"La valigia di Giulia"
Sei anni fa un gruppo di studenti della scuola di cinema “Intolerance” di Viareggio chiese al regista Paolo Benvenuti di insegnare loro come si scrive una sceneggiatura. L'argomento scelto per questo lavoro fu la sfortunata e ancora misteriosa vicenda della cameriera di casa Puccini, Doria Manfredi, morta suicida, non ancora ventiquattrenne, il 29 gennaio 1909, per la vergogna di essere stata accusata da Elvira Puccini di essere l'amante del marito. Cacciata dalla villa e provata da insulti intollerabili, la ragazza non si difese mai benchè l’autopsia testimoniasse che era illibata. Tutta Torre del Lago si scagliò contro Elvira che fu costretta a fuggire a Milano. La famiglia Manfredi fece causa e la moglie del compositore venne condannata a 5 mesi e 5 giorni di carcere per istigazione al suicidio. L'indagine storica di Paolo Benvenuti, preliminare necessario alla stesura di ogni suo film, prende le mosse da due quesiti suggeriti dalle cronache: come poteva Elvira essere tanto certa? E perché Doria non si difese? Si intervistano gli anziani del paese nella speranza che, anche a distanza di due generazioni, nella memoria delle famiglie qualcosa sia rimasto. Invece non è così: nessuno parla, nessuno ricorda, una strana omertà sembra voler proteggere la vicenda ed i suoi nebulosi contorni. Si consultano tutte le biografie rintracciabili; tra queste il “Puccini minimo” di Aldo Valleroni. Il giornalista viareggino sostiene che il famoso “dongiovannismo” pucciniano è sempre legato al processo creativo del compositore. Che cioè la sua vita sentimentale si rispecchia nei caratteri dei personaggi a cui sta lavorando in quel dato momento. L’ipotesi intriga i ricercatori: cosa sta scrivendo Puccini quando avviene l'episodio di Doria? La fanciulla del West. Ma tra il carattere di Doria e quello di Minnie c'è un abisso. Doria è la classica ragazza di campagna, mite, semplice, un po' rigida, schiva. Minnie è una che sa sparare, che va a cavallo, che, da sola, riesce a tenere a bada un intero saloon di minatori. Se Valleroni ha ragione la donna che ispirava Puccini in quel periodo non può essere Doria, ce ne deve essere un'altra per forza.
Di fronte a Villa Puccini, sul lago, c'era, in quegli anni, una baracca collegata alla terraferma da un pontile. Era il posto di ritrovo dei cacciatori; “ il bar di Torre”, si direbbe oggi. Il locale apparteneva ad Emilio Manfredi ed era gestito dalla figlia Giulia. Giulia era una donna non bellissima ma di grande personalità. Era alta, spigliata, diretta. Sapeva usare il fucile e andava a caccia di folaghe sul lago come gli uomini. Ecco Minnie, ed ecco, puntualmente riprodotto nella scenografia del primo atto de “La fanciulla del West” - andata in scena nel 1910 a New York - l’interno della baracca sul lago. L'aspetto, gli arredi, la disposizione del bancone sono identici a quelli del locale caro a Puccini. Anche Nick, il minatore più vicino a Minnie, viene dalla vita reale del compositore. Il suo nome ha una assonanza quasi perfetta con “Nicche”, l’uomo di fiducia - qualcuno dice il “Leporello”- di Puccini. Si domanda, allora, di Giulia. Nessuna omertà su di lei. Tutti ricordano che saliva spesso sul barchino di Giacomo e andava a caccia con lui, tra i canneti. Giulia era la cugina di Doria. Se era lei l’amante del Maestro è probabile che la giovane cameriera venisse utilizzata come messaggera d’amore. Forse Elvira avrà colto un colloquio furtivo tra lei ed il marito, cadendo in un tragico errore di persona. Giulia, che non si è mai sposata e muore a Torre nel 1976, ha avuto un figlio nel 1923. Per nascondere la gravidanza aveva abbandonato il paese ed era andata a partorire a Pisa. Il bambino, messo a balia, risulta registrato all’anagrafe come Antonio Manfredi, di Giulia e di padre ignoto. Antonio muore nel 1988, lasciando la moglie, ancora vivente, ed una figlia, Nadia, ora sessantenne. E’ a lei che approdano i nostri cercatori di tracce chiedendole di parlare del rapporto tra suo padre e sua nonna Giulia. La signora descrive una situazione conflittuale, difficile e dolorosa. Antonio ha sofferto tutta la vita perchè la madre non lo ha voluto, e per non aver mai nemmeno saputo chi era suo padre. Le foto di Antonio rivelano evidenti affinità con i tratti di Puccini, rintracciabili in modo ancor più immediato nei lineamenti della figlia. Quando però entra in casa il nipote di Nadia, un ragazzino di 8 anni, la prima impressione diviene quasi certezza. E’ identico a Giacomo nella foto che lo ritrae da ragazzo. A furia di scavare nella memoria emergono i ricordi. Un giorno Nadia chiama il regista perché si è ricordata che nel 1976, alla morte della nonna, i parenti di Torre telefonarono a suo padre avvertendo che c’era da andare a prendere la roba di Giulia. Antonio va, ficca tutto quello che trova in una valigia, torna a casa e butta in cantina quel simbolo tangibile delle sue sofferenze. La valigia dimenticata viene recuperata e messa a disposizione di Benvenuti. I primi documenti che vengono alla luce sono lettere di Puccini a Giulia datate dal 1908 fino al 1922. Non si trova nulla degli ultimi due anni, come se qualcuno avesse voluto cancellarne le tracce. Ci sono foto con dedica e c’è, soprattutto, una busta, in cui sono raccolti vari documenti, tutti riguardanti la vicenda di Doria.
