e' riposato abbassando di molto il livello della creativita'.
Nomino Dio non invano perche' Esa-Pekka Salonen e' il solo direttore vivente di fronte al quale, da 40 anni che lo ascolto, non ho spiegazione umana da dare, soprattutto in quanto al suo rapporto con il suono, solo Karajan dal vivo era "cosi'", nel mio ricordo. Salonen lo era a 25 anni, lo e' sempre stato fino ad oggi. A 66, a quei suoni si e' solo aggiunta la frase dal cuore, come un sorriso in musica.
Ma continuo a non saper spiegare. Quel suono, quei suoni, mi travalicano. Posso solo pensare che siano, o riflettano, il suono di Dio.
Cosi e' stato, piu' che mai, questa volta alla Scala. In Bartok, in Sibelius, e nello sconvolgente Puccini da Le Villi che accende l'idea di ascoltare quel suono in una Manon, in una Fanciulla. Per sortirne senza spiegazione umana.
marco vizzardelli
Ultima modifica di daphnis il 11 nov 2024 09:04, modificato 7 volte in totale.
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Re: Salonen e Philharmonia in tournée
Il "Magister Ludi" Esa-Pekka Salonen, nell'autentico senso "hessiano" del termine, ha trascinato il pubblico della Scala in un entusiasmo colossale già al termine della prima parte, quel Concerto per Orchestra di Bartòk, di estrema difficoltà, che di solito viene affrontato come se fosse una parete di sesto grado (e lo è), ma che con lui appare di una naturalezza, una consequenzialità, una logica, una semplicità disarmanti. Alcuni definirebbero la sua arte "somma sprezzatura", noi, più modestamente, la definiamo onnipotenza.
Onnipotenza musicale che nasce, si sviluppa, trova significato e genera emozione attraverso l'onnipotenza tecnica sia di dominio mentale della scrittura, in senso formale e contenutistico, sia di dominio gestuale sull'orchestra in grado di generare con esattezza la volontà del pensiero. Non abbiamo sotto mano i riferimenti della partitura del Concerto di Bartòk (poco importa), ma dopo la prima frase sottovoce degli archi nell'introduzione, che Salonen ha reso sbigottente, attonita, come un'anima che si ritrovi immersa improvvisamente nell'oscurità terribile dello spazio profondo, vuoto contenitore di bianche radiazioni lontane di origine stellare, insieme fredde e roventi,risponde un tremolo dei violini in pianissimo che termina con una volatina dei legni acuti. Ora, in fisica, il suono è una vibrazione delle molecole dell'aria e probabilmente esiste un momento in cui queste molecole iniziano a vibrare e a produrre il suono: si tratta di un pianissimo, di un più che pianissimo, di un qualcosa ai confini del silenzio. Non sono tanti i direttori d'orchestra in grado di farci sentire il momento in cui il suono inizia a vibrare, o meglio a far vibrare le membrane dei nostri timpani. Talvolta però succede. Quello che non ci è mai successo è una cosa come ieri: Salonen è riuscito, non sappiamo come, lo sa solo lui e lo sa solo la sua onnipotenza, a far ascoltare con quel tremolo il trascolorare della vibrazione dalla quiete alla sollecitazione, non l’istante in cui inizia la vibrazione, ma il suo stesso divenire dalla quiete, l’aria che dalla sua inerzia inizia a fremere prima di farsi suono e quel fremito impercettibilmente si addensa in regolarità di onda e diventa musica mentre iniziamo ad udire la nota nella dinamica continuata progressiva della sua origine dal silenzio, che è l'origine del mondo. Un qualcosa di inaudito e stupefacente.
Ora dovremmo commentare di come il Concerto di Bartòk sia apparsa una narrazione intensa, lirica, trasparentissima, violenta, gioiosa, buffa, rigorosa, amabile, colloquiale, serena, terrificante, tragica, intima, colossale e di come sia potuta essere tutte queste cose insieme. O di come Sibelius, nella sinfonia di esordio, non sia mai apparso così rivoluzionario, violento, incandescente in mondi di rocce e lava e antiche rovine musicali inspiegate, subito pronto a distendersi in ampie oasi di puro canto di solitudine e pace. Ma non faremmo cosa utile, perchè i commenti servono a spiegare ciò che può essere spiegato, o almeno tentato, non l'inspiegabile.
Possiamo solo dire che Esa-Pekka Salonen, Magister Ludi, è una Grazia che ci ha donato al termine tre bis (uno "Scherzo e Trio" di Puccini, la “Marcia” dalla suite "Karelia" di Sibelius, e la "Tregenda" da "Le Villi", sempre di Puccini) e che l'unico, per ora, rammarico che abbiamo è che ancora La Scala non gli abbia affidato la direzione di "Otello" di Verdi che lui, in una trascorsa intervista di anni fa, che spiegava fra tante cose i motivi per i quali affronta poco teatro, aveva indicato come "opera che gli sarebbe piaciuta dirigere".
Grazie per l'ospitalità.
