Un amaro senso di nostalgia mi ha inumidito gli occhi.
Oggi, per l’ultima volta è calato il sipario sul Suo ultimo atto.
Le lacrime mi sono scese lente pensando ai giorni vissuti insieme, ricordando tutte le “strigliate” che mi sono preso e rendendomi conto che la morte riesce a vincere anche i caratteri più aspri e decisi.
Un’artista dalla personalità spigolosa, per molti versi scomoda ma incredibilmente diretta e sicura. Donna dalla tempra incrollabile, lottava sino in fondo per difendere le proprie idee ed i Suoi ragazzi.
Guardando il cuscino di rose bianche allontanarsi per sempre, qualcosa in me è venuto a mancare: la grande artista ma anche la Leyla di tutti i giorni, con le Sue fragilità, i frequenti scatti d’ira, le incomprensioni ed i rari ma preziosi sorrisi.
Un limpido ricordo dei Suoi insegnamenti è legato ad una fredda e piovosa giornata invernale.
Io esausto accanto al pianoforte dopo aver trascorso l’intero pomeriggio su di un recitativo, Lei impassibile alla cattedra. Seguiva lo spartito con la Sua inseparabile lente d’ingrandimento sempre attentissima al testo, al fraseggio, alle inflessioni. Cesellava in me ogni parola e pretendeva a tutti i costi il giusto accento, che doveva venir dal cuore, su ogni singola sillaba.
La Sua intransigenza traspariva dalla carica e dalla fermezza con cui si arrabbiava nel trasmettermi le giuste intenzioni che sarebbero poi divenute parola, musica ed emozione per il pubblico.
Questo il Suo essere, il mio ricordo. “Leyla” sarebbe stato fuori luogo e troppo confidenziale in Accademia, quindi con tanta amarezza mi sento ancora una volta di salutarla così, come sempre ho fatto per tante lezioni:
Amelia Imbarrato