Si tratta di lettere di amici di Puccini che costituiscono veri e propri atti di accusa contro sua moglie Elvira. Non potendo conservarle in casa Giacomo le ha affidate a Giulia, che era, quindi, non solo la sua amante, ma anche la sua cassaforte segreta. Una lettera, scritta dall’amico fraterno Alfredo Caselli il giorno dopo la morte della cameriera, definisce il giornalista Guelfo Civinini, che tra l’altro è uno dei librettisti di Fanciulla, “il carnefice della povera Doria”, perché? E che significa, poco più avanti, quello strano riferimento a Fosca, figlia di primo letto di Elvira? Un documento autografo di Giacomo, quasi un promemoria compilato prima dell'epilogo della tragedia, mette in fila i fatti. Doria aveva ricevuto una lettera di Elvira con cui le si ordinava di recarsi alla villa per dare aria alle stanze, in vista del ritorno dalle vacanze dei Puccini. Nel compiere le sue mansioni la ragazza apre una porta di troppo e trova Civinini a letto con Fosca. Scoperta quanto mai inopportuna: i due sono sposati, ma non tra loro. Per chiudere la bocca alla cameriera e farla sparire dalla circolazione gli amanti raccontano ad Elvira di aver sorpreso Doria con suo marito. La ricerca di Benvenuti e finita. Il soggetto del film “La fanciulla del lago” lo ha praticamente scritto, di suo pugno, Giacomo Puccini.
Ma le sorprese non sono finite. La valigia di Giulia custodisce altre meraviglie. Dentro una scatola da biscotti il regista trova una pellicola cinematografica tutta incollata. Ne tira con delicatezza il lembo e, guardando controluce, vede l’immagine di un uomo. Porta il film a Roma, lo fa restaurare, e quando finalmente riesce a vederlo non crede quasi ai suoi occhi. Si tratta di un documentario su Giacomo Puccini, ripreso durante una sua giornata qualunque a Torre del Lago. Il cortometraggio della durata complessiva di circa 10 minuti, viene mostrato solo in parte, circa la metà. Esiste infatti un accordo con la Fondazione Festival Pucciniano per renderlo completamente pubblico in occasione dell’inaugurazione del nuovo teatro di Torre del lago. Sull’eccezionalità di questo ritrovamento si era espresso, in apertura, il Prof. Pier Marco Santi, docente di museologia del cinema e dello spettacolo all’Università di Pisa. Si tratta del primo filmato in cui si vede un personaggio famoso non in qualche occasione ufficiale ma nella sua quotidianità. Il primo documento al mondo in cui qualcuno si fa riprendere per lasciare ai posteri memoria della sua figura, della sua persona, del suo quotidiano. La pellicola risale al 1915, non era mai successo prima che il nuovissimo strumento fosse usato a questo scopo. Il fatto che il protagonista di questa iniziativa sia proprio Giacomo Puccini conferma la modernità dell'uomo, e l’estrema attenzione che egli aveva nei confronti del mezzo cinematografico. Nello spezzone concessoci dal relatori si vede il musicista, bello ed elegante, che passeggia nel giardino, entra in casa, apre una finestra e contempla il panorama. Lo si ammira, in una lunga ed intrigante ripresa in primo piano, sul motoscafo insieme al fido Nicche. Ci lascia spiare nello studio mentre compone, tra pianoforte e scrivania. Infine ammiccando complice verso il cineoperatore, ci congeda dedicandoci un breve brano. Il Maestro Riccardo Moretti, decifrando i movimenti delle mani, è riuscito a riprodurlo regalando così, per pochi istanti, anche l’audio a questa testimonianza muta e vividissima affidata novantadue anni fa a Giulia Manfredi, per lei, per noi.
I documenti ritrovati, la storia costruita su di essi, che il film racconterà - tiene a dire Moretti - non spostano nulla della figura del Maestro: un uomo normale, con un non normale genio musicale, che ha cercato di parlare a persone normali. Scelta che spesso gli è costata cara. Moretti accenna al pianoforte la colonna sonora del film. Sono le note di Fanciulla, che tanto bene si armonizzano con le sonorità del lago sulle cui rive è nata l’opera ed è ambientata la vicenda. Lo Chalet di Emilio, che non esiste più, sarà fedelmente ricostruito e resterà, voluto dalla Fondazione Festival Puccini, vicino al nuovo teatro. Servirà a spiegare l’origine di un’ispirazione, ma potrebbe anche diventare un suggestivo locale all'aperto. Come ai tempi di Giulia, la vera fanciulla del lago.
Patrizia Monteverdi