Onnipotenza musicale che nasce, si sviluppa, trova significato e genera emozione attraverso l'onnipotenza tecnica sia di dominio mentale della scrittura, in senso formale e contenutistico, sia di dominio gestuale sull'orchestra in grado di generare con esattezza la volontà del pensiero. Non abbiamo sotto mano i riferimenti della partitura del Concerto di Bartòk (poco importa), ma dopo la prima frase sottovoce degli archi nell'introduzione, che Salonen ha reso sbigottente, attonita, come un'anima che si ritrovi immersa improvvisamente nell'oscurità terribile dello spazio profondo, vuoto contenitore di bianche radiazioni lontane di origine stellare, insieme fredde e roventi,risponde un tremolo dei violini in pianissimo che termina con una volatina dei legni acuti. Ora, in fisica, il suono è una vibrazione delle molecole dell'aria e probabilmente esiste un momento in cui queste molecole iniziano a vibrare e a produrre il suono: si tratta di un pianissimo, di un più che pianissimo, di un qualcosa ai confini del silenzio. Non sono tanti i direttori d'orchestra in grado di farci sentire il momento in cui il suono inizia a vibrare, o meglio a far vibrare le membrane dei nostri timpani. Talvolta però succede. Quello che non ci è mai successo è una cosa come ieri: Salonen è riuscito, non sappiamo come, lo sa solo lui e lo sa solo la sua onnipotenza, a far ascoltare con quel tremolo il trascolorare della vibrazione dalla quiete alla sollecitazione, non l’istante in cui inizia la vibrazione, ma il suo stesso divenire dalla quiete, l’aria che dalla sua inerzia inizia a fremere prima di farsi suono e quel fremito impercettibilmente si addensa in regolarità di onda e diventa musica mentre iniziamo ad udire la nota nella dinamica continuata progressiva della sua origine dal silenzio, che è l'origine del mondo. Un qualcosa di inaudito e stupefacente.
Ora dovremmo commentare di come il Concerto di Bartòk sia apparsa una narrazione intensa, lirica, trasparentissima, violenta, gioiosa, buffa, rigorosa, amabile, colloquiale, serena, terrificante, tragica, intima, colossale e di come sia potuta essere tutte queste cose insieme. O di come Sibelius, nella sinfonia di esordio, non sia mai apparso così rivoluzionario, violento, incandescente in mondi di rocce e lava e antiche rovine musicali inspiegate, subito pronto a distendersi in ampie oasi di puro canto di solitudine e pace. Ma non faremmo cosa utile, perchè i commenti servono a spiegare ciò che può essere spiegato, o almeno tentato, non l'inspiegabile.
Possiamo solo dire che Esa-Pekka Salonen, Magister Ludi, è una Grazia che ci ha donato al termine tre bis (uno "Scherzo e Trio" di Puccini, la “Marcia” dalla suite "Karelia" di Sibelius, e la "Tregenda" da "Le Villi", sempre di Puccini) e che l'unico, per ora, rammarico che abbiamo è che ancora La Scala non gli abbia affidato la direzione di "Otello" di Verdi che lui, in una trascorsa intervista di anni fa, che spiegava fra tante cose i motivi per i quali affronta poco teatro, aveva indicato come "opera che gli sarebbe piaciuta dirigere".
Grazie per l'ospitalità.
Ultima modifica di commentimusicali il 12 nov 2024 00:07, modificato 9 volte in totale.
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Re: Salonen e Philarmonia in tournée
Il rammarico è non avergli affidato la direzione scaligera.
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Re: Salonen e Philarmonia in tournée
Non ha mai diretto molta opera (quella poca che ha fatto sempre a livelli assoluti) sostanzialmente per due ragioni (da lui dichiarate): non ama compromessi con i registi e vuole molte prove. L’intervistatore allora gli chiese se c’era un’opera che non aveva mai diretto e che gli sarebbe piaciuto idealmente fare alla Scala e ha risposto “Otello di Verdi”.UltrasFolgoreVerano ha scritto: ↑10 nov 2024 13:15Il rammarico è non avergli affidato la direzione scaligera.
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Re: Salonen e Philarmonia in tournée
Si sapevo che era un direttore prettamente sinfonico. Mi meraviglio che voglia dirigere un Verdi, anziché un Wagner o qualche compositore del ‘900, ad esempio Berg con la Lulu’. Di Strauss alla Scala ha già dato con la memorabile Elektra (c’era pure Mazura!!! ).commentimusicali ha scritto: ↑10 nov 2024 13:21Non ha mai diretto molta opera (quella poca che ha fatto sempre a livelli assoluti) sostanzialmente per due ragioni (da lui dichiarate): non ama compromessi con i registi e vuole molte prove. L’intervistatore allora gli chiese se c’era un’opera che non aveva mai diretto e che gli sarebbe piaciuto idealmente fare alla Scala e ha risposto “Otello di Verdi”.UltrasFolgoreVerano ha scritto: ↑10 nov 2024 13:15Il rammarico è non avergli affidato la direzione scaligera.
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Re: Salonen e Philarmonia in tournée
Considero una delle massime mie colpe e mancanze musicali non aver ascoltato il "suo" leggendario Tristano e Isotta in forma semiscenica, a Lucerna. Non me la perdonero' mai.
marco vizzardelli
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Re: Salonen e Philarmonia in tournée
Esiste per caso una registrazione (anche artigianale) del concerto?
In particolare mi piacerebbe ascoltare i bis pucciniani.
Grazie
In particolare mi piacerebbe ascoltare i bis pucciniani.
Grazie