Inizio con la "mia" Tosca la cui prima esecuzione avvenne a Roma, al Teatro Costanzi, il 14 gennaio del 1900.

Puccini così scriveva ad Arturetto Toscanini nel 1898, di ritorno a Milano dopo un soggiorno parigino per la prima di Bohème, "Tosca va avanti bene, ricordati che tu devi essere il suo sverginatore".
Così non avvenne e lo sverginatore sarà Leopoldo Mugnone.
Il sor Giacomo aveva grandi aspettative sul buon esito della prima: nel 1900 una prima pucciniana era considerata una sorta di evento nazionale; infatti in sala oltre a musicisti come Mascagni, Franchetti, Cilea e Sgambati, sedevano il generale Pelloux e, dal secondo atto, la regina Margherita. Il clima era teso a causa dei moti popolari del 1898 e venne addirittura ipotizzata la presenza di una bomba in teatro.
Un crescente brusio tra il pubblico spinse Mugnone a interrompere l'opera dopo solo poche battute, ma si trattava solo di proteste per l'ingresso in sala di spettatori ritardatari e l'esecuzione andò avanti senza incidenti di sorta.
Ricordiamo anche gli interpreti che furono la Hariclea Darclèe (Tosca), Emilio De Marchi (Cavaradossi), Eugenio Giraldoni (Scarpia), Ettore Borrelli (Sagrestano) e Enrico Giordani (Spoletta).
Vennero bissati "Recondita amornia", il finale del primo atto e "Vissi d'arte". Dopo il preludio del terzo atto ci furono grandi applausi e il grido "Fuori il maestro!". Di nuovo vennero bissati "E lucean le stelle" e il duetto. Molte chiamate alla ribalta di cui tre solo per il compositore.
Non fu, però, il grande successo atteso, con i critici che pur riconoscendo l'originalità del lavoro svolto da Puccini avanzarono riserve sull'opera nel suo complesso, allineandosi al giudizio già sostenuto da Giacosa che quello era soggetto NON adatto a essere musicato.
Interessante è citare la recensione fatta il 16 gennaio 1900 da Ippolito Valletta nella Rassegna Musicale della Nuova Antologia che definendosi "di gusti antiquati" obietta a certi "[...] disegni armonici e [...] ricami orchestrali [...] che la modernità ammette, anzi esige". Ma poi scrive: "Talune fogge di armonizzare la scala, molte successioni di accordi di quarta, ritardi immensi di risoluzioni di intervalli dissonanti (della preparazione non si parla più), rapide transizioni di modulazioni curiose, e contrasti di ritmi e sincopi frequenti, e sussulti di accenti forti segnati nei tempi deboli della misura, quello sfondo mobile o caleidoscopico nel quale Puccini si compiacque nella Bohème e si delizia nella Tosca [...]. Dato questo sistema, pochi se ne valgono con la disinvoltura e coll'abilità di Puccini: egli trova nella sua tavolozza tutti i colori e tutte le sfumature, sotto le sue mani il tessuto strumentale diventa di completa duttilità, le gradazioni di sonorità sono innumerevoli, l'impasto è quasi sempre simpatico [...]".
Finisco copiando fedelmente ciò che scrive Juline Budden nel suo Puccini, testo da cui ho preso le notizie sopra citate:
"Soprattutto [Ippolito Valletta] non lasciava dubbi sul vigore creativo e sulla forza drammatica dell'opera.
Il pubblico, all'inizio un po' incerto, si allineò ben presto su questo punto di vista. Prima della fine dell'anno Tosca era stata data a Londra, Buenos Aires e New York. E, per una volta, Puccini non sentì la necessità di fare cambiamenti di sostanza nella partitura stampata".
Olè!
Auguri, Tosca!
